Street Art, murales al bivio. Diego Rivera, Blu e l’XM24.

Diego Rivera e la rinascita messicana. Nella tradizione socialista la progettazione e la realizzazione dei murales era collettiva, coinvolgeva gli artisti, il popolo e le stesse istituzioni. L’individualismo è reazionario.

Street Art
al bivio

Diego Rivera,
Blu e l’XM24

STREET ART TUTORIAL
Articolo di Federico Berti

IL VOLTO DI LENIN

L’artista murale Diego Rivera, espulso nel 1929 dal partito comunista messicano per la sua disponibilità ad accettare commissioni professionali da parte di governi reazionari e istituzioni borghesi, quattro anni dopo si ritrova negli Stati Uniti a lavorare s’una parete del Rockfeller Center, il caso divide l’America scatenando una bufera mediatica senza precedenti perché nella sua opera compare il volto di Lenin, il padrone del muro lo trova intollerabile. Trattativa (poco serena), licenziamento; sulle prime viene coperto il murale con un telo, gli esperti provano a studiare un sistema per staccarlo dal muro e trasferirlo in un museo ma non riescono, così la decisione finale di abbatterlo. L’uomo più potente del mondo, messo in scacco da un artista di strada.

Lo street artist Blu cancella per protesta
le sue opere dai muri di Bologna per protesta

Questo articolo prende spunto dalla recente polemica tra lo street artist Blu e il venerabile Roversi Monaco, in seguito alla quale l’artista ha cancellato alcune delle sue opere più conosciute. I giornali hanno sviato l’attenzione sulla questione del rapporto fra murales e diritto d’autore.

ARLECCHINO E I DUE PADRONI

L’aneddoto è quanto mai attuale, da qualche anno la Street Art è divisa tra quelli che vanno cercando un riconoscimento istituzionale e quelli che lo respingono pure quando gli viene offerto. Un’assemblea di suonatori a Bologna lotta per la concessione di ‘zone’ all’interno delle quali raccogliere le noccioline dei passanti come scimmie al giardino zoologico, rinunciando alla libertà di scegliersi da soli il marciapiede o le relazioni da intrattenere; in modo simile non mancano pittori disposti a concordare l’assegnazione di spazi con l’autorità municipale, né quelli che per tutta risposta vanno a cancellare vent’anni di opere abusive sui muri dei luoghi occupati. Le due tendenze convivono spesso nella stessa persona, Arlecchino servo di due padroni.

La storia sipete sempre due volte, la prima come tragedia, la seconda come farsa. Visto il successo dell’arte murale nella propaganda comunista messicana, il governo americano degli anni ’30 aveva iniziato a pagare profumatamente gli artisti di strada per realizzare grandi opere che propagandassero il sogno del modernismo liberista, autori come Picasso e Matisse rifiutarono, Diego Rivera dipinse Lenin sul palazzo di Rockfeller col risultato che sappiamo; la scelta di Rivera, con tutte le contraddizioni del personaggio, ha ottenuto molto più del silenzio di Picasso e Matisse nel sollevare la pubblica indignazione. Questo non lo riabilita agli occhi del popolo, ma costituisce un precedente nella storia delle comunicazioni di massa.

IL VENERABILE MONACO

Cent’anni più tardi accadrà l’inverso a Bologna, prima l’indifferenza riservata alle proposte di Fabio Roversi Monaco, poi la distruzione dei murales realizzati sul territorio nell’arco d’un ventennio, Grigiolandia ovvero quella parte della Street Art che non si considera ‘a disposizione’: scelta forse in parte condivisibile, per quanto politicamente inefficace. La rivolta dell’artista contro la propria stessa creazione rischia di ottenere il risultato opposto, squalificando lui e il movimento che lo sostiene: l’atto di cancellare le opere potrebbe cadere infatti nel vuoto se non seguito dalla costruzione di un’alternativa. Quel muro non può rimanere muto. Occorre dargli un contenuto non manipolabile, una satira autentica in cui si riconoscano i volti dei protagonisti; la responsabilità di abbatterlo spetta a Rockfeller, non all’artista.

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