Nicola il caldarrostaio all’angolo dl’imbezél
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Nicola il Caldarrostaio
Nota di Federico Berti
Un altro personaggio di cui si parla molto a Bologna, divenuto col tempo iconico e quasi leggendario, è Nicola il Caldarrostaio. Dal 1970, con il suo braciere ardente all’angolo tra via Rizzoli e il Pavaglione – detto da alcuni l’angolo dl’imbezél (o in lingua dei cretini) perché in passato, prima della roboante motorizzazione del centro storico, era il ritrovo di giovani più o meno sfaccendati che si fermavano a lungo lì per lanciare poco garbati ‘cat calling‘ alle ragazze di passaggio.
La vendita di caldarroste per la strada è legata alla quasi millenaria cultura detta ‘del castagno’ in Appennino; si consideravano un ‘pane dei poveri’, venivano arrostite (da cui rosti) nei bracieri lungo le strade e vendute ai passanti, soprattutto nei mesi freddi. Nicola ha iniziato questa attività nel 1970, anche se prima di lui si ricordano altri due protagonisti memorabili, sempre a Bologna: Napoleone, un caldarrostaio storico ricordato ancora oggi da molti bolognesi, e dopo di lui Tony, col suo immancabile canto di guerra: Solo da Tony i buoni maroni.
Il banchetto di Nicola è sempre lì, ogni autunno e inverno, col profumo delle castagne che ti viene a cercare sotto i portici.
Per chi lo conosce, ogni sacchetto, servito con il caratteristico doppio involucro per raccogliere le bucce e non sporcare la città, è un cerimoniale di chiacchiere, storie, un personaggio insomma, un narratore di strada. Il suo braciere non teme pioggia, neve e vento, lui resiste a tutto, incrollabile come un piccolo gigante.
Alcuni, diciamolo pure, lo chiamano il gioielliere, per i prezzi non proprio popolari, ma tutti riconoscono la qualità del suo prodotto. Le sue castagne provengono da Castel del Rio, sono tutti daccordo sulla qualità del prodotto e sul fatto che sia stato eletto dai bolognesi a rappresentante di una tradizione, nell’epoca in cui lo street food si evolve e cambia.
Non potevano mancare nemmeno sul suo conto, le leggende, qualcuno è convinto che abbia accumulato una fortuna grazie alla sua attività, ma onestamente non sono sicuro che l’appellativo del più ricco di Bologna o del milionario sia da intendersi in senso strettamente pecuniario. Tuttavia lo sappiamo come vanno le cose, la realtà si mescola al mito e vattelappesca. Certo è che il suo lavoro, portato avanti direi quasi con ‘ostinazione’ per oltre cinquant’anni, gli ha garantito una menzione d’onore nella storia popolare del bolognese