Se ne fa un gran parlare di questo, molte donne esprimono curiosità a riguardo e i motori di ricerca fanno letteralmente schizzare in alto le parole chiave corrispondenti, col risultato che le agenzie dei copywriters pagano una miseria qualsiasi dilettante capace di mettere insieme un migliaio di battute dopo aver ricercato le prime due pagine di Youtube. Purtroppo in questo modo si ottiene una replicazione infinita del nulla. Il luogo comune più diffuso è che si debbano mettere le cuffie sul ventre materno trasmettendo musica rilassante, al limite del narcotico, per calmare il feto. Nei primi tre mesi per carità solo Mozart, Schubert e Debussy, evitare come la peste Beethoven e Stravinsky: rullo di tamburi e dissonanze inquietanti potrebbero agitarlo, non parliamo poi del rock o del blues. La musica deve soltanto rilassare. A questo scopo si possono scaricare ovviamente delle playlist con monotoni arpeggi di pianoforte, lo strumento più consigliato nella musica in gravidanza. In realtà la questione è molto più complessa di come talvolta la si vuole far passare.
Il disagio della civiltà.
Senz’altro la vita frenetica e l’ansia da prestazione che la società moderna impone, obbligando le famiglie a ritmi da capogiro sia attraverso lo sfruttamento insensato delle risorse umane sul lavoro, sia con l’agenda-setting del tempo libero che sta diventando sempre più un terreno di competizione per l’industria culturale, produce un disagio che è parte stessa della nostra vita. L’esigenza di ritrovare l’intimità con sé stessi, ascoltando una musica che non mette in discussione il senso critico ma si limita ad assecondare il battito cardiaco, cullando l’ascoltatore con suoni piacevoli, arpeggi armoniosi e ritmi regolari, è conseguenza della vita alienante che ognuno di noi conduce e influenza anche l’ascolto della musica in gravidanza. Non è tuttavia serenità profonda quella che s’ottiene in questo modo, ma un’induzione ipnotica: se pensiamo alle ninne nanne è vivo ancora il luogo comune che debbano essere mormorate con un fil di voce all’orecchio della malcapitata vittima, quando nella vita reale venivano letteralmente urlate accompagnandosi con movimenti inconsulti e sbattere di sedie, cantando il senso di oppressione in cui la donna viveva ogni giorno: trasmettendolo al bambino, lo si preparava a un futuro tutt’altro che rose e fiori.
Non solo suggestione.
Abituare fin dalla gravidanza il bambino a un atteggiamento passivo e consolatorio rispetto alla musica può renderlo poco reattivo nella vita. Per questo motivo, l’ascolto di brani circolari e rassicuranti dovrebbe essere sempre alternato a composizioni il più possibile diverse tra loro, la variazione stessa innalza il livello d’attenzione e stimola quello che un giorno diventerà senso critico. Non bisogna mentire. Se in famiglia si ascolta musica rock è bene che il nascituro partecipi fin da subito a quel tipo di sonorità, anche se avremo cura di abbassare il volume per non danneggiargli l’apparato uditivo. Un aspetto poco ricordato rispetto all’ascolto di musica in gravidanza è che nella fase di gestazione il rapporto col suono musicale è mediato dalla simbiosi con il corpo materno, in altre parole il feto percepisce anche la reazione istintiva dell’ambiente in cui vive: se un brano dei Depeche Mode ricorda alla coppia il primo bacio che si sono dati in discoteca, anche il sentimento collegato verrà in parte condiviso. In barba a Mozart e Chopin.
Non solo ascolto
Nei molti consigli a vuoto che riverberano tra le cavernose pareti del Web, colpisce notare che nessuno mai suggerisce al genitore di partecipare attivamente alla musica in gravidanza, di produrla in prima persona o di reagirvi attraverso il ballo; eppure l’effetto più potente sul bambino si ottiene proprio quando il suono musicale vien da dentro, non si configura soltanto come stimolo esterno. In ogni famiglia si dovrebbe cantare abitualmente senza amplificatore o microfono, senza l’accompagnamento, preoccupandosi non tanto dell’impostazione vocale o dell’intonazione ma dell’atteggiamento interiore con cui si prende parte alla condivisione. Più che sussurrare una vaga melodia nell’isolamento della camera da letto cercheremo la partecipazione del vicinato, dei parenti, degli amici, trovandoci insieme a loro per trascorrere un momento in sintonia. Questo può essere ben poco rilassante se il contenuto d’una canzone è drammatico o se il corpo della madre si muove energicamente, ma non è il rilassamento fine a sé stesso che dobbiamo cercare: benvenuta la musica popolare, il canto di protesta, se questo produce aggregazione; sentendosi la famiglia parte d’un gruppo, il bambino saprà in cuor suo d’essere atteso da un ‘qualcosa’ che non sa ancora cos’è, ma che suona bene.
La nostra musica preferita.
Concludendo, come s’è detto altrove rispetto alla narrazione delle fiabe, così anche il suono musicale non serve solo a rilassare, addormentare, narcotizzare, semmai rappresenta uno strumento per esprimere la vitalità della famiglia inserita in un contesto allargato, parte di una società. L’ascolto di musica in gravidanza dovrebbe rispecchiare il rapporto che in quell’ambiente sociale si sviluppa con la pratica musicale e con la ritualità aggregativa che questa comporta; se il feto non può capire il significato delle parole, l’emozione che queste suscitano nel corpo e nella mente del genitore, ma anche l’effetto sullo stato d’animo nel gruppo, vengono percepiti nell’utero materno. Si raccomanda perciò di alternare le emozioni per dare all’ascolto la massima varietà senza tralasciare nulla, non mentirgli fin da subito. Prepariamolo alla vita! Ascoltiamo (e interpretiamo) la nostra musica preferita, sarà quella che lo accompagnerà nei primi anni della sua esistenza.