Ritorno all’Utopia. Nuova epica italiana. Libro, Ebook.
L’isola ritrovata
Poemetto in terza rima
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Scritto e illustrato da Federico Berti
con 28 tavole a carboncino
C’era una volta un’isola fiorente
che si specchiava dentro una laguna
dal vento accarezzata dolcemente
regnava su di lei la dea Fortuna
che rese quella terra generosa
felice quanto mai non fu nessuna,
avvolta in una nebbia misteriosa
si nascondeva al cauto viaggiatore
feconda, prorompente, rigogliosa,
inutile cercare il suo bagliore
non era in chissà quale continente
ma nell’intimità del nostro cuore.
L’assalto non temeva: folle impresa
poiché deserti, boschi ed acquitrini
rendevano insidiosa la contesa.
Nel mare che bagnava i suoi confini,
nei corsi d’acqua sopra gli alti monti
non si vedevan torri né fortini,
nessuno presidiava quelle fonti
perché non c’era niente da rubare.
Non esistevan principi, né conti,
né corti, né cantine da vuotare
e questa legge a tutti era compresa:
un corpo ignudo non si può spogliare.
A volte, si arenava sulle sponde
qualche straniero nell’imbarcazione
portata là dall’impeto dell’onde.
Cercavano rifugio e protezione
famiglie bisognose, disperate,
che di sfamarsi avevano occasione.
In quelle terre tanto smisurate
non si chiedeva mai la provenienza
alle persone semplici, garbate:
è cosa ben gradita, l’esperienza
di chi trovò un riparo tra le fronde,
il forestiero è degno d’accoglienza.
Capanne circolari, frasche al tetto,
là dove pascolavano gli armenti
di foglie secche il rumoroso letto;
non v’erano palazzi o monumenti
nei boschi modellati con la scure
ma querce antiche e salici piangenti.
L’agricoltore in mezzo alle pianure,
il pescator col sole sulla fronte,
l’allevatore sulle ariose alture
a ripartir, le genti erano pronte
in cerca d’un rifugio più perfetto
ben oltre il limitar dell’orizzonte.
Di quelle terre tutti eran padroni,
ciascuno aveva un compito preciso
pensato sulle proprie inclinazioni,
regnava l’armonia del paradiso;
ognuno, con fatica, provvedeva,
al frutto del lavoro condiviso,
chi avesse dato quanto necessario,
il suo bisogno in cambio riceveva.
Poiché di cielo e terra è tributario
quel popolo, che in tali condizioni,
nobilita il suo vivere precario.