Podcast. La storia antica del Mali. Oro, sale, schiavi.
- Il colonialismo in Africa è un fenomeno recente? La brutalità dell’asservimento e la tratta dei servi si può considerare un delitto commessi esclusivamente dagli Europei? I grandi imperi africani furono un fenomeno scollegato dal resto del mondo? Con chi commerciavano i tiranni locali? Che ruolo ha avuto lo schiavismo dell’antico Egitto, degli Assiro-Babilonesi, dei Greci e dei Romani, sull’Africa Subsahariana?
Un po’ di storia del Mali
La regione del Mali, l’antico nome del paese che vuol dire letteralmente “Luogo in cui vivono i re”, era divisa un tempo fra tre diversi imperi: Ghana, Mali, Songhai. Il secondo copriva intorno al 1300 un’estensione pari al doppio dell’attuale Francia e arrivava fino alla costa occidentale dell’Africa. Un viaggiatore marocchino del XIV secolo, Ibn Battutta, riferì che la capitale dell’impero si chiamava per l’appunto Mali. Una tradizione dei Mandingo vuole che il primo leggendario imperatore Sundjata Keita, si trasformò in un ippopotamo nel fiume Sankarani, detto anche ‘vecchio Mali’, lungo il quale sorgono villaggi chiamati pure ‘Mali”. Un’altra ipotesi vuole che il nome derivi dalla pronuncia in lingua fulani del popolo Mandè. Secondo l’arte rupestre ritrovata nel deserto del Sahara, la regione sarebbe stata fertile e popolosa di fauna diecimila anni prima dell’era attuale, periodo a cui risalgono i primi manufatti in ceramica. Cinquemila anni più tardi è testimoniato l’allevamento, mentre il ferro lascia tracce in epoca più recente, nell’età classica della Grecia. Le città fioriscono nel primo millennio a.C., sono fondate dal popolo Mandè e collegate con il popolo Sarakollé, in particolare si ricordano Dia e Jennè-Jeno. Nel VI secolo d.C. fioriscono i commerci attraverso il Sahara, legati all’oro, al sale e agli schiavi, sui quali si basò il potere degli imperi in quella regione. La letteratura islamica parla del Mali attraverso l’opera di autori come Abu ‘Ubayd al-Bakri, Ibn Khaldun, Muhammad al-Idrisi. Questi primi regni saheliani non avevano confini politici rigidi e nemmeno una connotazione propriamente etnica. Il più importante nel mondo antico fu l’impero del Ghana, conquistato nel 1078 dagli Almoravidi.
L’Impero del Ghana (300-1076)
E’ il più antico impero dell’Africa al di sotto del Sahara. Non si trovava nello stesso luogo dell’attuale stato del Ghana (‘combattente’), allora veniva chiamato Wagadou (‘terra delle mandrie’) dai suoi cittadini, il nome con cui lo conosciamo noi gli veniva attribuito dall’Europa e dagli Arabi. Sulle sue ceneri sorsero l’Impero del Mali e l’Impero Songhai. Il massimo splendore lo raggiunse nell’VIII secolo dopo Cristo, ovvero con le tratte sahariane sul commercio con gli Arabi, in particolare beneficiando dell’introduzione dei dromedari. Commerciavano oro, avorio e sale con i paesi del nord. L’Impero del Ghana però entrò in guerra nell’XI secolo con i Berberi Almoravidi e lasciò cadendo un vuoto di potere nel quale si inserirono prima i corsari barbareschi, poi il nascente Impero del Mali.
L’Impero del Mali
Gli imperatori del Mali discendono dalla dinastia Keita, che si riteneva imparentata con Bilal, seguace di Maometto, attraverso uno dei suoi sette figli, di nome Lawalo. Si trattava comunque all’inizio di un piccolo stato dipendente dall’Impero del Ghana che fra il IV e l’XI secolo dominava gran parte dell’Africa Occidentale. I primi re del Mali erano funzionari dell’imperatore del Ghana. Nell’XI secolo questo impero entrò in guerra con i Berberi Almoravidi, perse la guerra ma i vincitori non tentarono di imporre il proprio controllo sulla regione e si ritirarono verso il Maghreb. Nel vuoto che si venne a creare allora, fiorirono province indipendenti.
A questo punto entra in scena un personaggio cantato da molti griot dell’Africa occidentale, nella forma del racconto epico, nel quale è molto difficile distinguere tra mito e realtà. Secondo la tradizione, questo ‘re leone’ radunò eserciti di varie città stato mandinka dando vita nel 1234 a una rivolta contro quel che restava dei vassalli del Ghana, con la battaglia di Kirina nel 1235 si vennero a riunire i dodici regni Manden sotto il re Sundjata, detto Mari Djata I. E’ il cosiddetto impero del Mali, che continuò a espandersi dal Senegal al Niger, controllando le più importanti vie commerciali trans-sahariane, ovvero il commercio con gli stati del Maghreb e dell’Africa Settentrionale. Si diede una struttura centralizzata e un sistema giuridico esteso a tutto il territorio controllato dall’impero. L’eredità di questa organizzazione verrà poi raccolta da imperi e regni successivi. Venne istituita un’assemblea che deliberava su molte questioni, si proibì il maltrattamento degli schiavi e dei prigionieri, venne fissato il prezzo di alcuni beni importanti e a ogni cittadino dell’impero venne assegnato un appezzamento di terra da coltivare. Impose una classe dirigente legata al proprio clan. Dopo la morte del primo re tuttavia, seguirono problemi di successione tra figli legittimi e illegittimi, per cui il potere finì molto presto in mano prima ai generali, poi a cortigiani. Nel 1285 un ex schiavo di corte liberato dal re Mari Djata e divenuto generale, usurpò il trono e si insediò sul trono come Mansa Sakoura, espandendo le conquiste e rinsaldando rapporti con i paesi nord del Sahara, ma venne assassinato da un brigante nel tornare dalla Mecca. Il suo successore fu Ko Mamadi, al quale si attribuisce l’età di massimo splendore per l’Impero del Mali.
La grande risorsa del potere e della ricchezza proveniva da tre miniere d’oro a Bambouk, Noure e Galam, inoltre ogni carico d’oro o sale entrasse nei propri confini veniva tassato. L’oro qui estratto veniva commerciato con tutto il mondo conosciuto di allora, attraverso le rotte del Sahara. Non sappiamo se avessero una loro moneta, ma sappiamo che scambiavano oro, sale e rame. Può sembrare un paradosso ma nell’Africa subsahariana il sale valeva più dell’oro. Lo si trasportava a blocchi e trasportato dai dromedari, mentre il rame si vendeva a lingotti. Oltre alla prosperità economica, l’Impero del Mali si fondava sulla propria macchina da guerra basata su guerrieri professionisti, che in tempo di pace erano assegnati alla difesa dei confini. Era prevista in casi straordinari una leva di massa. Ogni tribù doveva fornire dei soldati al governo centrale. L’esercito contava nel periodo medievale su 100.000 uomini, 10.000 dei quali cavalieri. I due massimi quadri erano nominati direttamente dal sovrano. I soldati usavano un piccolo scudo di legno, lance e frecce acuminate o all’occorrenza, incendiarie. I cavalieri combattevano armati di lancia, spada e giavellotti avvelenati, erano protetti da una cotta di maglia. Sotto la dinastia Laye l’impero del Mali arrivò a estendersi si tutta l’area del Sahara fino alle coste dall’atlantico al Niger, per un totale di 50 milioni di abitanti. Per attraversare tutto il regno a piedi ci voleva un anno. A livello di estensione, era paragonabile al khanato dell’Orda d’oro. Verso la metà del Trecento le ricchezze del Mali erano ormai tali da poter influire sull’economia di tutta l’Africa, il suo regno iniziò a comparire nelle carte geografiche degli europei. E’ tuttavia in questo periodo che ha inizio una competizione con l’impero Songhai in ascesa, il Mali entra in decadenza fino a scomparire duecento anni più tardi.
L’Impero Songhai (690-1591)
L’impero Songhai nasce intorno al 690 d.C da una dinastia berbera, gli Zaghawa-Lemta, i quali abbracciano l’islam nell’XI secolo, ma per molti secoli rimane subordinato ad altre potenze locali. Si liberò dall’Impero del Mali nel 1336 e a partire dal regno di Sonni Ali Kilnu stabilì una dinastia non più musulmana, ma animista. Le religioni tradizionali dei Tuareg non legati all’Islam. Successivamente, un re islamico conosciuto come Sonni Ali Ber conquistò le terre rimanenti al Mali, ormai caduto in rovina, occupando temporaneamente sia Timbuctu che Djenné, iniziando a sfruttare le rotte commerciali che diedero all’Impero Songhai grande prosperità, maggiori del precedente impero. Nelle cronache arabe il re tuttavia è definito come un uomo improbo che trascurava i precetti della religione. Fu il suo successore Askia Mohammad, detto anche Askia il Grande, quello della tomba a piramide, a completare le campagne militari occupando anche Timbuktu nel 1536 estendendo il suo dominio dal lago Ciad alla Libia meridionale, fu sempre lui a compiere il famoso pellegrinaggio alla Mecca che avrebbe dovuto dare all’impero una piena qualifica di regno guidato dall’Islam. Questo periodo di grande prosperità intraprende però nel Seicento una parabola discendente, quando viene conquistato da un avventuriero spagnolo proveniente dal Marocco, Diego de Guevara detto anche Jawdar Pascià, che essendo stato addestrato dagli Ottomani all’uso delle armi da fuoco, non ebbe difficoltà a sottomettere nella Battaglia di Tondibi la regione grazie alla sua schiacciante superiorità militare, per impadronirsi delle risorse aurifere, controllare il mercato degli schiavi e del sale. Le città di Gao, Timbuktu e Djenne vennero messe a ferro e fuoco. Le guarnigioni marocchine restarono sul territorio per tre generazioni, ma poi caddero lasciando un territorio sostanzialmente frammentato, in mano a corsari barbareschi e signori della guerra, incapace di ricostituire un governo centrale, saldo e prospero, fino all’arrivo dei Francesi verso la fine dell’800.
Il problema geografico
Innanzi tutto dobbiamo porci il problema geografico. Al nord il Mali comprende una vasta regione di deserto, nel sud abbiamo il Niger e i suoi affluenti, che formano una regione paludosa e un bacino di terreno coltivabile reso fertile dalle esondazioni periodiche, a ovest lo sbocco sul mare interrotto, che però un tempo era parte dell’area d’influenza naturale. Il resto del paese è caratterizzato da un clima tendenzialmente desertico, temperature molto alte di giorno, fino a 50°, mentre di notte possono scendere anche fino a 0°.
Nel Mali si conoscono tre siti archeologici principali, nei quali possiamo osservare quel che rimane della storia antica del paese. Il più famoso è Djennè-Jeno, dove un tempo sorgeva un centro urbano tra i più importanti dell’Africa Subsahariana. Risale al III secolo prima di Cristo e sembrano esservi testimonianze di uno sviluppo già piuttosto esteso nel 900 d.C. e una popolazione che poteva aggirarsi intorno ai 27000 abitanti, che dovevano avere dimestichezza con la lavorazione del ferro. Tra il V-IX secolo d.C. le case erano per lo più di fango o tauf, poi venne elaborata un’architettura più articolata, con mattoni cilindrici, un sistema che viene generalmente considerato proprio di queste parti. L’islam inizia a influenzare l’architettura tra XI e XIII secolo. L’economia era basata sull’agricoltura, la loro vita era impostata sul ciclo dell’acqua, furono tra i primi popoli africani a coltivare il riso.
Il secondo sito archeologico di rilevanza in Mali è Timbuctù, considerata un patrimonio mondiale dall’Unesco, sorge in una piana semidesertica a nord del fiume Niger, precipitazioni scarse per lo più nei mesi estivi, forti escursioni termiche tra il giorno e la notte. L’origine di questa città è Tuareg o Songhai, fino all’800 la sua esistenza era avvolta nel mistero, c’era anche nchi non credeva nemmeno fosse una città reale. Se ne favoleggiavano le immense ricchezze, Leone de Medici la visitò nel 1526 scrivendo che vi fossero molti dottori, giudici, preti e uomini di cultura mantenuti degnamente da un re facondo e generoso, che diversi manoscritti vi fossero conservati, anche provenienti da ‘fuori della barbaria’, e che il loro valore fosse altissimo, li si tenesse in grande considerazione, più di qualsiasi altro bene materiale. Ancora oggi la biblioteca di Timbuctù custodisce un ricco patrimonio di 700.000 testi antichi, molti dei quali scritti nelle locali ‘lingue Ajami’. Gran parte della città è costruita in fango. La città doveva essere molto ricca intorno al XIII secolo. Sappiamo di un Sultano Mansa Musa che secondo le cronache dell’epoca avrebbe organizzato un pellegrinaggio alla Mecca con più di 8000 portatori e centinaia di dromedari. Si trova in un luogo molto difficile da raggiungere per via delle aspre condizioni climatiche.
L’ultimo sito archeologico di rilevanza in mali è la Tomba di Askia, che risale al Quattrocento e si ritiene sia il luogo in cui venne sepolto il primo imperatore Songhai, Askia Mohammad I. E’ una costruzione piramidale alta circa 17 metri, con due moschee e un cimitero. E’ nel tipico stile islamico.
La regione dell’Azawad nel nord
Una regione la cui storia è fondamentale comprendere, è l’Azawad. Si tratta di una vallata arida in seguito all’inaridirsi del clima intorno al V-IV millennio a.C., ma un tempo percorsa da un ramo settentrionale del fiume Niger. La vallata è circondata da montagne aspre: Air, Adrar degli Ifoghas, Ader Douchi, Ahaggar. l’area da questi massicci delimitata è conosciuta dai geologi come il Bacino degli Iullemmeden, 1000 chilometri per 800, dal nome di una confederazione Tuareg del posto. Questa zona è ricca di giacimenti minerari, in particolar modo rame, carbone, salgemma, ma soprattutto uranio, di cui il Niger è tra i maggiori produttori.
Nel 2012 i Tuareg delle regioni più desertiche a nord hanno dichiarato l’indipendenza, creando per un certo periodo lo stato di Azawad, o Azauad, mai riconosciuto e subito riconquistato dal governo centrale, con capoluogo Gao. La densità di popolazione in questo territorio è di circa un abitante per un chilometro quadrato e mezzo. La rivendicazione di questa regione da parte dei Tuareg è su base etnica. Secondo un comunicato ufficiale del Movimento di Liberazione Nazionale dell’Azawad, i suoi quadri dirigenti sono in realtà reduci dalle guerre libiche durante la primavera araba che portò al rovesciamento di Gheddafi. Sostengono di avere delle finalità democratiche e di lotta contro il terrorismo di Al Qaeda, con il quale sostengono che il governo centrale del Mali sia stato in qualche modo ‘compiacente’. L’ispirazione del movimento sarebbe anche di costruire uno stato laico. A parte queste rivendicazioni però, da quanto ne sappiamo la guerra civile seguita alla dichiarazione d’indipendenza ha portato i tuareg, promotori del laicismo, ad allearsi con alcune fazioni fondamentaliste legate al Gruppo Salafita per la Predicazione e il Combattimento, detto nel Maghreb islamico al-Qa’ida, per cui di fatto gli Ansar Dine e il Movimento di Liberazione Nazionale hanno proclamato nel 2012 un Consiglio di Transizione dello Stato Islamico Azawad, che si preoccupano di distruggere molte reliquie della tradizione Sufi e le tombe dei Marabutti, sapienti locali. L’iconoclastia Wahhabita di questi alleati pone in minoranza gli stessi Tuareg, che a quel punto si rivolgono alla Francia per chiedere aiuto contro gli stessi fondamentalisti che aveva avuto a fianco nella guerra civile. Da questo appello dei Tuareg è nata l’operazione Serval del 2013.
In conclusione possiamo dire che l’Africa Occidentale subsahariana è legata fin dalla nascita dell’Islam al commercio attraverso il deserto di oro, sale e schiavi. Sono questi regni a rendersi paradossalmente responsabili di fornire manodopera servile ai paesi del nord. I tre imperi che si alternano son tutti legati a questi fiorenti commerci. Non si può fare a meno di notare che l’ascesa dell’ultimo tra questi imperi, quello dei Songhai, avviene nel momento in cui ha inizio la tratta di schiavi per il nuovo mondo che tra Costa d’Avorio e Nigeria ha visto deportare milioni di persone. Mentre il Portogallo si impadroniva della Nigeria impiantandovi fabbriche e costruendovi porti dai quali far partire le navi, quella regione mantiene sostanzialmente l’indipendenza fino alla fine dell’800, quando viene conquistata dai Francesi. La mancata conquista di quelle regioni da parte dei primi eserciti coloniali ha tutto l’aspetto di un rapporto che tra queste realtà doveva essere già consolidato in quel tempo. Le enormi ricchezze commerciali, accompagnate dall’asperità dei territori, ha garantito a quegli stati una sostanziale indipendenza. Parliamo insomma di una classe dirigente che ha prosperato fra l’altro nella vendita di schiavi, nello sfruttamento delle miniere, nel controllo delle rotte commerciali, grazie al supporto militare dei pirati barbareschi, due realtà da sempre legate a doppio filo e da sempre in competizione per il controllo del territorio. Le rivoluzioni industriali e i nuovi assetti geopolitici portati dal colonialismo hanno mutato profondamente le istanze sul territorio, ma a quanto pare l’antico dissidio tra le regioni del sud, quelle nel bacino del Niger, e il deserto al nord, continua a far parlare di sé. Quel che dovremmo chiederci a questo punto è come si inseriscano in questo scacchiere locale le grandi potenze economiche e militari del mondo nello sfruttamento di un’area in cui fino alla spartizione dell’Africa i confini erano molto più labili di quanto non siano adesso.