La Musica del Fauno. La Tartufa di Venere, Libro I, Ep.V. New Epic Poetry.
La Musica del Fauno. La Tartufa di Venere, Libro I, Ep.V. New Epic Poetry.
La Musica
del Fauno
La Tartufa di Venere
Libro I, Episodio V
ISBN: 9788835373773
Mentre a Sardis il terremoto apre una voragine a ridosso delle mura, tra i boschi del monte Tmolo il re si sveglia sulle rive del fiume Pattolo e torna a cercare l’oro, ossessionato dall’avidità di ricchezza. Dopo aver congedato il consigliere Gorgia riceve la visita d’un vecchio amico Fauno, di ritorno da un lungo viaggio in Tracia, che suona per lui una danza frigia. Leggi l’episodio precedente.
XXXIII.
Ribatte il Re: “Colui che tutto regge
Signore degli dèi e del Creato
la stella che il suo popolo protegge
vegli sul mio figliolo sciagurato!
Dev’esser degno d’occupar le segge
da cui per tanti anni ho governato:
è adulto, può cavarsela da solo
come l’uccello quando spicca il volo”.
XXXIV.
Il Re non volle uscire dal suo ruolo
e ritornò a cercar l’oro zecchino,
nell’Ermo che discende il monte Tmolo
si mise a lavorar di buon mattino.
“Alla difesa del nativo suolo
ci pensi il comitato cittadino,
nessuno più mi venga a disturbare:
ho cose più importanti cui pensare!”.
XXXV.
Per molte ore stette a faticare
con la pelliccia immersa dentro il fiume
e intanto che attendeva quell’affare
pensò all’uccello dalle belle piume.
“Mi sento un uomo da commiserare…
Se pure prediletto dal gran Nume
non son che un servo ad essere sincero
del mio potere fatto prigioniero”
XXXVI
In preda allo sconforto e all’umor nero
il Re con tutta l’anima in subbuglio
piegato sotto il sole mattiniero
sentì venir dei suoni da un cespuglio.
Un piffero gli rallegrò il pensiero
nel far delle sue note quell’intruglio
al suono d’un selvatico bestione
barbuto e con le zampe d’un caprone.
XXXVII.
Mancorta quando n’ebbe la visione
lo salutò nel modo più accogliente:
“Simpatico adorabile ubriacone
da un po’ non ti si vede né si sente!”.
Sospese il fauno allor l’esecuzione
poi ribatté festoso e sorridente:
“Di là dall’Ellesponto, sarò schietto
ho avuto da suonar più d’un balletto”.
XXXVIII.
“Ma non è salutare il vostro aspetto
quell’espressione stanca e dolorosa,
mi par che una passione abbiate in petto
o siate afflitto da una brutta cosa”.
Il Re: “Fai bene tu mio buon folletto
che vivi spensierato senza posa
non pensi ad altro caro suonatore
che a bere, sonnecchiare e far l’amore”.
XXXIX.
“Ma la vitaccia del governatore
non hai nemmeno idea di ciò che sia:
vittima d’ogni insulso malfattore
è una tortura l’esistenza mia…”.
Il satiro portò una mano al cuore:
“E’ inutile cantar la litania
nessuno v’ha costretto a fare questo
avete scelto voi testo e contesto!”
XL.
“Ma non intendo rendervi più mesto
prendete quest’omaggio, ve lo manda
in segno d’amicizia il gobbo Festo
che nel vulcano ha posto la locanda”.
Il fauno allora porse con un gesto
e un bel sorriso come si comanda
un pegno sfolgorante, luminoso
al vecchio malfidato e sospettoso.
XLI.
“Dev’essere uno scherzo irrispettoso…
dimmelo tu, cos’è quel manufatto
che più lo guardo e più m’è misterioso?
A donne chiacchierate sembra adatto!”.
Rispose Marsia: “E’ molto prodigioso
risolverà i problemi del baratto,
è buono a misurar, se ho bene inteso
la quantità di ciò che viene speso”.
XLII.
“Puoi farne tanti dello stesso peso
in oro, argento, oppure in bronzo fuso
è l’invenzion che tanto avete atteso
Un orizzonte nuovo s’è dischiuso…
Tra quelle genti del Peloponneso
sarà uno scherzo divulgarne l’uso
per quel conta l’opinione mia,
rivoluzionerà l’economia”.
XLIII
Gli disse il Re: “Per quanto grande sia
a ragionar la mente mi s’imbroglia:
mi sento addosso una malinconia
non puoi sapere quanto me ne doglia.
Tu suonami una qualche melodia,
dell’allegria mi tornerà la voglia!
Conserverò con cura quest’oggetto
e penserò alle cose che m’hai detto”.
XLIV.
Quel rinomato musico provetto
col piffero a due canne sulla bocca
ci soffiò dentro e fece un allegretto
come una freccia che dall’arco scocca.
In men che non si dica al maledetto
lo spirito dell’anima gli tocca
di molto egli apprezzò quei suoni arcani
segnò persino il tempo colle mani.
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