Ogni alluvione lascia un segno sul territorio, non soltanto per il danno materiale che procura ma anche per il dramma umano che l’accompagna. Non è facile dunque esprimere un giudizio e sarebbe fin troppo facile criticare l’operato di questa o quella istituzione, o cercare un colpevole per ogni cosa. Siamo esseri umani. Questa satira è dedicata a un caso limite che si è verificato nel modenese quattro anni fa, quando l’alluvione del Secchia venne inizialmente spiegata dall’Aipo, l’azienda addetta alla manutenzione dell’alveo fluviale, attribuendone responsabilità alle tane delle nutrie che avevano eroso gli argini, causandone il cedimento. Una giustificazione che suscitò vasta eco di risposte sia al livello della cittadinanza attiva, sia tra gli esperti di settore, inducendo pochi giorni più tardi la stessa Aipo a ritrattare la tesi, lamentando piuttosto la mancanza dei fondi necessari a realizzare le opere per l’imbrigliamento. In fondo a questo articolo, un po’ di rassegna stampa sui fatti di Modena.

Da allora di alluvioni purtroppo ne abbiamo vissute altre e di non minore entità. Per un’informazione il più possibile completa ho ascoltato diversi punti di vista, soffermandomi in particolar modo sull’opinione del movimento ambientalista: secondo un portavoce del Wwf, di cui riporto in bibliografia la fonte primaria, le opere d’imbrigliamento, gli argini e le canalizzazioni, non bastano a prevenire il rischio di alluvioni ma anzi talvolta, possono aggravare situazioni preesistenti, dar luogo a nuovi problemi o più semplicemente, limitarsi a spostare l’area di criticità. Le alluvioni infatti sono provocate da molti fattori che non si possono mai ridurre a un solo elemento: in primo luogo il cosiddetto ‘consumo di suolo’ ovvero il prelievo irriguo delle acque, la cementificazione e il disboscamento selvaggio, il cambiamento climatico e altre concause, tra cui certamente va tenuto presente anche l’equilibro dell’ecosistema inteso come flora, fauna e presenza umana. Quindi si, anche le tane degli animali, ma inquadrate in una prospettiva complessa che coinvolge tanti settori diversi, non solo quello idrogeologico.

Se volessimo tradurre tutto questo nel linguaggio delle favole affinché sia comprensibile anche a un bambino, possiamo immaginare la corte dei castori, abili costruttori, che tengono a processo una comunità di tassi per via dei danni causati agli argini del fiume. Dal banco degli imputati, è proprio il tasso a rispondere che non piove mai con un vento solo, ma le cause di queste tragedie vanno ricercate in un insieme di fattori che per quanto imprevedibili nel dettaglio, si devono prevenire cambiando il nostro comportamento, lo stile di vita, riducendo in primo luogo il fabbisogno di risorse. Se dunque la bonifica del territorio può essere talvolta necessaria per problemi urgenti di sicurezza, drammi come quelli vissuti a Modena e in queste ultime settimane anche a Budrio, vengono a ricordarci che pur nella responsabilità dell’intervento immediato abbiamo un problema assai più grande e più importante da risolvere a monte, che è quello del nostro rapporto con la natura e con l’ambiente.