Multipotenziale o multipolare? Memoria, conoscenza e formazione
Multipotenziale o multipolare?
Memoria, conoscenza e formazione.
Articolo di Federico Berti
Al concetto di multipotenziale, inteso come individuo con potenzialità inespresse in diversi ambiti di cui non è ancora consapevole, preferiamo quello di multipolare, inteso come individuo che persegue la conoscenza nelle sue molteplici manifestazioni, nella varietà delle prospettive e dei percorsi di apprendimento, sacrificando il successo immediato nella produttività all’accrescimento del sapere e all’integrazione delle competenze in diversi ambiti di ricerca. Risorse e criticità di un approccio indiziario, interdisciplinare e poliedrico, all’amore per la conoscenza.
Multipotenziale e Multipolare
Molti si chiedono se praticare diverse discipline, acquisire competenze in ambiti differenti, impegnarsi a vario titolo in settori apparentemente scollegati, non sia un modo per disperdere le energie diminuendo la profondità dell’apprendimento e per conseguenza, la qualità del risultato nelle cose che facciamo. Aprire molti progetti portandoli avanti in parallelo, esercitare più arti o mestieri contemporaneamente, è opinione comune che possa a lungo andare confondere, disorientare, portare all’esaurimento. Per rispondere a questa domanda, dobbiamo affrontare a monte la controversia intorno al concetto di multipolarità della conoscenza o come taluni preferiscono chiamarla, multipotenzialità, argomento su cui non mancano accesi dibattiti e illazioni mistificatorie. Quando parliamo infatti di ‘potenziale’, non stiamo pensando a poteri straordinari della mente, ma a qualcosa che dentro di noi è in potenza e dev’essere ancora posta in atto. Se ad esempio non tutti sono portati per studiare le lingue a un livello approfondito, è pur vero che in realtà ciascuno di noi, quando si trovasse nella condizione di doversi far capire da qualcuno vivendo in un paese a lui straniero, sarebbe comunque obbligato a studiare una nuova lingua padroneggiandola anche solo a un livello non avanzato. In questo senso, possediamo dire che ognuno di noi possiede in sé molte potenzialità inespresse di cui non è consapevole. Preferisco usare il termine ‘multipolare’, perché indica proprio il momento in cui il potenziale viene posto in atto, perseguendo la conoscenza nelle sue molteplici manifestazioni. E’ una parola composta dall’idea di molteplicità e da quella di polarizzazione, che in senso figurato indica una prassi di comportamento basata su più poli o sfere d’influenza, opposta in genere al modello bipolare. In questo senso, parleremo d’interesse multipolare per definire una ricerca che muove in diverse direzioni, motivata da più poli d’attrazione e sfere d’influenza.
Se infatti per l’uomo di scienza contemporaneo la settorialità del sapere tende a procedere per classificazioni e distinzioni che possono irrigidire talvolta in compartimenti paradigmatici, all’occhio del filosofo ogni ambito della conoscenza è intimamente collegato agli altri da una quantità infinita di valenze che riconducono tutte le materie di studio a una stessa disciplina, l’amore per la conoscenza. Giordano Bruno aveva trattato la multipolarità del reale nel suo capolavoro sull’arte della memoria dove sostenne che ogni idea fosse contenuta in tutte le altre e che l’insieme delle idee emanassero da un’idea più grande, primordiale, la natura inconoscibile. Alla visione mistica del filosofo di Nola, il laicismo di Feuerbach verrà due secoli più tardi a opporre una tesi ancora più radicale secondo cui persino l’idea di Dio, se posta sotto la luce del materialismo dialettico, può essere contenuta a sua volta in un’idea più grande, quella dell’uomo che l’ha prodotta. Ogni pensiero può essere dunque allo stesso tempo contenitore e contenuto di altri pensieri. Date queste premesse potremmo avanzare una prima ipotesi, che l’eventuale dispersione degli interessi nel soggetto multipotenziale non avvenga al livello di un approccio più meno settoriale alla conoscenza, ma al livello dell’intelletto che crea le connessioni tra cose solo apparentemente scollegate fra loro. Per dirla con parole più semplici, fino al secolo dei lumi non sarebbe stato concepibile un pittore che non si intendesse di mitologia, teologia, botanica, astronomia, architettura, musica, filosofia, chimica, anatomia. Non solo il genio di Leonardo ma anche quello di Michelangelo, Botticelli e di tutti gli altri pittori, scultori, architetti che hanno fatto la storia dell’arte. Possiamo dire lo stesso di musicisti, attori, poeti, filosofi, letterati, si pensi all’autore dell’Orlando Furioso, militare, stratega, diplomatico, che passava dall’organizzazione dell’esercito a quella di eventi, concerti, spettacoli e non ultimo, all’insegnamento. Abilità che richiedono una formazione in diversi campi e su vari argomenti. Il visionario poeta della Divina Commedia fu nello stesso tempo banchiere, politico, soldato, amministratore pubblico e privato, filosofo, linguista, teologo, astrologo, poeta satirico e per un certo tempo, vagabondo, mendicante, profugo. L’idea stessa del ‘multiforme ingegno’ attribuita da Omero al suo Ulisse, è tra i fondamenti della filosofia: la conoscenza è sempre multipolare.
Settorialità e alienazione
Il primo a formulare il concetto di multipotenziale è stato Friederickson nella seconda metà del Novecento, con riferimento ad alcune persone che in contesti appropriati possono selezionare diverse competenze ad alto livello, definizione che l’autore sviluppò in opposizione al principio della specializzazione secondo cui la conoscenza deve seguire interessi focalizzati su temi, discipline, argomenti specifici. Ognuno deve specializzarsi in un campo settoriale e su quello basare una formazione ‘spendibile’ anche nel mondo del lavoro, secondo la logica di una divisione esasperata dei compiti e delle responsabilità che ha trovato nella Rivoluzione Industriale una giustificazione teorica e un motore di sviluppo. Conosciamo bene l’argomento dagli studi di Marx ed Engels sull’alienazione che questo processo ha indotto nelle grandi masse dei lavoratori e degli intellettuali, prima di allora lo sviluppo di competenze in vari settori e argomenti si considerava al contrario un’esigenza comune a ogni livello, dal più umile dei contadini ai salotti culturali dell’alta società. La si dava quasi per scontata. Friederickson parla di menti multipotenziali in riferimento a coloro che opponendosi al principio della settorialità e della specializzazione, perseguono una formazione organica del proprio intelletto e delle proprie abilità, sacrificando il successo immediato all’accrescimento del sapere. Negli anni ’90 Barbara Kerr parlò di multipotenzialità come un fenomeno caratterizzato dalla tendenza a sviluppare e progredire in diverse carriere professionali per molteplicità di interessi, talenti, abilità, atteggiamento che in alcuni soggetti può comportare difficoltà di adattamento, scelte contraddittorie o tardive, malcontento, insoddisfazione dei risultati. Vent’anni più tardi si è venuto a sviluppare e consolidare un vero e proprio movimento, con tanto di personal trainers. E’ tuttavia radicata nel pregiudizio di molte persone l’idea che il multipotenziale sia un individuo fuori dall’ordinario, dotato di un’intelligenza superiore alla media e con problemi di adattamento a una società che richiede al contrario una sempre maggiore specializzazione. Maestro di niente, perso nella costante ricerca di un qualcosa che non riesce a trovare, abile in molte cose ma incapace di sviluppare un tema in profondità. In ogni caso un individuo speciale, sia nel senso positivo che in quello negativo: le persone ‘normali’ sono quelle che si adattano alla leopardiana siepe che il guardo esclude, lasciandosi incanalare nel flusso della settorialità. Si parla ancora poco di quell’apertura mentale che ognuno di noi può sviluppare indipendentemente dal fatto di essere più o meno intelligente, più o meno dotato intellettualmente, è su questo problema che dovremmo concentrarci per sviluppare tutte le abilità di cui sentiamo bisogno nella vita. La meditazione può aiutarci anche a far emergere le domande che servono a orientare le nostre scelte in questo labirinto. Non solo potenziare ma anche armonizzare, ottimizzare le risorse di cui la nostra mente ha bisogno per ragionare. L’ars reminiscendi porta a sviluppare un approccio multipolare alla conoscenza e alla formazione personale.
Curve di apprendimento e integrazione
Per poter intraprendere questo percorso dobbiamo prima di tutto familiarizzare con la dinamica delle curve di apprendimento, sempre diverse da un individuo all’altro. Nell’intraprendere la formazione in un argomento o in una disciplina sconosciuta, all’inizio la progressione è lenta e faticosa, poi cresce più rapidamente con l’esperienza fino a raggiungere in modo abbastanza rapido un livello di competenza medio, per poi decrescere nuovamente nel successivo perfezionamento. Se insisteremo nell’approfondire quell’ambito di studi, ulteriori progressi avranno luogo con sempre maggiore difficoltà e richiederanno un impegno superiore, ma se sceglieremo di rivolgere la nostra attenzione a nuovi interessi (senza abbandonare i precedenti), la curva seguirà in ogni campo una difficoltà iniziale nell’avviamento seguita da rapida crescita e stabilizzazione. In buona sostanza, l’ansia di arrivare primi in una sola disciplina, può precludere la gioia di qualificarsi in molte altre e il beneficio che ricaveremmo dalla scoperta dei nuovi orizzonti che queste aprono ai nostri occhi. Man mano che intraprendiamo nuovi percorsi di studio, le esperienze precedenti supporteranno quelle successive agevolando il processo di apprendimentotout court, questo agevolerà la mente anche nella fase del perfezionamento in ciascuna delle discipline, rendendo tutt’altro che superficiale il nostro approccio alla realtà.
Per poter fare questo dobbiamo tuttavia sviluppare una memoria tale da consentirci di mantenere il controllo sui vari processi di apprendimento in corso, armonizzando tutte le conoscenze nella nostra enciclopedia personale. E’ importante inoltre che le scelte di campo non siano impulsive ma seguano la logica della reciprocità, che ogni nuova ricerca tragga impulso dalle precedenti e che l’insieme dei percorsi riconduca sempre alla nostra formazione complessiva, in modo tale che le risposte convergano a soddisfare dubbi, aspettative, domande, ogni nuovo campo con cui ci confrontiamo deve integrarsi e supportare gli altri. La criticità del sistema è nella determinazione degli obiettivi, nella pianificazione del lavoro per conseguirli e nel rischio di perdersi, correndo dietro a fantasmi, chimere, sogni irrealizzabili, sviluppando competenze che non siamo in grado di armonizzare. Ma questo è un altro problema, che non riguarda più la multipolarità del sapere, bensì la consapevolezza delle scelte che compiamo nella vita. Nel tempo del ricordo possiamo dedicarci alla meditazione sugli obiettivi selezionando le abilità di cui riteniamo avere bisogno per conseguirli, alle quali dedicheremo ogni giorno il tempo necessario a raggiungere in ciascuna di esse un livello di competenza medio e affrontando ogni volta un settore nuovo, continuando a mettere in pratica quanto abbiamo imparato in precedenza per non dimenticarlo. L’arte della reminiscenza ha un ruolo determinante in questo percorso, perché ogni competenza venga sorretta da un solido schema mentale e perché ognuno degli schemi possa integrarsi agli altri edificando in noi quartieri sempre più vasti, addentrarsi nei quali sia prima di tutto piacevole. Questo è l’aspetto forse più importante: non trascurare il godimento che la ricerca deve procurare, poiché nel dare ascolto ai nostri interessi, nel soddisfare le curiosità, nel seguire l’istinto o in parole più semplici, nel fare quello che davvero ci piace nella vita, il carico di lavoro sulla mente sarà alleggerito dal piacere che proveremo a ogni nuova scoperta e dalla sempre maggior facilità con cui svilupperemo nuove conoscenze. Se al contrario costringeremo il lavoro dell’apprendimento in binari angusti o ci inoltreremo in mondi per noi inospitali, ostinandoci a compiere studi che non troviamo appaganti, ogni progresso richiederà un carico di lavoro maggiore e questo potrebbe alla lunga risolvere in uno stress emotivo, che forzando la mano può degenerare nel ‘burn out’ o esaurimento nervoso che dir si voglia.
In conclusione, tutti siamo multipotenziali, o potremmo esserlo, perché la conoscenza è di per sé multipolare. Se il mondo in cui viviamo tende a incanalarci in competenze limitate e settoriali approfondendo quel che serve a renderci ‘produttivi’, muoversi alla ricerca di una risposta alle nostre domande porterà inevitabilmente a uscire dai ristretti confini che questa visione comporta. Dedicando ogni giorno una parte del nostro tempo alla meditazione e una parte all’accrescimento delle competenze in ambiti diversi da quello richiesto dal sistema produttivo, coltivando la nostra enciclopedia interiore senza allontanarci dai nostri interessi più profondi, possiamo sviluppare un’apertura mentale minimizzando il carico di lavoro e migliorando non solo nel progresso della conoscenza, ma anche la soddisfazione personale e le relazioni con il prossimo.
Bibliografia:
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