La mnemotecnica di Giordano Bruno. Luci, ombre, mistificazioni.
La mnemotecnica
di Giordano Bruno
Luci, ombre, mistificazioni
Articolo di Federico Berti
Vent’anni fa non esisteva ancora una traduzione italiana del De umbris idearum di Giordano Bruno. Bisognava leggerlo in latino o farne esperienza indiretta a partire dalla letteratura critica sull’opera. Sebbene l’autore non fosse estraneo al volgare, non ritenne di volersene servire per quel testo, che evidentemente non era pensato per tutti. E’ lo stesso Bruno a dichiarare (senza possibilità di malinteso) che la disciplina trattata nel libro si trasmette in genere da un maestro a pochi allievi e richiede un rapporto fra persone reali, non la lettura solitaria. Il trattato sulle ombre delle idee non è insomma da leggersi come un manuale di mnemotecnica. Non è un ricettario. La voluta oscurità del testo, pensato per affiancare la figura del docente e non per sostituirla, è solo il primo dei numerosi problemi che l’opera pone a chi la riceve. La recente divulgazione delle tecniche di memoria ha dato nuova visibilità a Giordano Bruno, il quale com’è noto si prendeva gioco di chi usava l’arte della memoria per registrare una mole di dati inerti senza comprenderne il significato. Un paradosso, come vedremo tra poco.
L’approccio quantitativo, individualistico e competitivo alla memoria, è precisamente l’opposto di quanto insegnava Bruno, nonostante chi vi ricorre oggi si serva più o meno consapevolmente dell’opera bruniana per legittimarne una pericolosa mistificazione. Sottolineiamo ‘pericolosa’ poiché è proprio l’abuso della memoria artificiale, lo abbiamo visto, a congestionare la memoria naturale portando ai disturbi indagati da Lurija nella prima metà del Novecento. L’illusione di una scorciatoia per il sapere che coincide sostanzialmente con quell’arte stregonesca di cui il filosofo era stato accusato, un’arte da lui fermamente avversata come vuota superstizione, figlia dell’ignoranza e della manipolazione. Quando Bruno parlava di magia non si riferiva allo spettacolare illusionismo dei santoni e dei profeti, ma a una scienza delle scienze, un’arte delle arti che supportasse e guidasse il progresso intellettuale dell’umanità. Le istituzioni religiose ponevano al di sopra delle scienze la teologia sotto il dominio della fede e dell’amore verso Dio, Bruno la filosofia sotto il dominio del dubbio e dell’amore per la Sapienza. In questo senso e solo in questo senso, la sua mnemotecnica apre la coscienza a molte altre facoltà, per il fatto stesso di favorire un uso consapevole dell’immaginazione, motore primo di ogni ragionamento. Non serve dunque ad accumulare nuove conoscenze, ma a far risuonare quel che impariamo con quel che sappiamo già.
Ho ascoltato personalmente varie conferenze, alcune delle quali tuttora conservate in rete, dove si mistifica la sua dottrina dei sigilli, considerati quasi come lucchetti da scassinare per aprire chissà quali forzieri contenenti un’illuminazione superiore. Si ignora per lo più il motivo per cui l’autore è voluto ricorrere alla metafora del sigillo, inteso non come una serratura che nasconde un sapere occulto, ma come quel timbro che premuto sulla cera ancora calda le imprime una forma, un sigillo per l’appunto. Il riferimento di Bruno è evidente per chiunque abbia letto Aristotele, che lo aveva usato proprio per spiegare la natura impressionabile della nostra coscienza, per l’appunto come la cera calda sotto la pressione del sigillo. Il riferimento non era a una tradizione esoterica, ma alla memoria naturale che tiene traccia dell’esperienza sensibile per poterla richiamare quando occorre. L’arte della memoria serve a imprimere un segno nella memoria naturale, quella che Apollonio di Tiana chiamava nel primo secolo dell’era volgare ‘scrittura interiore’. La metafora del sigillo era quanto mai attuale e avveniristica al tempo in cui visse Giordano Bruno, un’epoca dominata dai grandi cambiamenti introdotti dalla stampa a caratteri mobili.
Per chi non conoscesse i sigilli di Giordano Bruno, sono complesse forme geometriche da lui concepite e disegnate a mano, pensate per guidare l’immaginazione e fare ordine nella mente. Sono ‘templates’ mentali, contenitori vuoti entro i quali inscrivere le immagini di memoria. Torneremo in modo più approfondito sulle singole figure, peraltro di fine ed elegante fattura essendo stato egli stesso un abile disegnatore e avendo prestato la sua opera nell’arte tipografica. Ne parleremo più avanti, quando entreremo nel merito della geometria sacra, della cabala ebraica e delle sephirot che tanta influenza hanno avuto sul filosofo di Nola, per quanto egli non ne avesse fatto esperienza diretta ma ne sapesse più che altro dalla letteratura critica. Per il momento, possiamo accontentarci di leggere nelle figure geometriche proposte da Bruno nel Sigillo dei sigilli una serie di logotipi associati ciascuno a varie categorie del pensiero: luce, colore, figura e forma richiamano aspetti della realtà, idee, simboli, segni.
Nella disciplina da lui insegnata l’aspetto visivo del sigillo doveva guidare l’immaginazione durante l’atto della meditazione, quella che nel testo chiama ‘contrazione’ intesa nel senso di ‘concentrazione’. Un’attenzione focalizzata sui temi che desideriamo elaborare, riordinandone la figurazione in modo simile a come abbiamo fatto nelle prime lezioni dello scorso inverno. La mente si avvale di una struttura geometrica per organizzare il contenuto delle immagini di memoria, in modo simile a come un illustratore organizza il contenuto delle sue figurazioni in un libro, in una stampa. I sigilli di Giordano Bruno sono tuttora validi dal punto di vista cognitivo quanto lo sono (purtroppo) nella manipolazione del pensiero e delle coscienze, se ne fa ad esempio largo impiego nella grafica pubblicitaria e nella propaganda. Basta raccogliere un campionario di manifesti confrontandoli con le strutture dell’opera bruniana, per rendersi conto che siamo circondati da sigilli in ogni momento della nostra giornata e che questi vengono per lo più impiegati allo scopo di condizionare i nostri ricordi per stimolare in noi azioni e reazioni preordinate. Nel gergo del marketing, la chiamano addirittura ‘conversione’. Queste strutture agiscono in modo naturale sull’immaginazione, portano la nostra mente a organizzarvi i contenuti simbolici influenzando la concatenazione delle idee, quindi la formulazione delle domande e per conseguenza, gli stessi ragionamenti. Torneremo in modo più approfondito su questo tema, che richiede una trattazione a parte.
Un aspetto spesso banalizzato nell’ars reminiscendi tramandata da Giordano Bruno, è l’uso delle ruote di Raimondo Lullo e il perfezionamento di un sistema che si radicava profondamente nella tecnica dei loci latina, a sua volta evoluzione della mnemotecnica greca. Predicatore e missionario nel XIV secolo, Lullo si era messo in testa di convertire ebrei e musulmani usando una mnemotecnica funzionale alla mentalità degli ‘infedeli‘ avversa alla rappresentazione della figura umana, un’arte sostanzialmente astratta, geometrica nella quale si dava molto spazio all’uso dei segni, più che delle figure analogiche. Là dove i greci rappresentavano sullo scudo di Achille forme umane e animali, per quanto ispirate a contenuti allegorici, mitici, sapienziali, l’arte lulliana aveva asciugato ogni elemento figurativo da quella tecnica suddividendo lo scudo in tante case da compilare con segni convenzionali. Si trattava di un’espansione e un consolidamento di quell’ars notoria inaugurata da Apollonio che trascriveva mentalmente annotazioni sulle immagini per meglio orientarne l’interpretazione. In Lullo scompare l’immagine, resta solo il segno.
Giordano Bruno si serve delle ruote di Lullo ma vi compie sopra un lavoro di sintesi fra tutti i compendi e repertori di immagini agenti concepiti nel passato. Nei diversi anelli delle sue ‘matrici’ combina varie tavole periodiche dei simboli che in quel tempo venivano effettivamente impiegate nell’ars lulliana, dai numeri arabi all’alfabeto ebraico, dai simboli astrologici ai riferimenti mitologici. Dopo aver predisposto la struttura Bruno tornava alla figurazione analogica inscrivendola nei suoi modelli geometrici. La novità del suo approccio fu quella di superare il dogmatismo teologico secondo cui non poteva esservi memoria al di fuori della memoria di Dio, ma anche di rifiutare il relativismo utilitaristico di chi tendeva a ridurre tutta la mnemotecnica a un compendio di ‘espedienti’ per tenere a mente lunghe teorie di dati senza senso. Il suo merito fu quello di restituire all’ars reminiscendi il ruolo che le competeva nel mondo antico, ovvero quello di porsi a fondamento stesso della filosofia.
Dopo l’infame assassinio di Giordano Bruno, le arti e le scienze si sono evolute. Nuovi studi sulla figurazione sono stati compiuti, si pensi al lavoro di Carl Gustav Jung sulla simbologia dei mandala, alla filosofia delle forme simboliche di Cassirer, all’ermeneutica di Heidegger, alla linguistica e alla semiotica, alla psicoanalisi, alle scienze cognitive, alla sociologia e all’antropologia culturale. Altri compendi e repertori di immagini agenti si sono aggiunti a quelli in uso al tempo di Bruno, dalla tavola periodica degli elementi chimici alla filosofia matematica, dai simboli ricorrenti nei sogni ai tradizionali strumenti di narrazione combinatoria sottratti al dominio della superstizione, come le carte dei Tarocchi, gli esagrammi dell’I King, gli ideogrammi egizi, cinesi, nord-europei, nativo-americani censiti con cura, ordinati. Con la codificazione dei nuovi pittogrammi si è arrivati addirittura a formulare un algoritmo generativo per le immagini agenti.
Cosa rimane dunque di Giordano Bruno? In primo luogo la sintesi di tutto quello che era stato elaborato prima di lui nell’arte della memoria, cui viene dato per la prima volta un ruolo centrale, la dignità di un insegnamento che non è solo parte dell’oratoria o di altra disciplina madre, ma viene a costituire proprio una materia d’insegnamento a sé stante nelle università. In secondo luogo un fondamento laico, ma tutt’altro che mistico, all’arte della scrittura interiore, basata sulla centralità dell’uomo e il suo ‘eroico furore’ che lo porta a indagare la natura. Non una dottrina occulta né un’arte esoterica, non è illusionismo quello insegnato da Bruno. Sappiamo al contrario che dava lezioni non solo ai rampolli dell’alta società, ma anche ai pubblicani nelle osterie malfamate, nei mercati rionali, nei porti d’Italia, Francia, Inghilterra, Germania. Soprattutto, la sua disciplina non ha un’utilità ‘pratica’. Non serve a leggere un libro in un minuto, a studiare una lingua in tre giorni, a imparare qualsiasi cosa velocemente e senza sforzo o a tenere a mente i nomi del pubblico pagante in un teatro. Chi pratica l’ars reminiscendi può compiere senz’altro cose straordinarie di questo tipo, ma è solo un effetto secondario della pratica, non l’obiettivo principale.
Il grande malinteso intorno all’arte bruniana è questo. Gli allievi della Sorbona si aspettavano da lui un metodo straordinario, un sortilegio cognitivo, un genio della lampada. Si sono ritrovati un professore, un filosofo, che pretendeva da loro un impegno intellettuale senza promettere null’altro in cambio che un moltiplicarsi delle domande senza risposta. Lo stesso accadde a quel Mocenigo che lo ospitò a Venezia e pretendeva da lui l’arte magica di apprendere velocemente. L’illusionismo, non la conoscenza. Passavano i mesi, non vedeva progressi. Si sentì preso in giro, le cose poi andarono come sappiamo. La denuncia, il processo, il rogo. Quattro secoli più tardi il problema non sembra essere diverso da allora. La mnemotecnica non ha nessuna utilità ‘pratica’. Serve a coltivare noi stessi, a renderci un po’ più liberi da condizionamenti, questo sì. Praticata nel lungo periodo può migliorare alcune prestazioni, ma non è per questo che la si studia.
Bibliografia:
- Bruno, Giordano, Opere Mnemotecniche, Vol.I. De Umbris Idearum – Cantus Circaeus, Milano, Adelphi, 2005.
- Bruno, Giordano Il Sigillo dei sigilli. Diagrammi Ermetici. Milano, Mimesis, 2015.
- Cassirer, Ernst, Filosofia delle forme simboliche, Roma PGreco, 2015: 1923/29-1, 3Voll.
- Ciliberto, Michele, Vita di Giordano Bruno, Milano, Adelphi, 2020.
- Eggenter, Marco, L’arte della memoria da Simonide di Ceo a Giordano Bruno, open source ed.
- Ferrucci, Fabio. L’arte della memoria. Il trattato “De umbris idearum” rivisto dal noto esperto di scienza della memoria. A cura del dott. Gianni Golfera. Milano, Anima Edizioni, 2005.
- Gisondi, Giulio, ‘Profonda magia’. Vincolo, natura e politica in Giordano Bruno, Istituto italiano per gli studi filosofici, 2020.
- Heidegger, Essere e tempo, Milano, Longanesi, 2005.
- Lullo, Raimondo, Libro del Gentile e dei tre Savi, Milano, Edizioni Paoline, 2012.
- Lurija, Aleksandr, Viaggio nella mente di un uomo che non dimenticava nulla. Roma, Armando, 2011.
- Talè, Chiara, I mandala e il visionario viaggio di Jung, in: ‘Agon’ Suppl. n. 9, aprile-giugno 2016