Rassegna stampa. Il popolo Igbo della Nigeria meridionale
Il popolo Igbo
Storia e cultura di una
civiltà incompresa
Materiali di studio
a cura di Federico Berti
Storia e cultura degli Ibo nigeriani
Gli Ibo o Igbo sono popolazioni della Nigeria sud-orientale che abitano il delta del fiume Niger e del Cross. Non si sa bene come si siano formati, per quanto rappresentino uno dei gruppi etnici più numerosi in Africa. Williamson sostiene su basi linguistiche una migrazione proto Igboid lungo il Niger da un’area più settentrionale della savana, con un centro nel delta e un altro centro più a nord nell’area Awka. L’esame genetico ha rilevato una tendenza a formare coppie e gruppi sociali con altri popoli di lingua Niger-Congo. I reperti in ceramica del 3000-2500 hanno delle somiglianze con il successivo lavoro degli Igbo ritrovato nelle regioni Nsukka e Afikpo dell’Igboland negli anni ’70. Il popoli Nri ha un mito della creazione che fa risalire le lineee della sovranità a un re patriarcale Eri le cui origini non sono chiare, ma è descritto come un essere venuto dal cielo inviato da Chuwu, una divinità. Avrebbe dato lui il primo ordinamento sociale agli Igbo, lo afferma la storica Elisabeth Isichei. L’evidenza archeologica suggerisce che questa influenza Nri potrebbe risalire al IX secolo, periodo cui vengono fatte risalire le sepolture reali ritrovate. I primi re Igbo sarebbero datati dagli stessi racconti orali dei popoli nigeriani tra 948 e 1043. Questo regno di Nri sarebbe stato un governo teocratico sviluppatosi nel cuore dell’atturale territorio nigeriano, questo vuol dire che i tabù religiosi dovevano essere anche osservati da quegli Igbo che vivevano sotto amministrazioni diverse. Quando la costa del Niger divenne il luogo da cui partivano gli schiavi per il nuovo mondo, i Portoghesi impiantarono fabbriche e iniziarono la tratta degli schiavi, di cui la regione divenne un fulcro . Il coinvolgimento europeo in questo commercio è stato poi messo fuori legge a partire dal XIX secolo, l’attenzione dunque si è sempre più concentrata sul colonialismo. Prima del contatto europeo le rotte degli scambi Igbo arrivavano alla Mecca, Medina, Gedda e fino al Medio Oriente. Aimé Cesaire, poeta del Martinica, rivendica una discendenza Igbo per molti degli schiavi deportati dalla Nigeria, alcuni dei quali erano stati venduti dalle stesse comunità di provenienza come debitori o criminali. Gli schiavi di origine Igbo erano noti per essere ribelli e talvolta si spingevano fino al suicidio pur di sfuggire alla schiavitù. Finirono per trovarsi dispersi in Giamaica, Cuba, Santo Domingo, Barbados, America coloniale, Trinidad, Tobago, C’è ancora un’area chiamata Igbo Landing, dove un gruppo di schiavi tentò di annegarsi appena sbarcato.
Il dominio coloniale
Con il dominio coloniale britannico successivo alla tratta portoghese, gli Igbo hanno abbracciato il cristianesimo e si sono aperti alla cultura europea, ma la centralizzazione del governo si rivelò ben presto incompatibile col sistema orizzontale della società locale, così iniziarono a rifiutare i capi mandato (i cosiddetti Eze, governanti indigeni) imposti alle loro assemblee per il governo indiretto. Vi furono conflitti e tensioni. Quando alle donne si prospettò di dover pagare le tasse, queste ultime insorsero, ad Aba nel 1929 scoppiò una rivolta nota come Guerra delle Donne Ibo. Fin dall’inizio del XX secolo si è passati dalle case in fango e paglia alle costruzioni in mattoni e cemento. Vennero costruite le strade, la rete elettrica, poi la radio, la televisione e il resto. Nella collezione del British Empire Commonwealth sono conservati alcuni film realizzati da George Basden negli anni ’20 e ’30. L’organizzazione sociale degli Igbo era in realtà basata su un sistema sociale di tipo democratico, semi-orizzontale basato sull’uguaglianza dei cittadini. Questo è il modello di società con cui dovettero confrontarsi i Portoghesi al momento in cui conobbero i popoli allora stanziati sul delta del Niger nel XV secolo. Se si escludono il regno di Nri e le città organizzate secondo un sistema feudale come Onitsha, il resto della popolazione era governato da un’assemblea consultiva repubblicana della gente comune. Le singole comunità erano comunque tenute insieme da un consiglio di anziani. Un aspetto di grande interesse, nell’ordinamento sociale, è che il sesso non coincideva necessariamente con il genere, le donne potevano diventare uomini e viceversa. Il loro sistema bancario tradizionale è ancora in uso nei villaggi e nelle città. Prima dell’incontro con gli europei era in uso anche un sistema di servitù a contratto, che troviamo descritto nelle memorie di Olaudah Equiano.
Estranei all’Islamizzazione delle guerre Fulani
Gli Igbo sono rimasti insensibili alla guerra Fulani e all’islamizzazione della Nigeria, che interessò solo le regioni nordorientali. Parlano tuttora dialetti simili di una stessa famiglia linguistica Kwa, hanno caratteri sociali e culturali in comune e popolano le regioni meridionali della Nigeria con alta densità demografica, vivendo per lo più di pastorizia allevando bovini. Sono organizzati in base a una discendenza patrilineare e a un sistema sociale suddiviso in classi di età. Particolarmente apprezzate in tutto il mondo le loro sculture in legno. Nel periodo coloniale furono i più aperti all’inculturazione occidentale e hanno espresso parte della classe dirigente raggiungendo un tenore di vita superiore ad altre popolazioni nel paese. Questo ha alimentato contrasti e spinte indipendentiste culminate nella secessione del Biafra nel 1960. Il movimento per l’attualizzazione dello Stato Sovrano del Biafra è un’organizzazione settaria formata dopo il 1999, che continua la lotta non violenta per uno stato Igbo indipendente. Sono le popolazioni interessate dal fenomeno dei furti petroliferi e il sabotaggio delle attività estrattive, di cui abbiamo parlato recentemente.
Il complesso archeologico di Igbo Ukwu
Quando parliamo degli Igbo nigeriani siamo portati dal pregiudizio a immaginare un popolo di selvaggi primitivi e senza storia. Sappiamo che non è così. Gli scavi archeologici hanno portato alla luce un insieme di siti nel sud-est della Nigeria, nelle vicinanze di Onitsha, scoperti a partire dal 1938, dai quali si può risalire a un insediamento del IX secolo c.e., con manufatti di grande valore anche artistico e la sepoltura di almeno un personaggio rilevante. Questa scoperta ha contribuito a sfatare il mito di un’Africa sub-saharaiana totalmente dipendente dagli scambi attraverso il deserto. Igbo-Ukwu è il nome di questo complesso archeologico. I 700 manufatti in rame, bronzo e ferro qui rilevati, oltre ai 165.000 oggetti in vetro, corniola, pietra, avorio denotano un’alto grado di sviluppo culturale e artistico. E’ stato osservato che la datazione di questi oggetti è la più antica ritrovata in questa regione dell’Africa. Queste produzioni sono state paragonate da Peter Garlake, William Buller Fagg e Dennis Williams, alla miglior produzione del barocco e del rococò successiva di ottocento anni, confrontandola addirittura con le opere di Benvenuto Cellini. Per l’evidente competenza necessaria alla produzione di questi oggetti e l’assenza di prototipi, si pensò inizialmente che fossero oggetti realizzati successivamente alla colonizzazione europea o in seguito a contatti con viaggiatori e avventurieri. L’analisi dei materiali tuttavia sembra testimoniare che il metallo è di origine locale e risale effettivamente al IX secolo c.e. Questa scoperta è stata molto importante anche dal punto di vista sociale, poiché si riteneva che la produzione di oggetti tanto complessi richiedesse società acefale, egualitarie come quelle della cultura Igbo. Alcune delle perle vengono dal Cairo, per cui doveva esservi un commercio a lunga distanza con l’Egitto nel periodo bizantino. Questo ha portato anche a ricollegare questi manufatti alla scoperta di forni per fondere il ferro e scorie risalenti al 2000 a.C. a Lejia, e al 750 a.C. a Op, nella regione Nsukka a un centinaio di chilometri a est di Igbo-Ukwu.
Gli Ibo si impiccano da soli
E’ un detto popolare degli Ibo o Igbo. Prima del 1870, data a cui si fa risalire la colonizzazione britannica, erano organizzati in comunità semiautonome dedite all’allevamento, se si esclude Initsha che aveva un re e Nri-Arochukwu che avevano re sacerdoti. Gli altri villaggi si reggevano su un’assemblea orizzontale. Avevano un loro calendario lunare organizzato sulla settimana di quattro giorni e il mese di 7 settimane per un totale di 28 giorni, 13 mesi di cui l’ultimo aveva un giorno aggiuntivo per chiudere l’anno solare di 365 giorni. adoperavano due sistemi matematici propri e un sistema creditizio detto Isusu. Con l’adesione entusiastica al cristianesimo la loro vista cambiò profondamente. Lo scrittore nigeriano Chinua Achebe ha raccontato questa rapida trasformazione nel suo romanzo Il crollo. Per quanto ne sappiamo, i primi sindacati dei lavoratori Igbo arrivano in Nigeria intorno agli anni ’30 tra Lagos e Port Harcourt, seguì la costituzione di una Ibo Federal Union, ribattezzata Ibo State Union nel 1948, una sorta di organizzazione pan-etnica sotto la guida di Nnamdi Azikiwe finalizzata principalmente al progresso del popolo Ibo nell’istruzione e nel controllo della terra indigena, con tanto di inno nazionale e piano per una banca Igbo. Dopo la guerra e la restaurazione, il socialdemocratico filo-britannico Olusegun Obasanjo revocò nel 1978 il divieto di associazione e attività politica ai popoli coinvolti nella secessione e venne costituita un’associazione Ohanaeze Ndigbo, portavoce dei popoli del sud. Le principali preoccupazioni sono l’emarginazione politica, l’assenza di servizi sociali, la carenza di infrastrutture nelle regioni del delta. A questa si è affiancato il Congresso dei Popoli Igbo. Nel 1999 è stato fondata una nuova organizzazione secessionista, il Movimento per l’Attualizzazione dello Stato Sovrano del Biafra (MASSOB) ispirato da Ralph Uwazurike. Molti dei suoi leaders sono stati assassinati dal governo nigeriano. Dopo le libere elezioni del 2015 è stata aperta una Radio Biafra, e un gruppo musicale noto come Indigenous People of Biafra ha acquisito molta visibilità anche grazie a questi nuovi fermenti indipendentisti. E’ nata anche una società linguistica, fondata in realtà nel 1949 da Frederick Chidozie Ogbalu, che ha formalizzato un dialetto Igbo con lo scopo di farne una lingua nazionale.
La regione del Biafra
Nel territorio che va dal delta del Niger a Capo Lopez, anticamente identificata nella regione costiera tra Niger e Ogooué, vivono oltre 20 milioni di abitanti, per lo più Ibo cristianizzati. E’ in questa regione che si producono due terzi del petrolio nigeriano e altre risorse come gas, carbone, ferro, piombo, zinco. Le città principali sono Enugu e Port Harcourt. I contrasti con le popolazioni del Nord-est, aggravati dalla scoperta dei giacimenti petroliferi, portarono al tentativo di secessione stroncato nel sangue. Più di un milione di morti per fame in gran parte fra i civili, a causa del blocco economico. I fatti relativi alla guerra che porterà alla secessione del Biafra sono legati anche alla profonda divergenza tra gli stati del nord islamizzati e quelli del sud cristianizzati. Nel quadro geopolitico di questi scontri, il popolo Igbo si guadagnò il supporto di figure intellettuali come Jean Paul Sartre e lo stesso John Lennon che restituì alla Gran Bretagna il su MBE per protestare contro il supporto dato ai pogrom anti-Ibo, accompagnati da un vero e proprio ladrocinio di stato quando il governo nigeriano rifiutò ai risparmiatori l’accesso ai loro soldi nelle banche centrali, dando loro un piccolo risarcimento ma appropriandosi dei loro beni economici. Vi furono anche discriminazioni profonde da parte degli altri gruppi etnici. La secessione dei separatisti Igbo e la Repubblica del Biafra, durata solo tre anni dal 1967 al 1970, fu riconosciuta solo da Gabon, Haiti, Costa d’Avorio, Tanzania, Israele e Zambia. Altri paesi come Francia, Rhodesia e Sudafrica, fornirono supporto militare, economico e aiuti umanitari. La moneta nazionale veniva stampata a Lisbona, che fu anche sede di uffici oltremare. Tutto iniziò con un colpo di stato al quale sopravvissero tutti i rappresentanti Igbo nel governo federale, a quel punto il comandante Chukwuemeka Odumegwu Ojukwu dichiarò l’indipendenza iniziando a confiscare tutti i mezzi federali. Il governo nigeriano rispose con il blocco economico, causando milioni di morte per fame tra i civili, assumendosi il peso storico di un genocidio. Intrapresero quindi un lento ma inesorabile avanzamento nel territorio della repubblica indipendente, costringendo a un continuo spostamento del capoluogo e infine alla capitolazione. Il comandante Ojukwu si salvò con la fuga.
La vicenda personale del comandante Ojukwu
Il comandante Ojukwu era figlio di uno tra i più facoltosi commercianti del paese, che si era arricchito nella seconda guerra mondiale speculando nel settore dei trasporti. Nel 1944 finì in carcere per l’aggressione a un insegnante coloniale britannico che aveva umiliato una donna nera al King’s College a Lagos, dove la sua condizione di benestante gli aveva permesso di studiare. A 13 anni venne poi inviato all’Università di Oxford, dove prese il dottorato in storia per poi tornare in Nigeria nel 1956. Dopo la guerra del Biafra e la fuga, poté tornare in Nigeria dove ancora nel 2003 fondò la Grande alleanza di tutti i progressisti, di ispirazione labourista.
Lingua e scrittura Igbo
A ben vedere, il popolo Igbo non si trovava nemmeno allo stadio di sviluppo preistorico, quando entrò in contatto con gli europei. Esisteva infatti un sistema di ideogrammi nota come Nsibidi da prima del XVI secolo ma si estinse dopo che divenne popolare tra le società segrete, che ne fecero una sorta di linguaggio in codice per la cospirazione. Oggi la lingua Igbo è scritta in caratteri romani ed è molto difficile da imparare per l’enorme quantità di dialetti. Nel 1789 fu pubblicata a Londra The Interesting Narrative of Olaudah Equiano, l’autobiografia di un ex schiavo. Si menziona anche una Storia della missione dei fratelli evangelici nelle isole dei Caraibi, pubblicata nel 1777, dal missionario tedesco CGA Oldendorp.