L’occupazione dell’ospedale
Federico Berti
L’occupazione
dell’ospedale
L’ospedale fantasma n.30
Romanzo di Federico Berti
FANTASCIENZA ITALIANA
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Un comitato cittadino occupa illegalmente l’ospedale Alderico Barbacani. La commissione interna provvede al reclutamento del personale, alla raccolta di fondi per macchinari, strumenti, ristrutturazioni d’urgenza. Il sindaco Valeriana Citronella piange commosso scuotendo la parrucca.
OSEI
L’africano è un gigante coi denti bianchi e l’abito distinto. Parla un italiano fluente, gli è rimasto un lievissimo accento francese ma la sintassi è perfetta. Ha una figlia che viene a lezione di disegno qui da noi in galera. Non appena inizia a parlare, nella sala conferenze scende un solenne silenzio. La stampa ascolta rapita, stretta nel centro della sala da una folla che trattiene quasi il respiro, mentre le mani spuntano come code prensili per sollevare il registratore al di sopra del tappeto di teste.
“Quando sono arrivato in Italia” dice, “Ho trascorso alcuni mesi in un posto come questo. Ero un medico, non un ladro. Ora ho un piccolo ambulatorio privato e seguo la vicenda tormentata dell’ospedale fin da quando hanno iniziato a ridurre i servizi, licenziando il personale e arruolando questi giocattoli senz’anima”. Dalla finestra s’infila prepotente l’ultimo raggio di sole prima del tramonto, va a infrangersi come un’onda luminosa contro lo scoglio possente di Osei. “I miei pazienti rimasti senza un presidio ospedaliero si son dovuti organizzare, prima han convinto qualche medico in pensione a prestare servizio volontario nel soccorso a domicilio, generosi donatori (sono anch’io tra quelli) hanno finanziato l’acquisto di ambulanze”.
UN COMITATO CITTADINO
“Ebbene signori miei, vi dirò come si sono svolti i fatti. Quel servizio che la Domoticart rifiutava di fornire pur avendo preso in appalto la gestione dell’ospedale, era stato interrotto privilegiando letti a lunga degenza, patologie terminali, accogliendo per lo più criminali, anziani e moribondi. Più volte abbiamo segnalato il disservizio, non ottenendo alcuna risposta: mancano le risorse dicevano, appaltare il servizio è stata l’unica soluzione possibile. Quante ispezioni abbiam sollecitato! La cooperativa Linguatorta sapeva confondere le acque, presentava il rendiconto occultando quei parametri che non rientravano nel limite imposto dalla legge”. L’uditorio inizia a dare segni di nervosismo, i rappresentanti delle istituzioni annuiscono con la testa senza distogliere lo sguardo nemmeno un secondo. Ha tutti i congiuntivi in ordine Osei, molto più di tanti italiani. “Quando poi quel pover’uomo dell’architetto venne assassinato in biblioteca al Monte dei Goti, molti di noi avevano intuito quanto stesse accadendo tra le mura dell’ospedale, ma nessuno poteva documentarlo e non si poté fare nulla di concreto per sciogliere il mistero”.
Sentendo il nome del povero Lucrezio, la stampa ha un sussulto: quell’omicidio brutale aveva riempito le prime pagine dei quotidiani qualche tempo prima, per loro è un privilegio trovarsi qui nel momento di riaprire l’armadio della vergogna. L’africano dopo una breve pausa riprende a parlare, alzando un poco il tono della voce. Il suo sguardo benevolo ricade sui tatuaggi di Gustavo seduto in sala, percorrendo uno dopo l’altro i volti di Manuel, Ecclesiarda, donna Flora e le altre anime purganti in custodia al Barbacani. “Da allora molto è cambiato” riprende, “Si sentono provenire suoni musicali dall’ospedale fantasma, aromi piacevoli di pietanze prelibate, le pareti si coprono di opere murarie, gruppi sempre più numerosi di ospiti si riuniscono ogni giorno in preghiera davanti all’edicola votiva”. Mentre afferma queste cose i presenti si guardano intorno ammirando i murales del falsario messicano sulle pareti della sala conferenze. “E’ tornata la speranza. La voglia di costruire, di rendersi utili, di tornare liberi”.
IL BRACCIO VIOLENTO DELLA TECNOLOGIA
“L’ospedale è dunque risorto. Ho acquistato io stesso una parte dei materiali per la ristrutturazione, legno, travi portanti, vetri, tegole, nuovi scaffali per la biblioteca. I detenuti si servono spesso del centro raccolta di fronte all’ingresso della struttura, dall’altro lato della strada, trovandovi materie prime utili alle loro attività creative; li vediamo spesso affacciarsi alle finestre per ascoltare le conversazioni dei vivi, ascoltando s’imparano tante cose. Abbiamo quindi potuto comunicare tra noi in modo informale, senza mettere in allarme il sistema di sorveglianza” incalza Osei, con tono più sostenuto. “Ma non basta. Per rimettere in piedi l’azienda ospedaliera servono adesso ben altre tecnologie, consulenti, specialisti, una riorganizzazione dei reparti, non possiamo far tutto da soli e soprattutto non possiamo lasciare il peso di tanta responsabilità sulle spalle dei soli ospiti. Dovremmo formare nuove commissioni reclutando giovani volontari, presidiare l’edificio per difenderlo dai criminali che l’hanno sfruttato fino ad ora”. Nel fare questo afferra un ampio lenzuolo bianco ripiegato sul tavolo della commissione, si fa aiutare da sua figlia Ashanti a svolgerlo e insieme lo mostrano disteso in tutta la sua ampiezza, tenendolo per le estremità da un capo all’altro della sala. E’ uno striscione da appendere fuori agli alberi per dichiarare l’autogestione e l’occupazione dell’ospedale, la politica dei compromessi è finita. Un violento scroscio d’applausi erompe come il temporale dopo una notte di lampi e tuoni senza pioggia. Valeriana Citronella piange commossa, scuotendo la parrucca.
Mi guardo intorno pensieroso. Il problema più urgente adesso è un altro, a mio parere: libellule al litio svolazzano indisturbate per la sala riprendendo con le loro telecamere in miniatura, basterebbero due o tre di quegli insetti velenosi a ucciderci tutti, se solo partisse l’ordine. L’ultima frontiera del robot badante è l’androide sentinella. Dovremmo pensare al modo per evacuare la montagna evitando una strage d’innocenti, ora che lo slavo se n’è andato non possiamo pensare d’infilarci nel pannello d’amministrazione; come prevedevo il ragionier Linguatorta e la sua rachitica amatrice sono scomparsi nel nulla, ma le armate di mercenari stan sempre qui in attesa di ordini. Scorgo in lontananza il profilo di Maria, l’angelo della robotica. Quella marionetta innocente che avevano progettato per strappare i biglietti nel cinema parrocchiale, poi riprogrammata per la sorveglianza ai detenuti. Non sta ferma un secondo, osserva la situazione da prospettive diverse come un generale scruta le schiere degli eserciti da sopra la collina. Un oscuro presagio mi percorre. (Continua)
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