Radicali, riformisti, movimentisti

“Fino a quando gli uomini non avranno imparato a discernere, sotto qualunque frase, dichiarazione e promessa morale, religiosa, politica e sociale, gli interessi di queste o quelle classi, essi in politica saranno sempre, come sono sempre stati, vittime ingenue degli inganni e delle illusioni”. (Lenin, da ‘Tre fonti e tre parti integranti del marxismo’)

 

Moderati, riformisti,
movimentisti

Le tre anime di un partito

 

Questo articolo, scritto in occasione della campagna elettorale 2018, intende riflettere sul problema della cosiddetta sinistra divisa, ovvero di quel paradosso che ha portato alla frammentazione di una politica sempre più spesso contraddittoria, incapace di trovare linee guida chiare.

 

La vera novità di queste elezioni 2018 è nel riaffacciarsi alla scena politica di realtà che per quasi vent’anni se n’erano tenute lontane. I cosiddetti ‘movimentisti’, da intendersi in questo senso come tutti quei gruppi che non confondono politica e rappresentanza, ma portano la loro attività militante al di fuori del Parlamento, dove ogni politica dovrebbe nascere e svilupparsi in modo coerente con i suoi presupposti. La politica è una cosa sporca, si ripete fino alla nausea, la politica è una scienza, dicono gli intellettuali borghesi memori di un certo aristotelismo oligarchico, ma la verità è che dalla nascita del socialismo in poi la politica è prima di tutto movimento di idee, azioni di popolo, cooperazione e attivismo. Sempre, non solo nella cosiddetta sinistra divisa.

Erano movimentisti quei democristiani che nell’ultimo dopoguerra si sono uniti fondando un partito, sono movimentisti ancora oggi quelli che rifiutano di vendere la pillola abortiva alle ragazze madri nel nome di un cristianesimo ‘sociale’. Erano militanti quei fascisti irredenti che formarono un partito proprio sull’idea stesso di ‘movimento’, l’M.S.I. degli squadristi la cui eredità hanno raccolto i nostalgici di Casa Pound. Erano movimentisti quegli intellettuali che sotto il fascismo ripudiarono le leggi razziali firmando una dichiarazione dell’infamia che esse rappresentavano. Erano militanti quelli che hanno infamato per vent’anni la magistratura nel nome di un irrazionale piduismo antipolitico, lo sono quelli che ora s’illudono di aver trovato nel digitale il futuro della democrazia diretta.

 

NON ESISTE POLITICA SENZA MOVIMENTO

La verità è che non esiste politica senza attivismo in movimento. Certo lo spontaneismo da solo non basta. Serve una guida, un  coordinamento e se vogliamo anche una disciplina di partito. Ma i vertici di quel partito devono ricordarsi da chi stanno traendo forza, su quali basi autenticamente popolari poggi la loro stessa esistenza, o sono condannati a perdersi in vane astrazioni e compromessi. Questo lo sanno bene oggi Salviniani e Fratelli d’Italia che fanno leva sul tumulto delle piazze, lo sanno bene quei fascisti che vanno a portare beni di prima necessità alle famiglie disagiate e sostengono le occupazioni apparenti dei senza tetto, senza poi spiegare che stanno in realtà proteggendo una compravendita delle assegnazioni di case popolari a vantaggio di strozzini e mafiosi. La destra è consapevole che senza il popolo non si va da nessuna parte, per questo non manca mai di adularlo, provocarlo, stimolarlo.

Gli unici ad aver perso consapevolezza, sono quelli che trent’anni fa abiurarono il comunismo sulla base di poche idee ma confuse, nel nome di una storiografia alterata, di menzogne mai documentate, di generalizzazioni lontane dal buon senso, di un’autocritica spinta fino all’autodistruzione. Quella sinistra che a forza di battersi il petto nel nome di un revisionismo al quale ha prestato il fianco acriticamente, lasciò a suo tempo che tutti gli altri proseguissero indisturbati nella ricompattazione delle loro file di militanti e movimentisti pronti a tutto per difendere il potere dei più forti, il sopruso e l’oppressione contro gli ultimi della società, contribuendo all’ingiustizia sociale, alla disuguaglianza, all’infamante disprezzo della Costituzione Repubblicana e di ciò che rappresenta. Mentre la sinistra faceva ammenda per i cosiddetti (mai dimostrati) orrori del socialismo, governi neofascisti intitolavano strade e scuole a ogni sorta di assassini e criminali di guerra.

 

LA DESTRA E’ ATTIVISTA E MOVIMENTISTA

E’ questa perdita di coscienza ad aver ridotto la sinistra italiana a un burattino in mano alle forze più retrive della media e alta borghesia, rafforzando un clericalismo esasperante, lo sciovinismo sessista mascherato da pseudo femminismo riformista, il razzismo, l’omofobia e le altre tematiche tanto care alla politica della destra estrema. E’ questo ad aver ridotto la sinistra italiana all’ombra di sé stessa. Ma tutto ciò ha raggiunto un livello non più tollerabile nel momento in cui partiti politici in gara per le elezioni rifiutano di firmare un abiura al fascismo nel nome di un diritto alla libertà d’opinione, portando alle urne personaggi che dovrebbero essere in galera. Naturale che dall’altra parte si stiano raccogliendo coloro che dalla fine del partito di Rifondazione Comunista s’erano allontanati dalla politica parlamentare, impegnandosi piuttosto nella difesa sul campo dei diritti civili.

Così è nato ‘Potere al Popolo‘, una realtà cui sia il Partito Democratico, sia la sua cellula dissidente di Liberi e Uguali guardano con sufficienza, come dire: “Ma dove pensate di andare?” dimenticando che proprio questa forte radice movimentista, presente sui territori e pronta a impegnarsi nella politica attiva ben oltre il ristretto confine del Parlamento, rappresenta ciò che la sinistra italiana ha perso ormai da quindici anni, ovvero l’identità di partito. Per poter affrontare una destra compatta e consapevole del suo farsi scudo riparandosi dietro le facce di un popolo illuso e illusionista, manipolato e manipolatore, la sinistra italiana deve ritrovare unità fra moderati, riformisti e movimentisti, o sarà destinata a disperdersi lasciando il passo al neofascismo dei liberali nell’era della sua riproducibilità tecnica, la famosa tecnocrazia di cui parlava Pier Paolo Pasolini, ovvero il totalitarismo digitale.

 

IL CORAGGIO DI SBILANCIARSI A SINISTRA

Ritrovare l’unità non vuol dire costringere l’attivismo a saltare sul carro del vincitore rinunciando alla propria identità, al contrario vuol dire in primo luogo rispettare quella parte che vive sulle barricate in difesa della repubblica e dello stato sociale, trovare in essa le proprie stesse radici, l’origine della propria forza: solo rafforzando l’area militante, radicale e movimentista della sinistra italiana, sarà possibile ricostruire un partito che non sia soltanto sintesi di laboratorio, un insieme di slogans senza contenuto, ma un vero partito politico su base autenticamente popolare. E’ dunque in definitiva il Partito Democratico a dover ritrovare unità con quelli che al momento irride come estremisti e incivili, insultandoli quando mettono in piazza le barricate contro quegli stessi fascisti che loro stessi non sono stati capaci di fermare usando gli strumenti della legalità. Sono gli scissionisti di Liberi e Uguali a dover rendere conto  di quell’entusiasmo che dal popolo nasce, da quei militanti precari che sono in prima linea sui territori.

Solo questo il futuro possibile di una sinistra italiana. L’alternativa non sarà che un ulteriore slittamento verso destre sempre più liberticide, violente, autoritarie. Per questo voterò Potere al Popolo, pur essendo estraneo a una parte del movimentismo e non condividendone sempre le strategie, talvolta ingenue come ogni spontaneismo. Tuttavia il mio voto andrà a rafforzare chi si prende la responsabilità di una militanza senza compromessi, sperando che tutta la sinistra moderata e riformista si renda conto di dover fare un passo indietro. Ricordarsi da dove viene e dove nasce la sua forza.

 

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