La città degli schiavi Abeokuta. Olumo Rock.

La città degli schiavi

Storia di Olumo Rock. Abeokuta, Nigeria

Podcast a cura di Federico Berti

Abeokuta vuol dire letteralmente “Rifugio tra le rocce”. La città esiste ancora e si trova nella Nigeria sud-occidentale, a 266 km da Benin City e 123 km da Porto Novo. Originariamente si chiamava Oko Adagba, che voleva dire ‘Fattoria di Adagba’. La città è stata fondata nel 1830 da un cacciatore postosi alla guida dei profughi Egba in fuga dall’impero Oyo allora decadente. La città fu colonizzata dieci anni più tardi da missionari e creoli della Sierra Leone, che divennero in seguito importanti sia come religiosi che come uomini d’affari. Divenne capitale dell’Egba e collegamento nel commercio delle palme da olio tra Lagos e Ibadan. Nel conflitto col Dahomey venne armata dagli inglesi. A trentanni dalla sua fondazione, chiusero le rotte commerciali verso la costa per interrompere i rapporti con gli inglesi e cacciarono sia i missionari che i commercianti europei. Con le guerre civili Yoruba tra gli anni ’70 e la fine dell’800 si opposero a Ibadan e firmarono una nuova alleanza col governo britannico, che riconobbe formalmente l’indipendenza dell’Egba. Nel 1914 tuttavia il regno venne incorporato nel protettorato della Nigeria. L’imposizione delle tasse e la politica del governo ‘indiretto’ portarono a proteste nel 1918. Il problema era dato dal fatto che l’alake di Abeokuta, fino a quel momento ‘primus inter pares’ ovvero primo tra eguali in un complesso quadro di popoli confederati nell’utopia della città libera dalla schiavitù, venne di fatto promosso a leader supremo a danno degli altri leaders locali, creando un potere sempre più accentrato.

Olumo Rock è un affioramento di rocce granitiche di formazione primitiva, da cui la capitale dello stato di Abeokuta ha preso il nome; è anche una delle principali attrazioni turistiche della Nigeria, con un aspetto molto suggestivo.

Si trova proprio ad Abeokuta, è considerato un monumento nazionale poiché il cacciatore di nome Adagba, eroe eponimo della città, se ne servì come di una fortezza e così fece il popolo Egba che nel 1830. Era insediato proprio sotto la roccia durante le guerre con le città vicine. Il popolo è ancora molto legato a questo luogo, motivo di fede e coesione. Il punto più alto arriva a 137 metri sul livello del mare e vi è un albero di adunata bicentenario, oltre a una serie di grotte tutt’intorno che sono servite anch’esse da riparo. Il nome ‘Olumo’ deriva dal dio Orisa Olumo, che secondo la tradizione avrebbe liberato i primi abitanti della città dalla schiavitù, la città in effetti sorse intorno a questo luogo utilizzato come nascondiglio e poi come fortificazione durante le guerre con i Dahomey nell’800. L’ex presidente della Nigeria Olegun Abasanjo lo ha voluto trasformare in un sito turistico nel 1976. Sulla roccia vi sono gli statuti degli eroi Egba e simboli dei grandi guerrieri come Ilesha Abi Agbongbakala, Agaba, il grande cacciatore Okokenku, il primo sovrano supremo nella terra di Egba, e Jagun Jagun. A Olumo Rock è inoltre conservata la tomba del capo chiamato Osi Toko, che morì alla veneranda età di 122 anni nel 1956. Una donna, Sinatu Aduke Sanni conosciuta dal popolo come Iya Orisa, ha vissuto i suoi 133 anni abitando proprio nella roccia. Per qualificare il sito turistico (sottraendolo al suo rituale impiego) è stato costruito un ascensore e vi si trova ora un museo, un ristorante, un mercato in cui si vendono ai visitatori tessuti per cravatte e tinture. C’è anche una sorgente d’acqua. Il luogo in cui sorge la roccia è Abeokuta, capitale dello stato di Ogun, all’incrocio tra Ijemo Alape Road e Ita Bayinbo Street. Il sito si articola su tre livelli, lungo il percorso è possibile visitare anche la caverna della sacerdotessa del culto. Ogni anno al 5 Agosto, L’Alake di Egbalandia offre un sacrificio al santuario di Orisa Olum. La prima guida turistica al santuario è sepolta sulla montagna. C’è un luogo chiamato ‘Lisabi Garden’, dal nome di uno degli eroi morti nello Yorubaland che aveva proprio quel nome, in quel giardino si trova un albero con lunghi baccelli che emette un suono secco nel toccarlo e nello scuoterlo, da cui il nme di Panseke Tree. Un altro albero è chiamato Dongoyaro in quello stesso giardino, al quale sono attribuite proprietà medicinali. Vi si possono trovare ance gli Owo Eyo e manufatti in pietra che venivano realizzati nella grotta nel tempo antico. Al livello più alto del percorso, si può vedere tutt’intorno incluso il fiume Ogun, la Prima Chiesa della Nigeria la casa della famiglia di Abiola del tardo Moshood e la Moschea centrale. L’ascensore e le scale non si possono usare per raggiungere quell’ultimo livello, bisogna arrampicarsi su pietre e prendere degli stretti sentieri. L’acqua che gocciola dalla rocca si ritiene porti fortuna.

Nel 1922 Cannon Josiah Jesse Ransome-Kuti ha composto un inno per Olumo Rock, la sua musica si può ascoltare qui, incisa nel 1927.

E’ interessante soffermarsi sulla fgura di questo pastore nigeriano, nato nel 1855 e morto a 75 anni nel 1930, tre anni dopo questa registrazione, qui si può trovare un testo monografico su di lui. Era noto per aver composto inni cristiani sulla musica popolare della sua terra, in lingua Yoruba. Era nato proprio a Ignein, Abeokuta, nel pieno delle guerre contro i Dahomey, da una famiglia di origine Egba, anche i suoi genitori entrambe nati ad Abeokuta nei primissimi anni dopo la fondazione, perciò la sua testimonianza culturale e musicale è tanto importante. I nonni paterni erano nativi di Orile Igbein, nella foresta di Egba, ma furono tra i primi abitanti della città al momento della sua fondazione. Josiah fu battezzato nel 1859 all’età di quattro anni. Sua madre cristiana, il padre seguiva ancora gli dèi Yoruba e rifiutava non solo il cristianesimo, ma anche l’influenza europea a Abekuta. Non mancavano disaccordi in famiglia per la conversione della donna, ribattezzata Anne.Morto il padre, Kosiah fu allevato come un pio cristiano. Studiò alla Church Missionary Society Training Institution di Abeokuta, poi al Church Missionary Society Training Institute nel Lagos, 1871, quindi si avviò al mestiere dell’insegnante alla St. Peter’s School in Abeokuta, che poi lasciò per insegnare musica alla scuola femminile della società missionaria. Fondò la Chiesa di Gbagura, dove riuscì a ottenere molte conversioni traducendo inni gospel inglesi in canzoni gospel indigene. Divenne diacono nel 1895, due anni dopo fu ordinato sacerdote e contemporaneamente divenne anche giudice distrettuale dal 1902 al 1906. Nel 1911 era ormai parroco della Chiesa della Cattedrale di San Pietro, nel 1922 fu nominato canonico della Cattedrale di Cristo a Lagos e nel 1925 fu il primo nigeriano a pubblicare un album discografico, con la Zonophone Records. Sposò Bertha Erina Olubi, figlia del reverendo Daniel Olubi, ebbe tre figli da lei più altri cinque da relazioni diverse

Il popolo Egba

Il popolo Egba è un sottogruppo del popolo Yoruba, concentrato nella regione di Ogun e in modo particolare legato alla città di Abeokuta. L’origine di questo nome è discussa, chi sostiene che letteralmente sia traducibile con Vagabondi (o profughi) della foresta, in riferimento al fatto che molti fondatori di Abeokuta erano rifugiati nella foresta per scappare dai razziatori dei villaggi e dai mercanti di schiavi. La prima e più importante di queste serie di guerre intestine è stata quella scoppiata a seguito di un incidente al mercato di Apomu, ora nell’area del governo locale di Irewolede nello stato di Osun. Nel 1821, un uomo Owu che vendeva peperoni dispose la sua mercanzia in pile contenenti 200 peperoni ciascuna. Una donna Ijebu venne al mercato e ne comprò una pila. Non aveva contato subito il numero dei peperoni in quella pila, lo fece ritornando a casa e sostenne di averne trovati solo 199, quindi ne mancava uno. Tornò al mercato e chiese che le venisse restituito il peperone mancante ma il venditore si rifiutò di farlo. Scoppiò una lite, che degenerò in rissa tra i clan Owu e ljebu, con un morto e diversi feriti. Tornando a casa, raccontarono il fatto ai loro capo clan. Nel giro di pochi giorni scoppiò una guerra. Prima di questo incidente, gli stessi gruppi avevano combattuto per questioni legate al commercio degli schiavi, quello del peperone dunque fu solo un pretesto. A quel punto Ife, Ljebu e Oyo si unirono per cacciare gli Owo e qualche anno dopo gli eventi successivi a quella catastrofe portarono alla fondazione di Abeokuta. Le città di Egba furono vittime dei lupi rapaci e i sopravvissuti si rifugiarono nel luogo dove è poi sorta Abeokuta. Il terreno scelto era all’inizio il terreno agricolo di un contadino Itoko di nome Adagba. Rifugiatisi nella terra di quel contadino, tutti hannocontinuato a coltivare la terra, sia per la sussistenza, sia per il commercio del cotone, delle palme da noce e della cola. Alcuni praticavano la vendita itinerante dei prodotti locali, si unirono al primo villaggio artigiani, cacciatori, tamburini, tessitori e asciugatori, guaritori tradizionali e auguri o stregoni, Erano tutti molto religiosi, ma credevano in divinità diverse. Si specializzarono in un genere di poesia orale noto come Ege, che è sia musicale che filosofico nel contenuto e nella forma. I primi anni dalla fondazione della città furono molto difficili, vi furono difficoltà sociali, politiche, economiche. Era difficile scegliere i terreni appropriat da coltivare, elaborare le strategie di sopravvivenza anche in misura dell’immigrazione di nuovi rifugiati dal circondario, che avevano sempre bisogno di accoglienza e nei primi due anni dal loro arrivo avevano bisogno di tutto per potersi integrare e sopravvivere. Poi vi furono le guerre successive, nel 1832 la Guerra di Owiwi contro Ijebu Remo, nel 1834 la Battaglia di Arakanga contro il popolo Ibadan. Un’altra guerra fu necessaria nel 1842 per garantirsi via libera al transito per Lagos, dove acquistare le armi da fuoco. Vinsero la maggior parte di questi scontri, specialmente contro i feroci Dahomey. Akoodu, Ogundipe Alatise, Sokenu, Basorun Somoye, Olufakun, Agbo, Lumloye, Iyalode Tinubu, Majekodunmi e una miriade di altri

Gli Egbalugbo erano collegati a Egbaluwe o Egbalodo, che invece vorrebbe dire Vagabondi del fiume, che poi col tempo abbreviarono il nome in Egbado, altro sotto gruppo degli Yoruba. Un’altra teoria si rifà al titolo di un condottiero che guidò diversi gruppi Egba nel luogo da loro occupato attualmente. Il gruppo Egba si originò inizialmente all’interno dell’impero Oyo, con la dissoluzione di questo riuscì a emanciparsi e trovò rifugio sotto la roccia di Olumno, quartier generale e fortificazione che fu per loro fondamentale nella resistenza ai Dahomey, intorno alla quale costruirono la città di Abeokuta che vuol dire letteralmente Sotto la roccia. Durante il periodo coloniale il governo britannico riconobbe l’alake degli Egba come il signore Egbaland. Un altro nome di Abeokuta è Oko Adagba (Fattoria di Adagba) in riferimento al cacciatore che scopri Olumo Rock. Adagba andava in cerca di selvaggina della cittadina di Obantoko, dove si trovavano i suoi concittadini Itoko mentre vagavano. Egbaland era anche i luogo in cui viveva Henry Townsend ed anche la sede del primo giornale della Nigeria (Iwe Iroyin). Un altro nome di riferimento per Abeokuta dai padri fondatori è Oko Adagba (Fattoria di Adagba) in riferimento al cacciatore che scoprì Olumo Rock. Adagba andò a caccia alla ricerca di selvaggina dalla cittadina di Obantoko dove erano di stanza i suoi concittadini Itoko mentre vagavano per un insediamento. Poi si è imbattuto nella montagna. E’ stata anche la prima nazione nigeriana ad avere un proprio inno.

Iya Orisa, la donna di 131 anni che vive a Olumno Rock. In un recente viaggio ad Abeokuta, la capitale dello stato di Ogun, NAIJ.com ha scoperto una donna di 131 anni che ha vissuto sotto la famosa Olumno Rock per la maggior parte della sua vita.

Traduzione a cura di Federico Berti

Olumno Rock è un luogo molto frequentato dai turisti nell’Africa Occidentale, dove si nascosero molti indigeni durante una guerra civile nell’Ottocento. La roccia serviva da scudo per molti sopravvissuti, che si diceva fossero nascosti nelle caverne per fuggire dagli attacchi dei nemici. Alcune di queste persone ricavarono dei piccoli appartamenti nella roccia e crearono luoghi dove poter condurre le loro attività quotidiane senza dover scendere da quel luogo fortificato. Solo dopo la fine della guerra scesero per incontrare gli altri sopravvissuti alle brutalità di quel periodo. In un colloquio con i nostri corrispondenti, un’anziana donna donna si è presentata come Iya Orisa di Olumo (la dea madre) della roccia. Il referente Mrs Sinatu Aduke Sanni ci ha spiegato come è cresciuta sotto la roccia ed è stata testimone dell’incoronazione di ben quattro Alake di Egbaland, sempre nella ferma convinzione che il dio della roccia l’abbia protetta. Lei stessa officiò il rito dell’incoronazione consegnando le foglie dall’albero della vita ai re Egba. Sostiene di avere 131 anni e di essere nata nel 1885. Dice di aver passato la maggior parte della sua vita lì sopra, sebbene all’inizio non sia stato facile ma non c’erano altre possibilità che rimanere là fino alal fine della guerra. “Non eravamo spaventati dagli attacchi degli animali feroci allora, nonostante fossimo circondati dalla macchia. Siamo stati protetti dal dio della roccia, dalla quale noi possiamo avere tutto quello di cui abbiamo bisogno. Qualsiasi cosa tu possa desiderare nella tua vita non hai che da chiedere”. Iya Orisa vive nelle cavità della roccia, salirvi divenne relativamente facile con i gradini scavati nella roccia che l’aiutano. All’ingresso della sua casa, un cartello riporta l’iscrizione: “Santuario di Orisa Igun“.

La via di Orisha. Empowering your life with the ancient Africa Religion of Ifa. Prefazione del Dr. Afolabi Epega. Philip John Neimark. Free Pdf Ebook. Justine M. Cordwell, Ph.D. Maggio Museo Weber delle Arti Culturali Chicago, Illinois.

Traduzione a cura di Federico Berti

Molti tipi di religione si sono evoluti in Africa, alimentati dai saggi e le donne di quel continente. Alcune di queste credenze istituzionalizzate erano semplici, sviluppate da cacciatori e raccoglitori interessati solo marginalmente all’idea di un dio creatore lontano ma intimamente coinvolti con alcune divinità immediate che controllavano il venti e piogge e portarono selvaggina e un buon raccolto. . . o li trattenne a causa di disastri naturali. In alcune società africane, come quella degli Yoruba, le persone divennero orticoltori sedentari, sviluppando un surplus commerciale e classi di specialisti come tessitori, vasai, fabbri o fonditori di metalli. Proprio con il surplus economico è venuta a scvilupparsi una società gerarchica, il cui modello si rifletteva nella complessa religione di Ifa e nel pantheon degli dei del cielo e della terra che Ifa ha portato in essere. Nell’arco delle centinaia di anni in cui si è sviluppata, la religione ha assecondato la crescente complessità della società Yoruba. Molti dei vecchi saggi divennero sacerdoti delle divinità che un tempo avevano rappresentato forze naturali del cielo o della terra e avevano molti tratti comuni agli umani. In tempi più moderni queste divinità vennero a incarnare le caratteristiche dei governanti viventi e degli eroi della cultura; per esempio, Sango, dio del tuono, una volta era un Alafin di Oyo nella vita reale, il re secolare di tutto Yoruba. Non solo il popolo riconobbe un vastissimo pantheon di dei, supervisionato da Oludumare, il creatore, ma sviluppò un sistema di divinazione altamente complesso ma flessibile chiamato Ifa, dal nome della divinità che lo controlla. Questo sistema, evolvendosi con la completezza e la complessità tipiche yoruba da abbracciare ogni contingenza, è un meraviglioso miscuglio di inventiva umana e direttiva divina. La sua stessa flessibilità è straordinaria. Non è un dio che giudica, evitando quindi le trappole dei sistemi religiosi etici, che producono colpa. È un sistema che lascia piuttosto delle questioni etiche e preoccupazioni per il regno secolare. Più che la descrizione di una religione o l’analisi della sua iconografia, sempre che ve ne sia una, è importante capire la funzione che questa svolge nella società. Certamente questo è vero per la divinazione Ifa, sopravvissuta con successo almeno per 1.350 anni. La sua capacità di sopravvivere sembra risiedere nella sua flessibilità e nella sua adattabilità alle nuove circostanze. Cosa ancora più importante, la dottrina Ifa fornisce un cuscino pragmatico e psicologico contro le vicissitudini della vita. Per i primi yoruba c’era la minaccia sempre presente di siccità, inondazioni, venti, sole cocente e insetti, e gli invisibili nemici di batteri e virus che per secoli hanno portato via almeno tre bambini ogni cinque nati. Poi c’era il terrore del Passaggio di Mezzo, molti Yoruba furono venduti come schiavi dai vicini re Yoruba durante la guerra intestina della fine del diciottesimo e del diciannovesimo secolo. Coloro che sopravvissero per raggiungere il Nuovo Mondo rappresentarono tutte le specialità: sacerdoti, re, guerrieri, donne che erano capi di grandi mercati, scultori, tessitori, costruttori di case e ceramisti, solo per citarne alcuni. Accompagnati su navi fetide in condizioni indicibilmente orribili, questi africani portavano con sé un formidabile bagaglio culturale di abilità e conoscenza invisibile ai loro rapitori europei, e una religione che avrebbe potuto aiutarli a sopravvivere alle prove e ai rigori del loro nuovo vita. Quegli Yoruba che arrivano negli insediamenti spagnoli e portoghesi del Nuovo Mondo scoprirono presto di essere costretti a scegliere tra accettare la fede cattolica o ricevere punizioni più crudeli. Accettarono questa nuova religione che non capivano. I saggi babalawos (sacerdoti di Ifa) sopravvissuti al Passaggio di Mezzo e ai primi giorni della schiavitù devono aver presto capito che sarebbe stato necessario formare apprendisti per tramandare la religione yoruba e garantire la sopravvivenza sia degli umani che degli dei. La loro motivazione per la sopravvivenza di divinità che altrimenti non avrebbero potuto attraversare l’acqua era che lo spirito più importante fosse Ori, la testa, o meglio quello che era dentro la testa, e da lì sarebbero venuti tutti gli altri. Anche la divinazione ha viaggiato intatta. I miti vanno alla deriva e cambiano con l’immaginazione delle persone che li raccontano. Ma sempre più nel Nuovo Mondo, l’interpretazione della religione Yoruba e i suoi rituali, così come quelli di Ifa, divennero quasi codificato in un modo per nulla tipico dell’Africa, dove una varietà di interpretazioni locali si trovano ancora oggi. La divinazione Ifa è sopravvissuta abbastanza intatta perché in qualche modo funzionava. La sua efficacia non era solo nell’adeguatezza del suo verso, ma nel potere stesso della parola. Questo potere è condiviso da un’ampia gamma di tradizioni africane ed è sopravvissuto tra i popoli della diaspora del Nuovo Mondo. Parte sia della cultura religiosa che di quella secolare, è la convinzione che la parola parlata abbia un suo potere, che le parole possano essere spiritualmente potenti e assolvere anche la funzione di una medicina protettiva. Anche nel laico regno delle istituzioni politiche, parole ben dette possono possedere una sorta di potere sulle menti degli altri. Le canzoni di lode non sono state espresse per divinità capaci di rendere felici solo l’orisa (o le divinità), ma lo slancio del verso assume un potere proprio. (È interessante notare che nel Nuovo Mondo, sebbene i richiami dei tamburi agli dèi siano riconosciuti, la lingua tonale originale Yoruba, che può essere chiaramente compresa dagli spettatori come invocazioni o canti di lode, non viene utilizzata). Il tamburo che accompagna il canto delle canzoni rafforza il potere delle parole. Piccola meraviglia quindi che il potere attribuito al babalawo, e il rispetto che gli è stato accordato, non deriva solo dalla sua capacità di indovinare i messaggi e interpretarli con l’aiuto di Orunmila (dio della conoscenza) attraverso Ifa, ma dal suo assorbire e ricordare il repertorio dei tremila versi associati ai vari lanci della catena divinatoria. Al centro di questa religione Yoruba c’è il concetto di ase, il potere spirituale personale di un individuo, che cresce nel corso della vita attraverso un l’applicazione diligente della persona a compiere buone azioni, unita a un comportamento appropriato e calmo e al servizio agli dèi sotto forma di sacrificio. La reciprocità del servizio tra dèi e uomini è essenzialmente il dare forza, il rinnovamento dell’asi all’orisa attraverso sacrificio di sangue di animali designati come appartenenti a una divinità specifica. Divinità rinnovate e riconoscenti a loro volta benedicono i loro adoratori di supporto con l’aggiunta di ase. Le regole di questo amorevole sostegno tra umani e dei sono tutte note a quel padre di ogni conoscenza, il babalawo. Negli ultimi anni, la Religione (così com’era nota ai suoi devoti seguaci) ha subito un fenomenale aumento di popolarità e a metamorfosi negli Stati Uniti. La cosiddetta Santeria, il sincretismo della religione Yoruba originale e l’Ifa con il cattolicesimo, entrò negli Stati Uniti prima con i portoricani negli anni Quaranta e Cinquanta e poi con l’ondata di profughi cubani negli anni Sessanta. Profughi haitiani portarono il Vodun, un misto di divinità Yoruba, Fon e Hueda con Divinità e magia del Kongo. Molti praticanti sia di Vodun che di Santeria stanno ora cercando la religione di base Yoruba come loro leader sacerdotali scorporando i santi cattolici dall’orisa. Gli afro-americani che rifiutano questo sincretismo come compromesso per una religione degli schiavi, guardano al villaggio di Oyotunji vicino a Beaufort, nella Carolina del Sud, dove la cultura e la religione Yoruba sono ancora praticate. Anche se alcuni osservatori salutano questo rifiuto del sincretismo come un punto di raccolta per il nazionalismo nero, sembra che coloro che si recano al villaggio di Oyotunji per studiare la religione yoruba (e la sua pratica si è ora diffusa in altre parti degli Stati Uniti Stati), cercano di rivendicare la religione della forza interiore, pace e potere che uscirono dall’Africa con i loro antenati. Un altro gruppo in crescita di praticanti Ifa, di cui l’autore di questo volume è un leader, comprende membri di ogni razza e background culturale, proprio come vorrebbero gli Yoruba dell’Africa. I popoli insulari dei Caraibi che hanno portato la religione a Miami, New York e Chicago erano di origine sia africana che europea, a dimostrazione di quanto sia sbagliata la logica di chi sostiene che solo gli afro-discendenti possano far parte del culto dell’orisa e praticare o consultare la divinazione Ifa. Molti americani, disincantati con la religione giudaico-cristiana, cercano una religione di realizzazione personale, che dia loro un senso di valore personale e potere su i propri destini. Stanno scoprendo che Ifa permette loro di mantenere le loro realizzazioni materiali dando loro un senso di spiritualità proclamando che, se si liberano rigorosamente dal pensiero lineare, tutte le cose sono possibili. Philip Neimark ritiene che gli americani di oggi siano spiritualmente alla deriva come gli africani erano culturalmente alla deriva quando furono portati a le rive del Nuovo Mondo. In un senso molto reale, la sua è una personale odissea per scoprire il “perché” del successo di Ifa. Lungo la sua strada l’autore di questo libro ha svolto ricerche approfondite, con la guida di William R. Bascom, che ha scritto Ifa Divination e Sixteen Cowries, e da me. Il risultato, contenuto in questo volume, offre un vademecum per tutti nello studio della Religione. Il Dr. Afolabi Epega, la cui introduzione segue, è d’accordo su questo. Il cerchio ha fatto il giro completo, poiché il nonno di Epega iniziò William Bascom nella Ogboni Society in Nigeria, alla fine degli anni ’30 e William Bascom e Melville Herskovits hanno diretto il mio lavoro sul campo in Nigeria.

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