Nei pressi dell’antica città di Sardis, re Mancorta cerca l’oro nel fiume Pattolo, immergendovi la pelle d’un caprone affinché le polveri dorate possano impigliarsi al pelo del mantello. Leggi l’episodio precedente.
VI. Nel fare queste considerazioni sbuffava come demone gradasso scrutando nelle quattro direzioni e vide un grosso ragno sopra a un sasso. “Schifosa bestia, quali le intenzioni con cui mi volgi quel sorriso grasso? Ora t’insegnerò che non è vano le insegne rispettare del sovrano!”.
VII. Così dicendo, prese nella mano l’erculea clava sollevando il braccio, e avrebbe fatto un gesto disumano schiacciando il corpo di quel poveraccio. Ma ecco sul più bello che il villano sentì una voce trarlo dall’impaccio: “Signore dal diadema risplendente vi supplico di essere clemente…”.
VIII. Una fanciulla a bagno nel torrente più bella di qualsiasi principessa guardando in basso gli parlò umilmente con voce assai garbata e sottomessa. “Nell’animale vive certamente l’anima di un’antica dottoressa esperta nel cucire e ricamare che Pallade nell’arte osò sfidare”.
IX. “La presunzione sua dové pagare: vinta la gara, venne tramutata in quest’insetto dedito a filare la tela in cui rimane imprigionata. La bestia che intendete giustiziare è ciò che resta d’una mia antenata, se la conserverete ancora in vita ne avrete ricompensa assai gradita”.
X. Mancorta a lei: “Conosco la partita per me gli Olimpi han già passato il segno, ne ho riportata più d’una ferita e prima o poi dovrà caderne il regno. Ma la richiesta vostra è molto ardita da valutarne specialmente il pegno: parlate chiaro, siate meno incerta e ditemi qual’è la vostra offerta”.
XI. Sulla montagna sterile e deserta quel profumato fiore di conchiglia la sua beltà mostrò tutta scoperta nel dondolare ignuda la caviglia. “Vi lascerò la porta sempre aperta per ogni desiderio che vi piglia da me potrete aver, non dubitate qualsiasi cosa voi mi domandiate.