L’uomo senza nome. Romanzo noir italiano. Download Ebook
L’uomo
senza nome
Il Boia dell’Alpe n.15
Thriller italiano
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Meglio fartelo amico il vecchio Olindo, non ti lascia vivere se gli vai di traverso è capace di tutto, lui non è come quelli che ti bucano le gomme, lui te le sgonfia rientrando in casa a tarda notte quando il vicinato dorme, ma poco alla volta, ogni giorno; vuole esasperarti. A un poveretto che l’aveva colto sul fatto in certe losche faccende aprì la cantina di nascosto senza rubare nulla, tanto per farlo sentire a disagio. Però se lo sai prendere non è cattivo, sa cavarsela in tutto: muratore, idraulico, elettricista, giardiniere, è una persona affidabile perché arriva sempre dove vuole, non rinuncia mai. Un farabutto d’altri tempi, delle sue imprese non voglio sapere ma con me va d’accordo e tanto basta. Olindo si guarda intorno circospetto, dal bagagliaio della sua macchina prende una maglia, un berretto di lana. Lo vedo comparire sulla porta di casa Tortello col quel sorriso da serpe, come l’abbia aperta non è un mistero, le chiavi stavano infilate nella serratura dall’esterno. Rapido, preciso, pulito: non fa domande è un uomo d’azione lui, ha sempre con sé un paio di pantaloni macchiati di vernice, se con quei panni da cantiere cammino a testa bassa dice, tenendomi curva in avanti col busto e oscillando un poco le spalle come fanno i suoi amici, posso trarre in inganno eventuali sguardi indiscreti per raggiungere insieme il fuoristrada senza dar nell’occhio; mi vesto in fretta, con cautela scendiamo le scale esterne coperte da una neve compatta e scivolosa, attraversiamo la piazza. Intorno a noi le case incombono come spettri pettegoli, a ogni passo il respiro si fa più affannoso.
“Muraglie di neve dura come il marmo
proteggono ai fianchi la strada, lui guida
a una velocità inconsulta sul fondo gelato,
afferrandomi alla maniglia slaccio la cintura
di sicurezza, voglio sentirmi libera
nel movimento
“Mantenete la calma” mormora senza quasi muovere le labbra, continuando a guardare in avanti con indifferenza. Sorride sempre il ladro, penso che se dovesse uccidere qualcuno, continuerebbe a sorridere anche girandogli il coltello nelle viscere. Sento le donne cantar messa. Fra pochi minuti si riverseranno sulla piazza piene di buone intenzioni, dobbiamo allontanarci in fretta; passiamo davanti alle solite bambine in girotondo, ne riconosco le voci senza bisogno di guardarle, c’erano anche loro l’altra notte al cimitero, son sicura. Non badano a noi. Un vento polare m’investe appena voltiamo l’angolo, stretta nel bavero mi calo il berretto sulla fronte, intorno alle orecchie. La macchina è parcheggiata davanti a una trattoria, l’oste nel cortile saluta posando in terra la pala sporca di neve ingiallita; Olindo è svelto a distrarlo intanto che m’infilo nel veicolo, tirandomi dietro lo sportello; un’automobile disordinata, piena di fogli, documenti, bollette, monete spicciole. Muraglie di neve dura come il marmo proteggono ai fianchi la strada, lui guida a una velocità inconsulta sul fondo gelato, afferrandomi alla maniglia slaccio la cintura di sicurezza, voglio sentirmi libera nel movimento. “Le curve in salita devi prenderle in corsa, vedi? L’importante è non toccare il freno”. Spavaldo, il ladro. Me l’immagino inseguito a sirene spiegate come nei film americani, sembra quasi di vederlo ammaccare le auto in sosta e frantumare le vetrine dei negozi, dev’essere un esperto in questo genere di cose.
Chi ruba ha mani ferme e buone gambe. Una volta l’han raccolto in un fosso pieno di spiccioli da cinquanta, cento e duecento lire: avevano scassinato i bussolotti delle offerte in tutte le chiese del circondario, poi s’erano andati a ubriacare in uno di quei locali dove fan lo spogliarello. Olindo non apre bocca fino al bivio della nazionale, poi fermo all’incrocio col motore acceso voltandosi mi guarda, “Allora, dov’è che volete andare?”. Via da questi monti dico, il più lontano possibile. Ripete le mie parole sotto voce, sillabandole quasi per assicurarsi di aver capito bene. “Via da questi monti”. Inarcando il sopracciglio e ritraendo il volto all’indietro, spiega che non è possibile: il collasso della rete elettrica ha bloccato le pompe e chi tiene il carburante in riserva non lo sciupa. Sarebbe anche attiva una linea telefonica d’emergenza ma scarica la batteria del telefono dunque non ho scelta, spiego a sommi capi la situazione in cui mi trovo pregandolo d’aiutarmi a venirne fuori; quando accenno al cadavere di Anacleto descrivendo il suo volto sfigurato a morsi, lui mi scruta dalla testa ai piedi come se dubitasse delle mie parole. Olindo teme d’infilarsi in cose più grandi di lui, per questo non chiede altro, forse è meglio così. “Sacco vuoto non sta in piedi. Con quel che m’è rimasto nel serbatoio, al massimo arriviamo in fondovalle”. Riflette. “Ho un amico da quelle parti, vi porterò da lui”. Ingrana la marcia, sa il fatto suo. Mentre guida si volta ogni tanto a guardarmi e sorride ancora, “Certo che quell’avvinazzato d’un boscaiolo ne ha combinati di guai”. Dice, svoltando per il mulino.
Nota dell’editore. La pagina è strappata in corrispondenza di questa riga. Nelle note successive mancano riferimenti concreti ai luoghi, Erminia è condotta da una persona di cui non vuole rendere pubblica l’identità, trovandosi inseguita da una banda di teppisti e ricercata dalla polizia, desidera non compromettere il suo benefattore. Continuo a non comprendere la logica delle parole sottolineate nel manoscritto. (Continua a leggere)
ROMANZO NOIR ITALIANO
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Laureato al Dams di Bologna con una tesi sulla narrazione, Federico Berti è cantantautore, polistrumentista, uomo orchestra, pubblica romanzi, poesie, canzoni. “Il Boia dell’Alpe” è ambientato nel paese di Monghidoro sull’Appennino Bolognese, dove risiede stabilmente dal 2001.