Rassegna stampa. Furti di petrolio in Nigeria e lotta armata.

Nigeria, furti di petrolio
e lotta armata

Rassegna stampa
a cura di Federico Berti

 Reuben Abati, ‘The Cable’, 4 Gennaio 2022, Furti di petrolio in Nigeria
Traduzione a cura di Federico Berti

Ladri di petrolio in Nigeria. 193 barili di deficit di petrolio greggio spariti in 11 mesi, per un totale di 3,5 miliardi di dollari di mancato incasso per il furto del petrolio greggio nel 2021, il 10% delle riserve estere. Considerando che il paese dipende dai prodotti petroliferi per circa l’85% delle entrate derivanti dalle esportazioni e che aldilà degli idrocarburi non c’è stata una visione in prospettiva nella politica nazionale, questi furti rappresentano una vera e propria calamità nazionale. Questo fenomeno dei furti peggiora di anno in anno. Parliamo di 200.000 barili al giorno, un danno che incide anche sui posti di lavoro, sulle opportunità e possibilità, il fenomeno è sintomo in primo luogo di un sistema corrotto e di una filiera non trasparente. Shell, Exxon Mobil, Chevron e Total, sono uscite dal sistema petrolifero nigeriano proprio a causa di questi furti.

Nel settembre 2021, il governo federale ha deciso di istituire un comitato interministeriale per il recupero dell’olio greggio e i prodotti petroliferi raffinati nel delta del Niger, nel Dipartimento delle Risorse Petrolifere (DPR), la Nineria National Petroleum Corporation (NNPC), la National Oil Spill Detection and Response Agency, tutte sostenute dalle agenzie di sicurezza: l’esercito nigeriano, la marina, il corpo di sicurezza e protezione civile della Nigeria (NSCDC) e altri. Il mandato del comitato è tratto dalle disposizioni dei regolamenti di tracciabilità, recupero e gestione dei beni 2019. Eppure, alla fine dell’anno, erano scomparsi 193 milioni di barili di greggio e certamente, questa deve essere una sottovalutazione, una stima .

È risaputo che non esiste una documentazione esaustiva di quanto avviene in Nigeria. Non sappiamo nemmeno quanti siano realmente gli abitanti. La National Population Commission (NPC) non ha un registro aggiornato delle nascite e delle morti, non sorprende che non vi sia alcun modo per registrare esattamente i barili di petrolio prodotti ogni giorno. Tre anni fa, si è parlato di introdurre la tecnologia per monitorare la produzione e le attività lungo la rete di oleodotti della Nigeria per rilevare il sabotaggio, l’interferenza umana e proteggere le infrastrutture critiche. Il petrolio è stato scoperto in Nigeria, a Oloibiri, nello stato di Bayelsa, nel 1956. Nel 2022, la Nigeria parla ancora di come proteggere gli oleodotti attraverso l’adozione della tecnologia. Anche se la tecnologia viene implementata attraverso l’automazione, l’Internet delle cose, la tecnologia dei droni e il monitoraggio elettronico che alcuni commentatori raccomandano sarebbero comunque una scusa per aggiudicare contratti e fare più soldi. Qualunque cosa funzioni in altri paesi, la Nigeria prende le stesse idee e le capovolge

Le persone che dicono di voler fermare il furto di petrolio non sono davvero interessate a farlo, si direbbe piuttosto un crimine organizzato, con una rete di parti interessate che attraversa molti livelli di interesse, comprese le agenzie che avrebbero la responsabilità di fermarlo. Stoccaggio illegale, prelievo a caldo o a freddo, contrabbando e diversione di prodotti petroliferi è un’impresa costosa che richiede la collusione dei funzionari statali e dei loro agenti. Il petrolio greggio nel mercato internazionale ha in teoria un’impronta distintiva che indica la fonte, ma quello rubato dalla Nigeria scompare semplicemente senza lasciare traccia. Ci sono anche raffinerie illegali nel Delta del Niger. Ogni ministro delle miniere e dello sviluppo dell’acciaio sviluppa un piano per affrontare la minaccia delle raffinerie illegali, ma non viene mai fatto nulla. Anche i governatori si lamentano.

Nyesom Wike, governatore dello stato di Rivers, nel suo discorso di Capodanno, ha dedicato alcuni paragrafi alla sfida dell’ambiente nello stato. Ha condannato l’inquinamento dell’ambiente dovuto al funzionamento di raffinerie illegali. Sostiene di conoscere persino la loro posizione: “siti illegali di raffinazione del petrolio greggio lungo Creek Road e aree adiacenti della città” e vuole che vengano chiusi con effetto immediato. Ha aggiunto che tutti i presidenti del governo locale dovrebbero lavorare con “i leader della comunità per individuare e identificare coloro che stanno dietro i siti illegali di stoccaggio e raffinazione del petrolio greggio nelle loro località e riferire al mio ufficio per ulteriori azioni”. I grandi depositi petroliferi sono importanti nelle comunità e finanziano gli stessi processi politici!

Il furto di petrolio è ulteriormente legato alla politica della Nigeria e alla proprietà delle risorse minerarie. L’articolo 44, paragrafo 3, della costituzione del 1999, articolo 39, elenco II dell’elenco legislativo esclusivo e la sezione 1 della legge sul petrolio del 1969, attribuiscono al governo federale la proprietà e il controllo delle risorse naturali in qualsiasi parte della Nigeria a beneficio del popolo (vedi anche procuratore generale della federazione vs AG stato Abia). Per decenni, la gente del delta del Niger e altri hanno sostenuto che questa è una deviazione dal principio federale che la Nigeria afferma di abbracciare e che, per quanto operativa, la proprietà delle risorse minerarie attribuita dal governo federale equivale a una grave ingiustizia, tanto più che il delta del Niger che produce il pilastro dell’economia rimane espropriato, emarginato e sottosviluppato rispetto ad altre parti del paese che contribuiscono meno, e tuttavia cercano di controllare ciò che non gli appartiene.

La battaglia sul cosiddetto “controllo delle risorse” ha assunto molte dimensioni nel corso degli anni, comprese le agitazioni che portarono all’inchiesta della commissione Willinks sui diritti delle minoranze del 1957/58, l’eroismo di Isaac Adaka Boro (1966), la lotta del popolo Ogoni per sopravvivenza, la dichiarazione di Kaiama, la politica di agitazione per il controllo delle risorse, la militanza del Delta del Niger e gli appelli per una completa ristrutturazione della Nigeria. Nel 2004, i rappresentanti del Delta del Niger hanno abbandonato la conferenza nazionale di riforma politica quando non è stato possibile raggiungere un consenso sul tema del controllo e della derivazione delle risorse. Da allora gli attivisti del Delta del Niger hanno affrontato la questione insistendo sul fatto che la derivazione è inadeguata, iniziative di sviluppo come la Commissione per lo sviluppo del Delta del Niger e l’OMPADEC prima di essa, equivalgono a semplici tokenismi e che il controllo totale delle risorse è ciò che le persone vogliono. Questa faccenda ha sollevato di nuovo la testa di recente, e apparentemente non andrà mai via, dato l’allineamento nord vs sud intorno ad essa.

L’ex presidente Olusegun Obasanjo aveva espresso in un seminario pubblico l’opinione che il greggio nigeriano non appartiene al popolo del delta del Niger ma a tutti i nigeriani e dire il contrario sarebbe illegale e incostituzionale.

Obasanjo ha affermato correttamente la posizione della costituzione nigeriana, ma così facendo ha suscitato il vespaio mentre le parti interessate del Delta del Niger guidate da E.K. Clark lo ha attaccato come “un nemico del Delta del Niger”. Gli attivisti del Delta del Niger e molti altri nigeriani pensano che la costituzione del 1999 sia un dubbio decreto militare che non dovrebbe essere citato come la grande norma della Nigeria. L’argomentazione di Obasanjo deve aver ricordato loro quell’altra argomentazione attivamente promossa dagli intellettuali del nord negli anni ’80 e ’90 secondo cui il petrolio nel Delta del Niger proveniva in realtà dalla Nigeria settentrionale e si stabiliva nel Delta, come parte di un determinato processo di sedimentazione geologica. Il consenso nel Delta del Niger è che questo sia un argomento da ladrocinio e che i veri ladri di petrolio greggio sono quelli che sfruttano le risorse di altre persone e che poi si rivoltano per insultare i veri proprietari.

È anche a questo proposito che gli attori locali nel Delta del Niger che sono coinvolti in stoccaggi illegali di petrolio non considerano furto o criminalità le loro attività. In un curioso binario tra buon ladro e cattivo ladro al centro della politica petrolifera in Nigeria, giustificano il loro stesso furto di petrolio e ostentano apertamente la loro ricchezza illecita perché credono di non poter essere accusati di aver rubato ciò che appartiene a loro, i loro nonni e le generazioni non ancora nate. Trovano alleati pronti in tutta la Nigeria e nel resto del mondo perché tutti gli altri sono ansiosi di guadagnare velocemente. Molti giovani nel Delta del Niger preferirebbero essere militanti o ladri di petrolio. Il furto, tra l’altro, è un passatempo nazionale, un credo nazionale, in Nigeria. Tutti cercano qualcosa da rubare: dall’oro a Zamfara e Ilesa al bitume a Ondo, al greggio nel bacino del delta del Niger, ai caveau della banca centrale, se possibile.

L’economia, la matematica, i costi e la politica del furto di petrolio puntano in una direzione: la necessità per il paese di mettere in atto un forte meccanismo di sorveglianza. La rete di oleodotti del paese è decaduta, rendendo così facile il lavoro del ladro di petrolio. C’è stato un recente scoppio alla testa del pozzo OML 29 di AITEO a Santa Barbara River, Nembe, nello stato di Bayelsa. Ci è voluto quasi un mese prima che la NOSDRA ne fosse a conoscenza e che qualsiasi agenzia governativa intraprendesse qualsiasi azione. È importante disporre delle infrastrutture e della tecnologia necessarie e trattare il furto di petrolio rigorosamente come un sabotaggio economico. Anche la struttura penale per il reato dovrebbe essere rafforzata. Dato il costo per la nazione, la sanzione minima per il furto di petrolio dovrebbe essere una condanna a vita o a morte. La politica della proprietà del petrolio o dell’amministrazione fiduciaria non può essere avanzata come una scusa per la criminalità. Fino a quando la Nigeria non deciderà di affrontare la sua politica di divisione e i funzionari pubblici smetteranno di proclamare l’unità nazionale, il ricorso all’auto-aiuto, sotto forma di furto di petrolio o bunkeraggio illegale, non dovrebbe sostituire lo stato di diritto. Anche la raffinazione del petrolio greggio è stata un problema. Quando le raffinerie nigeriane ricominceranno a funzionare a capacità ottimale e anche con profitto?


Lo sviluppo nigeriano tra Commonwealth delle nazioni e lotta armata popolare.

La Nigeria fa parte del Commowealth delle nazioni, organo internazionale sorto in continuità con il decaduto Commonwealth britannico, che rappresenta la tradizione coloniale. E’ organizzato come una repubblica presidenziale federale, che comprende 36 stati. Le religioni dominanti sono l’islam e il cristianesimo. In pratica la dichiarazione di Balfour che nel 1926 prendeva atto dell’indipendenza dei paesi che un tempo aveva governato direttamente con suoi rappresentanti. è stata sostituita da un generico e variamente interpretabile principio di fedeltà alla corona. I membri del parlamento sono dunque scelti autonomamente, ma devono essere in qualche modo compatibili con l’influenza del potere politico ed economico di questo organo internazionale. Con lo statuto di Westminster si è accentuato questo aspetto di sovranità nazionale, ma sempre entro l’orbita di un protettorato ‘di fatto’. La storia della Nigeria , che sappiamo essere popolata da 6000 anni prima dell’era cristiana, viene abitualmente indagata a partire dalla formazione del cosiddetto impero Kanem-Bornu a partire dal V secolo d.C., seguito poi da un impero Fulani di religione musulmana. A partire dal XVII secolo il Golfo di Guinea diventa il maggior bacino di approvvigionamento di schiavi. Nel 1886 viene fondata la Royal Niger Company, il territorio divenne protettorato britannico nel 1901 e colonia nel 1914. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, spinte nazionalistiche portarono a una transizione verso un autogoverno federale, sempre guidata dal Regno Unito. Due colpi di stato nel 1966 hanno instaurato una giunta militare che rimpisazzò le amministrazioni federate con 12 governi statali. L’anno successivo, con l’indipendenza della Repubblica del Biafra, iniziò una sanguinosa guerra tra poveri. Nel 1966, due colpi di Stato consecutivi messi in atto da due gruppi differenti di ufficiali militari portarono il paese sotto il controllo dei militari. I leader del secondo golpe cercarono di accrescere i poteri del governo federale, e rimpiazzarono i governi regionali con 12 governi statali. Gli Igbo, il gruppo etnico dominante nella regione orientale, dichiararono l’indipendenza della Repubblica del Biafra nel 1967, il che portò ad una sanguinosa guerra civile che si concluse con la loro sconfitta nel 1970. A partire dal 1975 si sono avvicendati governi democratici vicini al Commonwealth, a governi militari. La figura dominante in questo arco di tempo è quella di Olusegun Obasanjo, intellettuale, politico e generale, capo della giunta militare e tuttora ottantenne carismatico ispiratore di una social-democrazia riformista.

Gli attacchi alle strutture petrolifere provengono a partire dal 2006 da un Movimento per l’Emancipazione del Delta del Niger (MEND) composto da militanti locali, che si dichiara impegnato in una lotta armata contro la degradazione dell’ambiente imposta dallo sfruttamento petrolifero da parte delle corporazioni e multinazionali straniere. Questo gruppo di militanti è stato responsabile del rapimento di tre tecnici italiani a un libanese, poi liberati, durante un’azione a danno di una stazione estrattiva gestita dall’Agip. Nel concreto questo movimento nasce nell’ambito del conflitto del delta del Niger a partire dagli anni ’90. Il gruppo dichiara di voler riparare al degrado ambientale derivante dalle attività estrattive, ma il problema reale sembra legato allo sfruttamento di queste risorse. Il generale Godswill Tamuno, portavoce di questo movimento, dichiarò alla BBC che il MEND combatte per il controllo totale del petrolio in tutto il delta del Niger in quanto la popolazione locale non ha mai beneficiato di queste ricchezze del sottosuolo. L’oobiettivo dichiarato è riassunto in un comunicato del movimento alle autorità governative: «Deve essere chiaro che il governo nigeriano non può proteggere i vostri dipendenti o le vostre attrezzature. Lasciate le nostre terre finché potete o morirete. Il nostro scopo è distruggere totalmente la capacità del governo nigeriano di esportare petrolio».

La difficoltà nell’individuare e perseguire questi combattenti risiede nell’ampia copertura da parte del popolo, nel sistema orizzontale di autogoverno che non sembra legato a vere e proprie gerarchie ma piuttosto a una lotta armata decentralizzata, quindi poco vulnerabile ad arresti di singoli esponenti o portavoce. Con la svendita del territorio alle corporazioni il popolo non ha soltanto subito un degrado ambientale, ma è stato impedito anche nelle ordinarie attività di caccia e pesca o agricoltura, senza ricevere alcun beneficio dalle estrazioni. Negli ultimi vent’anni vari attivisti si sono avvicendati nella contrapposizione. Alcune di queste sono state organizzazioni non violente, come quella legata all’attivista Ken Saro-Wiwa, condannato a morte e giustiziato dal governo nigeriano nel 1995. Da allora la lotta popolare è continuata, assumendo anche la connotazione di una lotta armata protetta dagli oltre 20 milioni di poveri che vivono in stato di completa soggezione alle multinazionali del petrolio. Mentre però le rivolte popolari sono generalmente disorganizzate, spontaneiste, la lotta armata del MEND sembra avvalersi di vere e proprie tecniche di guerriglia, con manovre di accerchiamento con barche veloci nelle paludi del delta e unità multiple che hanno messo in serie difficoltà i sistemi difensivi del governo e della Shell. Addestramento al combattimento e all’uso di armi da fuoco che hanno visto i militanti sopraffare unità d’elite dell’esercito nigeriano. Scelta strategica di obiettivi sensibili. Questo lascia pensare a unità addestrate da quadri dirigenti, che a questo punto sarebbe utile identificare se non altro per comprendere quali siano le reali forze in campo. Certo è che l’estrazione petrolifere in Nigeria fanno uso di un processo noto come gas flaring, che produce per combustione grandi quantità di anidride carbonica.

Agata Gugliotta, Nigeria, risorse di chi? Petrolio e gas nel Delta del Niger, Bologna, Odoya, 2008 ISBN 978-88-628-8001-5.

Ken Saro-WiwaUn mese e un giorno. Storia del mio assassinio, Ed. Baldini Castoldi Dalai, 2010, Milano.

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