Dall’orchestra al Charango. Michel Besson suona Vivaldi. Artista di strada.

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Vivaldi sul
charango

One man band
minimale

Tratto da F. Berti
“Gli artisti di strada
non sono mendicanti”

(…) Questa disinvolta ‘provocazione’ in cui l’orchestra meccanica addirittura viene risolta in un solo strumento da viaggio per di più ‘minore’, non vuole certo sottovalutare l’importanza del grande macchinario o del movimento necessario a farlo suonare, è semmai funzionale a chi vuol trovare nella batteria portativa dignità squisitamente musicale, indipendente dalla sceneggiatura del concerto, dall’abito di scena o dalla mimica facciale, dal passo di danza; per conseguire questo risultato non sarà inutile ripetere lo stesso tipo di operazione fin qui descritta, applicandola alle voci della propria orchestra meccanica.

Una melodia portante, una linea di basso, una tessitura armonica e ritmica assolta ora dalla voce principale, ora dalla chitarra, un armonium a bocca, un pettine, una grancassa, un triangolo, un legnetto o qualsiasi altro strumento sia stato incorporato nell’organo. In buona sostanza l’orchestra è nella testa del suonatore prima che nell’equipaggiamento, è bene lasciare che in ogni brano emergano le parti assegnate a voci diverse da quelle per cui erano state scritte. Prima del virtuosismo, dell’evoluzione acrobatica, si deve ricercare una coerente combinazione dei suoni; molti artisti di strada ritengono che la conoscenza della teoria musicale non sia necessaria al loro mestiere, in realtà un buon orecchiante può farsi valere ma l’analisi e il solfeggio danno coerenza e spessore agli arrangiamenti, alle composizioni, ai concerti.

Un uomo orchestra è in primo luogo direttore dell’esecuzione. Pratica forse più comune al momento, trasporre sullo strumento canzoni della radio accennandole così come pubblicate dall’editore offre un riscontro immediato in risposta al brainwashing della radio e della televisione, la musica di sottofondo nei luoghi di ristorazione e nei centri commerciali, il passaparola nei social media rendono subito familiare quel suono all’orecchio del pubblico. E’ musica ‘popular’ o arte di regime? Ai posteri l’ardua sentenza.

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