L’oracolo pret a porter. Memorie d’un saltimbanco. Artisti di strada Ep.14
L’oracolo
pret a porter.
Commento musicale:
A. Togliani, “Non si compra la fortuna”
FAI PARTIRE LA MUSICA
COME IL SOLE
A MEZZOGIORNO
Le mura di Otranto svaporano all’orizzonte, è tutto un brulicare di turisti sembra un cartone animato, li vedi passeggiare distratti con quelle teste rotonde luccicanti come monete. Nel selvatico della piazza non vedo più cose, vedo funzioni. Dal passo li riconosco, negli occhi di qualcuno brilla un caffè una doccia lenzuola pulite. Risaliamo verso Brindisi, mattino presto colazione due passi in centro per conoscere meglio il terreno di gioco, poi tornando al carrozzone rimango senza fiato qualche interminabile secondo… Strumenti musicali costumi l’incasso d’una settimana, siamo usciti lasciando la porta aperta! Lui risponde come sempre in tono serafico, non più vivace d’un samurai all’ora del tè: “Stai ragionando come un impiegato di banca”. Dice. Entra nel suo camper, apre uno spiraglio qua e là per lasciar circolare l’aria, poi tira fuori da un cassetto fogli di carta, un paio di forbici, siede, inizia a ritagliare.
Ti preoccupi inutilmente, cosa vuoi mai ne facciano del tuo carretto? Guardalo bene sembra una cassa da morto all’inpiedi. Siamo seri, nessuno ruba in casa d’un saltimbanco, i ladri imparano a conoscerti in fretta delle volte fanno pure il servizio di sorveglianza, te lo ricordi quell’albanese a Barletta? Frattèalo, tranquìelo… Più pericoloso il turista, che però nei luoghi affollati non azzarda e comunque se tieni aperto non ti sfascia il vetro. Devi avere più fiducia nella vita. Mentre lui mi parla con l’entusiasmo d’un bradipo in meditazione trascendentale, sciolgo i nodi alle scarpe che pendono dallo specchietto retrovisore, asciutte e intirizzite dal sale che se le metti in terra camminano sui lacci. Il sale marino che rimane dentro la scarpa quando s’asciuga d’estate, fa bene ai piedi li tiene asciutti, disinfetta e impedisce la formazione di funghi, per pochi giorni s’intende, solo quando sei al mare. Poi le lavi per bene, o ne compri delle nuove. Frugo nello zaino, prendo la mia cartellina degli appunti, saluto. Ognuno si dedica alle sue faccende.
UNA STATUA VIVENTE
Il mio compagno di viaggio è una specie di finanziere travestito, un ebreo sefardita convertito a un personale sincretismo di Budda e Castaneda, con un fiuto speciale per gli affari; per tanti anni ha gestito un’edicola di giornali, scriveva su prestigiose riviste new-age, poi con la crisi dell’editoria pensò bene di vendere tutto e darsi ad attività più redditizie. Lavora solo da maggio a ottobre, se a fine serata non ha raccolto almeno trecentomila lire la considera persa; va in banca ogni sei o sette giorni, il denaro lo tiene dentro il veicolo. Aperto. Quasi tutti biglietti da mille.
Non è una di quelle finte statue colla maschera del faraone seduta col bambino in braccio, no lui ti guarda negli occhi è capace di non battere le palpebre un quarto d’ora di seguito. Senza una lacrima, senza un tremito. Per questo la gente si ferma, la sua ostinazione è seconda solo alla reale immobilità di cui riesce a dare prova, talmente perfetto da suscitare in qualcuno un sadismo incontenibile, dal solletico sotto le ascelle all’accendino sotto il mento. L’unica volta che s’è mosso, fu quando gli portarono via il cestino col denaro. Da allora, se l’è legato al piede come un cagnolino. Ricambia le offerte con bigliettini quadrati più o meno grandi come un francobollo, dopo averli scritti a mano li fotocopia e poi li ritaglia, praticamente a costo zero. Ognuno corrisponde a un esagramma dell’I King con tanto di spiegazione, sul retro i numeri da giocare al lotto; non sa dei pianetini che una volta davano via i cantastorie, semplicemente qualcuno gli ha chiesto i numeri e lui pronto, il cliente ha sempre ragione.
Tre, quattro ore immobile davanti a un centinaio di persone che lo guardano mentre non fa assolutamente nulla, con due soli costumi per il cambio in pochi anni s’è comprato casa. Un oracolo pret a porter, non cammina sui tizzoni ardenti, non si frusta col gatto a nove code, no lui sta immobile, intorno può succedergli qualsiasi cosa rimane impassibile come un brahmino, o come un pagliaccio che fa il bilancino; in realtà ho sempre avuto il sospetto che quella calma, quella pace interiore apparente, fossero dovute più alla cannabis che alla meditazione… Ma questa è un’altra storia, dovremo raccontarla più avanti.