Er Muro che parla. Ispirata a un fatto vero.
Er muro che parla
Satira, Poesia
di Federico Berti
Senti che fa ‘sto vecchio micragnoso
Secco quanto’no zeppo de presciutto
Pe’ nun caca’ nun magna, che stà brutto
A dissipa’ sto frutto profumoso
Stà ‘n quattro metri scàrzi de quartiere
Coi foratini a’r posto de’r cemento
Che butta spifferi, ce piove drento
Su’r tetto c’ha du’ pezzi de lamiere.
Pe’ fasse rifa’ nòva ‘aa facciata
Ce scrive su: “Er questore è’n gran finocchio!”
Manco mezz’ora e part ‘aa retata
Je vann’ a ricropi’ o scarabbòcchio
Co’ na parete a nòvo ‘ntonnacata,
Come s’è scompisciato que’r pidocchio!
Glossario
romanesco:
Micragnoso: avaro
Zeppo: osso
Caca’: defecare
Dissipa’: dissipare
Scàrzi: scarsi
Quartiere: appartamento
Foratini: mattoni
Butta: manda
Drento: dentro
Fasse: farsi
Nòva: nuova
‘Aa: la
Ricropi’: ricoprire
‘Ntonnacata: intonacata
Scompisciato: Riso
Questa poesia è una satira sulla notizia degli striscioni fatti togliere dal ministro dell’interno in occasione dei propri stessi comizi nelle città dove in questi giorni sta incontrando forte diffidenza nei cittadini. In particolar modo il riferimento è alla storia di quell’uomo di mezza età che a Reggio Calabria vive in una casa mai finita di costruire, coi foratini a vista, che avrebbe dovuto spendere 8000 per l’intonaco della facciata ma avendo letto le notizie sui giornali ha pensato bene di scrivere su quel muro “Salvini Vattene” prima del suo arrivo in città, sperando che venissero i pompieri a cancellare la scritta intonacandogli il muro gratuitamente.
Storie di questi tempi, il ministro dell’interno fa togliere lo striscione dal balcone di chi lo contesta, ma poi lascia che una casa editrice fondata e gestita da criminali violenti, pericolosi, indagati per omicidio e violenze, oltre che per apologia di fascismo, prenda parte al salone del libro di Torino; stacca la luce a una casa occupata da migranti, ma non chiede gli arretrati a Casa Pound che non ha mai pagato una bolletta.