“L’Orazzione de la Bèstia”. Elzeviro del Cantastorie n.7. Satira, poesia.
Pe’
fratte se n’annava cor fucile
Un bracconiere frettoloso e
tetro
Un orzo bruno je teneva dietro
Co’na filàta vagamente
ostile
Ar cielo se rivòrta er cacciatore:
“Si nun me
voi portà l’assoluzzione
Volessi battezza ‘sto gran
bestione
Prima che me se viene a magna’ er core”
S’apre
‘na luce ‘n mezz’ar firmamento
La berva ‘nginocchiata in der
boschetto
de’ santi prega tutt’ e’ reggimento:
“Io
t’addimanno Padre Benedetto
Da conzagrà ‘sto santo
nudrimento”.
Co’ du’ manate j’ha squartato er petto.
Glossario
Fratte: macchia
Orzo: orso
Filàta: sguardo
Addimanno: domando
Conzagrà: consacrare
Nudrimento: cibo
Altre poesie
in romanesco:
L’Orso e il
Bracconiere
Un orso bruno insegue un bracconiere, lo raggiunge e sta per aggredirlo quando il poveretto si affida alla provvidenza: “Se non vuoi perdonare i miei peccati” dice, rivolgendosi al cielo, “Almeno prova a convertire l’orso. Fallo diventare un buon cristiano”. Come dire insegna alla belva la misericordia, in modo che porga l’altra guancia al cacciatore di frodo. La storia prende una piega surreale e grottesca: una gran luce nel cielo, l’animale s’inginocchia, unisce le zampe in petto e prega con passione: “Signore, benedici questo cibo che stiamo per prendere”. Naturalmente, il finale è prevedibile. Squarta in petto il cacciatore e se lo divora. Questa barzelletta mi ha colpito non solo per l’arguzia, ma anche per il contenuto ‘satirico’, si prende gioco dell’ipocrisia di una società a cui basta mettersi a posto la coscienza. Un mondo in cui l’apparenza conta molto più della sostanza.