Notazione musicale ‘Midi oriented’. Vantaggi e criticità.
Notazione musicale
‘Midi oriented’
Vantaggi e criticità
Articolo di Federico Berti
Il tema di cui parleremo oggi mi è stato segnalato da diversi colleghi musicisti e trattarlo in modo approfondito può essere d’aiuto, magari insieme possiamo sciogliere qualche luogo comune e riflettere s’un problema quanto mai importante proprio nel tempo in cui saper scrivere e leggere la musica distingue il compositore dall’orecchiante che ‘assembla’ pezzi come alla catena di montaggio in fabbrica. In primo luogo, cosa intendiamo per notazione Midi oriented? Qualcuno forse ha in mente quelle strane configurazioni di note che appaiono quando si tenta di aprire un file midi all’interno di un programma per la notazione musicale. No, non è quello che s’intende. Se apriamo un midi per stamparlo o per modificarlo, il software deve fare un lavoro di conversione del segnale digitale in scrittura musicale, cosa non sempre facile per una macchina che comportandosi in modo meccanico, può incorrere in numerosi errori. Specialmente quando il suono non è stato codificato a partire da note scritte, ma suonando in tempo reale una tastiera, o altro strumento dotato della necessaria interfaccia, può capitare che una nota non abbia esattamente la durata di un quarto ma presenti valori fluttuanti che il calcolatore poi tende a dividere in modo controintuitivo; per non parlare degli accenti, delle articolazioni, degli abbellimenti e via discorrendo.
In altre parole quando vogliamo aprire un file midi nel nostro editor di notazione musicale, sappiamo già che dovremo riscriverlo di sana pianta, per poterlo digitalizzare. Procedimento senz’altro scomodo, ma per notazione Midi oriented non s’intende questo: vuol essere piuttosto una scrittura del brano musicale che tenga conto della prassi esecutiva nel modo più dettagliato possibile, usando tutti i segni che il linguaggio della scrittura musicale ci mette a disposizione, in modo tale da indicare all’elaboratore del midi in che modo quella musica vada interpretata e riprodotta: se infatti per un suonatore umano può essere tutto sommato sufficiente scrivere un generico ‘Rallenta’, in accollatura al pentagramma, il computer non è in grado di eseguire questo comando così come lo farebbe l’interprete in carne e ossa, bisogna proprio comunicargli nota per nota la variazione dei battiti per minuto sul metronomo.
Un esempio di quanto detto è la notazione tipica di uno spartito per chitarra, sul quale normalmente indichiamo le note che compongono l’accordo e la sigla corrispondente, più raramente il segno delle note puntate o staccate in un riff, lo stesso bending viene per lo più segnalato come un ‘glissato’, la pennata con una minimale freccia verso l’alto sulla colonna di note che forma l’accordo. Questo tipo di scrittura non mi spiega che tipo di pennata abbia in mente l’autore, e questo in effetti è un limite. Probabilmente, se Mozart avesse adottato una scrittura midi oriented della sua musica, avremmo un’idea assai meno composta della sua poetica musicale. Possiamo ricavarne in parte qualche informazione dalla ricerca storica, più che altro indicazioni sparse, ma non uno sguardo d’insieme dettagliato su come l’autore desiderava realmente che quel brano venisse eseguito. Certo questo potrebbe essere per noi un falso problema, in fondo il bello della musica sta proprio nell’interpretazione data da ogni esecutore, il quale non eseguirà mai lo stesso passaggio due volte allo stesso identico modo. Sapere però come l’autore la pensava sulla prassi esecutiva della sua composizione, può essere utile a fare delle scelte più consapevoli nell’interpretazione: la scrittura dettagliata degli accenti, le note di un quarto che durano in realtà 0,875 quarti o addirittura 0,9375 quarti, o la pennata di un accordo che dura 1/32 puntato con l’accento e l’arpeggio, sono evidentemente note impossibili da eseguire esattamente in quel modo e anche un bel po’ scomode da leggere, ma quando impariamo a farci l’occhio riescono a comunicare in modo più chiaro che tipo di movimento l’autore avesse in testa quando ha scritto quelle parti.
Per chiarire meglio quanto detto basti pensare alla musica popolare, al folklore e alle tradizioni per il ballo: gran parte delle conoscenze relative alla prassi esecutiva sono state trasmesse per secoli oralmente da un maestro a pochi allievi e dunque non ci sono arrivate così come dovevano essere praticate allora. Ne sappiamo qualcosa dal lavoro dei folkloristi e degli etnografi che hanno avuto modo di registrare il suono fisico degli ultimi esecutori a loro contemporanei, ma ovviamente il supporto sonoro non può essere precedente l’epoca di Bartock e Kodaly, quando venne inventata quel tipo di tecnologia. Anche ascoltando un suonatore da ballo contemporaneo vi sono aspetti della prassi esecutiva che talvolta sfuggono, si pensi alla fisarmonica di Carlo Venturi: per trascriverne la prassi reale sullo strumento è necessario talvolta rallentare la riproduzione dell’audio , poiché vi sono passaggi quasi impossibili da cogliere ‘a orecchio’ senza i quali (o se eseguiti in modo anche leggermente diverso), non si ottiene lo stesso risultato né all’ascolto, né al ballo. Mi è capitato diverse volte di trascrivere notazioni particolarmente elaborate per suonatori che non riuscivano ad afferrare alcuni passaggi, con questo non intendo dire che si debba suonare sempre la musica esattamente com’è stata scritta, o che la notazione midi oriented serva a creare tanti piccoli automi che riproducono la stessa cosa come se fossero delle macchine, ma che una notazione realmente dettagliata possa comunicare al suonatore informazioni utili, apprese correttamente le quali potrà farsi un’idea più consapevole del taglio personale da dare alla propria interpretazione.
Va da sé che una notazione ‘midi oriented’ può essere apparentemente ostica da leggersi al momento dell’esecuzione, mi è stato comunicato ad esempio da un insegnante di mandolino la metafora del bosco che non si riesce a vedere a causa degli alberi troppo fitti per lasciar passare lo sguardo: troppa informazione, nessuna informazione. Anche questo è vero, e rappresenta forse la criticità più evidente in questo sistema di notazione. Due però sono le considerazioni da fare a riguardo. La prima è che ogni suonatore è libero di rielaborare la musica come preferisce e trascriverla nello stile a lui più congeniale: una volta trasmessa l’informazione necessaria, si può selezionare quel che a noi interessa e intervenire sullo spartito aprendolo normalmente nel nostro programma di notazione musicale. La seconda osservazione da farsi è che gli elementi critici in uno spartito sono generalmente pochi e ricorrenti sempre nella stessa forma, con lo stesso aspetto visivo: dopo aver letto una sequenza che descrive la pennata di un accordo leggermente anticipato sul tempo, ogni volta che la ritroveremo nel pentagramma saremo in grado di riconoscerla a vista senza doverla ogni volta solfeggiare prima. Così avviene per quelle note che anziché durare 1/4 vediamo rappresentate da 1/8 con due punti di estensione e pausa di 1/32: diventa come una sorta di ‘glifo’ ricorrente. Sapremo allora che l’autore vuole suggerirci una nota non proprio staccata, né proprio legata, ma una via di mezzo.
Detto questo, la scrittura midi oriented presenta un secondo, notevole vantaggio: essendo riproducibile in modo abbastanza fedele da un sequencer midi, risulta comprensibile anche a chi non conosce e non pratica la notazione musicale, poiché allo spartito in forma scritta affianca l’audio e talvolta la sequenza video che permette di seguire la notazione in tempo reale. Questo tipo di procedimento è di particolare utilità quando si vogliano trascrivere dei brani per strumenti diversi da quelli per cui erano stati pensati originariamente, ad esempio una composizione per clarinetto eseguita da un mandolino dovrà adottare degli accorgimenti particolari data la diversa dinamica del suono: continuo, quello dello strumento a fiato, pizzicato quello del cordofono. Ne sappiamo qualcosa dalla storia della musica barocca, quando il clavicembalo, strumento a corde pizzicate, doveva eseguire parti originariamente pensate per gli strumenti ad arco o a fiato.
Concludendo, la notazione midi oriented consente di promuovere un brano musicale indipendentemente dall’autore che lo ha composto e dall’organico per cui lo aveva pensato, prima ancora di affidare le parti a dei musicisti in carne e ossa affinché le eseguano fisicamente: questo non vuol dire che la musica eseguita da una macchina possa rendere non indispensabile un esecutore umano, sarebbe un paradosso o peggio, una vera bestemmia. Vuol dire semmai che possiamo ascoltare le nostre composizioni in tempo reale e sottoporle a un primo riscontro da parte del pubblico, per poter scegliere solo in seconda battuta quali fra quei brani musicali meriti l’incisione con strumenti veri. Ma vuol dire anche dare al musicista informazioni più dettagliate sull’idea che noi abbiamo di quel brano, risparmiandogli moltissimo tempo nella fase di studio ed evitando altrettante incomprensioni in sala d’incisione, dove il ‘tassametro’ corre sempre più veloce di quanto vorremmo.