Il fachiro che puzza di rhum. Memorie d’unsaltimbanco. Artisti di strada Ep.8
Il fachiro che
puzza di rhum
Frammento VIII
Commento musicale:
Beatles, “Within you without you”
FAI PARTIRE LA MUSICA
LA VERITA’
VUOL VESTITA
Non tutto si può dire. Mettiamola così, ho comprato un topolino. O meglio due, un maschio e una femmina. Passa quel tipo strano sulla spiaggia è un fachiro dice quelle bestioline le ammaestra pure un bambino. Piccini col pelo bianco, fan tenerezza; in pochi giorni gl’insegno a camminare sul filo girare la ruota scappare da un barattolo chiuso. Veri artisti. Poi la natura fa il suo corso, i due topini figliano. La prima generazione inizia a rifiutarmi carne di maiale e di cavallo, poi finisce che mangiano soltanto soia scondita, yogurt, formaggio greco e olive baresane. I piccoli sembrano posseduti, corrono su e giù per la gabbia divincolandosi come ossessi, si calmano solo ascoltando canti mongoli, arpe giapponesi, tablas indiane, tutta roba di là dal Bosforo. Si stordiscono girando su sé stessi come dervisci, fan quasi paura. Non tutto si può dire, allora una volta s’avvicina alla gabbia una biscia adulta lunga più d’un metro, quelli non si spaventano mica: la fissano tutti insieme immobili, uno prende a squittire in una strana lingua… Il rettile esce di senno, dimena il ventre come un’odalisca e scompare in un fosso. Una mattina m’alzo presto, che ti vedo? S’erano messi in cerchio, recitavano il sutra del loto. Inquietante! Uno di loro dimagrisce a vista d’occhio per via dei digiuni, mortifica il corpo sui cocci di vetro, rotolandosi nei chiodi, ballando le antiche danze khazare sulle braci ardenti e divorandosi il deretano nella posizione del ragno. Alla seconda cucciolata la compagnia cresce in modo spaventoso, anche perché fan poca differenza tra figli e madri. Gli altri, tutti vegani.
TOPOLINI COL
TURBANTE
Una di loro predice il futuro col turbante in testa a tutti quelli che mi parcheggiano accanto, il povero Caronte diviene meta di pellegrinaggi sospetti. Ricevo persino visita da una congregazione di frati esorcisti, che esprimono qualche disappunto per il cavallo alato appeso allo specchietto retrovisore. Mi benedicono il mezzo, che infatti si sfracella contro un camion qualche mese più tardi, ma di questo non voglio parlare adesso. La verità vuol vestita, allora inizio a recitare il santissimo rosario accanto alla gabbia, li intrattengo con letture edificanti: qualche topolino si suicida imparando che il fachirismo non è nato dai mussulmani, gli altri si convertono in massa al cristianesimo, passa il tormentone dei mantra in cinese, comincia quello delle preghiere in greco e latino. Per il resto nulla cambia, a parte la carne di maiale che finalmente riprendono a mangiare senza troppe storie tranne al venerdì. In preda alla disperazione, trovo il mercante di topi un pomeriggio che sonnecchia all’ombra dei pini, mezzo nudo e col fiato che puzza di ruhm. Capito, l’asceta! In silenzio perché non si svegli, lascio le dodici gabbie con l’allevamento al completo lì davanti a lui. Prima che possa rendersi conto del fatto, sono già al volante. Pronto a ripartire. Non tutto si può dire, allora tempo dopo ho notizie degli esorcisti: folgorati sulla via di Damasco si sono spogliati d’ogni cosa, qualcuno l’ha visti vagare senza meta per il mondo recitando strane litanie in aramaico antico. Non giurerei che ci sia una morale in tutta questa vicenda ma una cosa è evidente, i topi sono degli ottimi predicatori: mai due nella stessa gabbia.