“Smoke gets in your eyes” di Jerome Kern e Otto Harbach, 1933. Italian version
Kern-Harbach
Smoke gets in your eyes
Canta Meme Bianchi
“The Italian Song: Lo Swing
(1939 – 1943) UMPG Publishing.
Spartito musicale
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Trascrizione per pianoforte
a cura di Gregory Stone
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Questa meravigliosa interpretazione del classico standard jazz di Kern-Harbach, Smoke gets in your eyes, che personalmente ascoltai la prima volta dall’esausta tromba di un fattissimo Chet Baker non meno di trent’anni fa, è contenuta in un disco che risale al periodo della guerra. Un disco americano sulla canzone italiana del 39-43 pubblicato da UMPG. Ascoltandola ora non si direbbe, ma questa canzone, così arrangiata ed eseguita, era molto più di un semplice intrattenimento, era al contrario una vera provocazione. Con lo sbarco dell’esercito ‘alleato’ in Sicilia e l’avanzare attraverso Napoli, Roma, la rotta di Cassino, il lungo inverno sulla Linea Gotica, erano arrivate qui in Italia anche le canzoni delle radio americane, che trasmettevano allora i grandi successi degli anni ’30 e le ultime produzioni. Nelle regioni liberate queste si potevano ascoltare liberamente, in quelle ancora sotto il controllo del governo di Salò non si potevano ascoltare le radio straniere, si rischiava la fucilazione. Tanto meno il jazz, musica bandita dai fascisti e dai nazisti perché ‘degenerata’ filiazione della cultura musicale afro-americana ovvero i cugini lontani del perfido Albione, e quei ‘selvaggi’ dei negri nati per essere schiavi della pura lana vergine, pardon la razza ariana. Il jazz era stato bandito dalle radio, dai teatri, dalla discografia, ma tutti le grandi orchestre conoscevano molto bene quella musica e la richiamavano ovunque negli arrangiamenti. Col passaggio del fronte arriva di tutto e questa giovane cantante, bellissima, preparata, si presenta con un’incisione che oltre a tradurre in italiano l’originale di Hornback, interrompe bruscamente il mood dello slow al pianoforte solo, con un giro strumentale di ragtime vivace, che sembra tratto da un disco di Scott Joplin registrato nei bordelli del Mississipi, per poi riprendere col ‘fumo negli occhi’, metafora dello stesso regime di Mussolini agli occhi dell’America di allora. Praticamente uno sberleffo. In più ascoltare questa canzone dalla voce di Meme Bianchi, che da Varese ad Atene cantava nel varietà fascista e incideva dischi per le radio di regime, per passare poi all’intrattenimento dei soldati venuti dall’altra parte del mondo, era un segnale ancor più forte. Una provocazione, per l’appunto. E su questa splendida interpretazione auguro a tutti una felice notte.