La miglior pubblicità è quella che non fai
La miglior pubblicità
è quella che non fai
Tratto da F. Berti
Gli artisti di strada non sono mendicanti
“l miglior utente per un artista di strada non è mai quello che riceve un suo depliant, ma quello che ha imparato a conoscerlo e lo aspetta nel suo quartiere, si ferma ogni volta offrendo nuovi stimoli per la ricerca nel repertorio, quello che si ritrova ad essere già parte del suo network nel momento in cui va a cercare un intrattenitore per il suo evento; la miglior promozione è insomma quella che si fa direttamente sulla strada, mostrando quello che si è, preparazione, formazione, competenze. Per arrivare a questo il lavoro non può finire sulla strada, semmai è vero il contrario: tutto inizia da lì, per entrare poi nel privato sul territorio nel quale si è scelto di costruire una rete di relazioni profonde, sincere. In questa sede vorrei affrontare la parte relativa alla promozione sul Web, in merito alla quale molto spesso parliamo senza averne una vera conoscenza. Probabilmente buona parte di quello che sai dei motori di ricerca è falso, per il semplice motivo che l’algoritmo cambia continuamente e le società che li amministrano hanno interesse a mantenere la massima discrezione sul loro funzionamento. Il concetto stesso di scalata al Serp è un mito al quale in molti iniziano a non credere più, questo vale anche per gli artisti di strada ovviamente, sia quando lavorano a cappello, sia a contratto…
Trent’anni fa, quando Internet iniziò a prendere piede e alcuni di noi cominciarono a farne un uso consapevole, la rete era vista per lo più come un modo per mantenere i contatti fra ‘cani sciolti’ che avevano fatto scelte di vita difficili ma vivendo lontani gli uni dagli altri faticavano a trovarsi, allora non eravamo in molti e ci s’incontrava nei luoghi più impensati, un po’ per caso, un po’ per probabilità, qualche volta per spiacevole imprevisto. Potevi scriverti lunghe lettere, mandare in giro il pieghevole dell’ultimo spettacolo senza spendere una fortuna in stampa e posta ordinaria, il telefono costava un sacco di soldi allora, non essendovi tariffe in flat si pagavano gli scatti ed eran tutte interurbane. Per questo la rete venne percepita come un’innovazione positiva, tenendo presente però che non era in grado di sostituire il contatto fisico, diretto, personale con quelli che erano i nostri compagni di ventura. Nel tempo sono cambiate molte cose, le mailing lists e i gruppi di discussione son diventati veicolo di spam e pubblicità indesiderata, o più spesso fonte d’ispirazione ‘predona’ per chi non aveva idee. Negli ultimi anni poi, con la crescita esponenziale degli operatori, il crollo della reciprocità che un tempo rendeva gli artisti di strada figli della stessa scelta di marginalità e dunque in un senso ideale quasi fratelli e sorelle, siamo approdati alla condizione opposta: con le nuove piattaforme la realtà virtuale si sostituisce al libero negoziato dell’artista col pubblico e con la cittadinanza, con risultati non sempre condivisi da tutti.
Federico Berti, Gli artisti di strada non sono mendicanti
Con l’estensione delle nuove tecnologie alle grandi masse l’essere in rete non è più solo una scelta, ormai si può dire a ragion veduta che se non hai spazio là dentro, non esisti più nemmeno fuori: gli impresari più intelligenti sanno bene che la qualità bisogna vederla con i propri occhi viaggiando, conoscendo gli artisti di strada personalmente e non limitandosi alla video promozione o alla realtà falsata del virtuale; non tutti però hanno la capacità o la possibilità d’investire tempo e denaro in spostamenti, così gran parte del lavoro a contratto passa dal Web e con quello anche i contatti professionali, la conoscenza dei regolamenti, la prenotazione degli spazi e così via. Internet ormai lo si dà per scontato, pur essendo in teoria all’opposto di quel che rappresenta la nostra scelta di abbattere la quarta parete del teatro. Al posto di quella ora abbiamo i sette muri dell’incomprensione telematica, le feroci dispute nei social networks, la reciproca diffamazione e tutto il resto; conosciamo la dinamica, l’abbiamo sotto gli occhi ogni giorno. Partendo insomma dal presupposto che non ci troviamo più qui dentro per scelta e non rappresentiamo più un’elite o avanguardia intellettuale come forse lo siamo stati negli anni ’90, ma solo una nicchia del mercato che si è trasferito letteralmente nel non-luogo della realtà virtuale, è il momento di chiedersi cosa possiamo aspettarci da questa nuova condizione, nel bene e nel male. Quel che in breve un artista di strada può chiedere a Internet e da cosa invece stare in guardia.
In primo luogo vorrei sfatare un altro mito duro a morire, che la rete offra visibilità e sia uno strumento per farsi conoscere da molte persone, questo è vero solo in teoria e solo in parte, nella realtà le cose stanno assai diversamente: proprio avendo allargato così tanto il bacino di utenza, la promozione che possiamo sperare di ottenere attraverso Internet è inversamente proporzionale al numero di persone che si servono dello stesso mezzo per raggiungere lo stesso scopo, in altre parole più persone usano il Web per farsi pubblicità, minori saranno i risultati delle nostre campagne. Promuovere un’attività solo attraverso la trappola telematica non è diverso dal riempire di manifesti la tangenziale della nostra città, bisogna pagare i motori di ricerca affinché si prendano cura del prodotto che offriamo o le speranze della cosiddetta ‘viralità’ (termine se vogliamo inquietante, per quel che significa in senso letterale) sono assai scarse. In sintesi, quando tutti si affannano a pubblicizzare sé stessi va a finire che un artista di strada trova soprattutto le offerte di lavoro ‘a cappello’, perché da lavorare gratis ce n’è per tutti quando l’offerta supera la domanda. In base a queste considerazioni diremo che non è la visibilità in sé quel che possiamo aspettarci dalla rete, quanto mai congestionata da un numero sempre più alto di persone che cercano di vendere tutte lo stesso prodotto al peggior offerente.
Il vero potenziale di Internet va ricercato nell’incredibile opportunità di approfondire la conoscenza del nostro lavoro per tutti quelli che dopo averci incontrati sulla strada non sanno dove andremo domani,non possono seguire fisicamente le nostre attività e non essendo noi medesimi presenti nei canali più popolari della televisione o della radio, se loro vogliono ascoltare la nostra musica, assistere ai nostri spettacoli, leggere i nostri libri, dovrebbero altrimenti aspettare il prossimo fortuito incontro. La rete per la prima volta mette ogni artista di strada nella condizione di poter costruire la propria ‘tela’, termine che prendo in prestito dall’utopia telematica di Hachim Bay e delle sue Zone Temporaneamente Autonome, dando la possibilità a chi ci incontra nella piazza di andare oltre allo sguardo superficiale della breve performance, penetrando molto più in profondità nel nostro pensiero. In altre parole, dopo aver ascoltato due o tre canzoni l’interlocutore della strada viene a conoscerci meglio nel Web e scopre i nostri libri, i nostri dischi, i nostri video, tutto quel che non possiamo mostrare in 20 minuti di performance dal vivo. Questa la vera novità della rete, fino agli anni ’80 per farlo avevi comunque bisogno di una tipografia, strumenti tecnologici avanzati, ora tutto ciò è realmente alla portata di chiunque. Ma come vedremo, proprio il suo punto di forza può diventare anche la principale fonte di precarietà. Ormai infatti un sito Internet non si nega più a nessuno, anzi basta poco a trasformare le riprese del cellulare con un po’ di montaggio video, titoli accattivanti ed ecco le tre palline del giovane entusiasta (ma sostanzialmente alle prime armi) diventare un prodotto quasi accattivante.
Per qualche tempo si è abusato di queste nuove opportunità e si sono moltiplicate le offerte di intrattenimento-spazzatura, ma ora che la saturazione sta portando questo meccanismo al collasso avverrà quel che è inevitabile: l’impresariato andrà sempre più alla ricerca di chi è capace di differenziarsi dalla massa, non il tecnicismo del giovane apprendista da scuola del circo ma la ‘scintilla’ che fa di lui (o di lei) un artista veramente completo e la rete in questo è lo strumento più favoloso che si potesse elaborare. Va usata per produrre contenuti di qualità, non serve a nulla posizionarsi nei motori di ricerca sulle parole chiave del servizio che offriamo se poi non abbiamo niente da dire, tutto sta alla nostra capacità di ragionare, di essere presenti, costanti, capaci di perseguire il rinnovamento, veloci a elaborare le novità, profondi nell’analisi e pronti nel perfezionare le domande: attraverso la rete non si può mentire a lungo, dopo il terzo video in cui ripetiamo sempre la stessa cosa nello stesso modo chi ci segue si stanca, va a cercarsi qualcuno che abbia veramente qualcosa da dire; se vogliamo ottenere questo tipo di risultato bisogna che il rapporto non rimanga soltanto ‘virtuale’, tutto deve partire sempre dalla strada ovvero dal mondo, altrimenti la nostra attività finisce col risolvere nel solito circo senza tendone, passando in secondo piano rispetto a chi può contare su strumenti più avanzati dei nostri, su investimenti in promozione per raggiungere ben altri risultati: non dobbiamo quindi commettere l’errore di trascurare il nostro vero punto di forza, la nostra presenza fisica e l’ostinato esercizio del cappello, valore fondante per ogni artista di strada. In questo senso, l’abbinamento della rete alla piazza rappresenta uno strumento molto potente.