Otto e Barnelli two men band. Artisti di strada. Rivoluzione anni ’70
Otto e Barnelli
two men band
Il mondo alla rovescia
Tratto da F. Berti
“Gli artisti di strada
non sono mendicanti”
Con lo storico duo musicale di Otto e Barnelli, che rappresenta tuttora un punto di svolta nella cultura nazional-popolare italiana degli ultimi quarant’anni, entriamo nel teatro di strada non più attraverso una ricostruzione storica realizzata per il cinema. I due noti suonatori ambulanti han veramente esercitato il mestiere nelle piazze d’Europa, nonostante il successo mediatico ottenuto grazie alle trasmissioni di Renzo Arbore trent’anni fa. Non è solo finzione scenica.
Questa rubrica vuole mettere in evidenza i punti di forza sviluppati dai protagonisti, poiché il nostro obiettivo è dare agli artisti di strada del futuro le chiavi per costruire nuovi strumenti ottimizzando le risorse materiali e minimizzando l’impatto sulla salute. Nel parlare di Otto e Barnelli dunque non prenderemo in considerazione l’intero arco della loro lunghissima carriera, ma ci soffermeremo su quei particolari che rappresentano al meglio la rivoluzione culturale degli anni ’70, in cui affondano le radici di quel che è venuto dopo. Come ricordano i cantastorie fino al primo dopoguerra quel che portava all’aggregazione spontanea intorno a un artista di strada era prima di tutto il fatto che nel territorio lo conoscessero e si fidassero di lui. Con la stretta anti-libertaria del periodo Scelba e successivamente con l’incubo degli anni di piombo, le strade letteralmente si sono spopolate: un po’ la gente aveva paura, un po’ trovava (o credeva di trovare) nella televisione e nei giornali quel che prima si ricercava negli spazi aperti e nel contatto vivo con il prossimo, un po’ la forza pubblica interveniva ovunque si andasse consolidando un’assembramento di cittadini, per cui risultava quasi impossibile costruirsi un pubblico di affezionat. Otto e Barnelli iniziano la loro attività in quegli anni e rovesciano il problema, non richiamano il pubblico ma al contrario gli vanno incontro, addirittura quasi lo aggrediscono fisicamente, rompono tutti i luoghi comuni dello spettacolo viaggiante salendo e scendendo scale, marciapiedi, attraversando luoghi funzionali ad altre attività senza porsi il problema di raccogliere un ‘treppo’. Questo permette loro d’aggirare la legge sulla disciplina del suolo pubblico, trasportando in spalla tutti gli strumenti e non fermandosi nello stesso posto per più di qualche minuto di fatto non risultano sanzionabili: una rivoluzione copernicana, da quel momento nulla sarà più come prima. Dopo l’epurazione degli aspetti rituali e magico-religiosi avvenuta già al tempo di Totò e Walt Disney, s’è messa da parte la tradizione guardando al presente e al futuro in pieno accordo con la globalizzazione culturale in atto fin dagli anni ’60, in quella parte d”Europa ormai inquadrata nel blocco Nato. Se pensiamo che Otto è nato ad Hamelin, la città del Pifferaio Magico, ci rendiamo conto che un debito verso la tradizione è insito nell’idea stessa dello spettacolo di strada e lo ritroviamo di tanto in tanto nei campanelli che pendono dal cappello, nell’idea stessa della performance poli-strumentale; il contenuto è ora completamente moderno. In questa prospettiva il duo musicale di Otto e Barnelli esprime al meglio il sentimento di un’epoca, lasciando alle generazioni degli ultimi vent’anni un’eredità difficilmente valutabile se non si conosce la realtà com’era prima del loro folgorante successo (…)