Un uomo in cenere. Romanzo di fantascienza. Libro, Ebook
Un uomo
in cenere
L’ospedale fantasma n.3
Romanzo di Federico Berti
FANTASCIENZA ITALIANA
HO VISTO LA MORTE
Si mangia in corridoio. Dove una volta era la sala d’aspetto, gli ospiti della colonia penale han la gavetta pronta a raccogliere quel che dal mestolo non sbrodola in terra. Ognun per sé. I sorveglianti restano immobili a riprendere quanto accade, impassibili nei loro volti senza umanità. Nessun arredo sopra la tavola fredda e nuda. Chi non vuol ruminare in piedi si porta una sedia, ma deve lasciare il posto come l’ha trovato. La regola mantiene il convento. Non vi sono inservienti, le macchine programmate per ottimizzare il consumo intervengono solo nei casi previsti dall’algoritmo: una rissa tra detenuti, un pronto soccorso, un incendio o altro evento calamitoso. In condizioni normali rimangono di sentinella, inanimate come sculture di rottami. Stasera gamberi al forno, crepi l’avarizia e dovesse campare troppo a lungo, crepi anche l’ammalato; mentre penso queste cose vado a cercarmi una sedia libera, prendo posto accanto a un giovanotto che sembra la morte incarnata col pizzo da spadaccino, giacca in pelle chiodata, croci bizantine pendenti da entrambe gli orecchi.
E’ stato un promettente giornalista, scrittore, poeta, abile conversatore prima di vendersi l’anima per un piatto di lenticchie, Gustavo La Spada ha collaborato con prestigiose riviste internazionali. L’eroina se l’è divorato a trent’anni, siede con la testa che ciondola in avanti come un fallo impotente, sulle dita delle mani i segni delle sigarette dimenticate fra l’indice e il medio; indossa un pigiama pieno di buchi, le vene ingrossate gli gonfiano gli arti cadenti sul fianco. Vive un costante delirio sospeso tra veglia e sonno, quando parla sembra vaticinare improbabili responsi. Oracolo degli ultimi, son tutti appesi alle sue labbra viola. Nella breve e folgorante carriera ha messo insieme un dignitoso curriculum da malfattore che lo rende oggetto di venerazione fra le desolate stanze del palazzo, vanno a leggere nei suoi pensieri come gli antichi scrutavano le interiora dei polli.
E’ stato un uomo di cultura, talvolta rapito nell’estasi del proprio gnosticismo opportunista si sveglia di soprassalto, vince il torpore della morfina, con mano tremante afferra una biro e incide poche parole su carta che suonano come la decadente poesia d’uno scapigliato. Moneta fuori corso, nei suoi anatemi impietosi scaraventa gli angeli dal paradiso all’inferno, impreca e maledice le miserie d’un mondo che da tempo scorge appena dietro i luridi occhiali, tra le righe d’un giornale sfocato. Per quanto non riesca a sollevarsi dalla sedia senza l’aiuto dei compagni non è prudente farselo nemico, gli basta un cenno per scatenarti contro un esercito di farabutti che fanno a gara per lavargli i testicoli essiccati dall’inedia. Di qualsiasi cosa tu possa aver bisogno, a lui devi rivolgerti per averla qui dentro.
Non posso fare a meno della sua benevolenza se voglio sopravvivere in questo luogo di perdizione, così ho deciso di farmi avanti per conoscerlo e son diventato in pochi giorni suo confidente. Vede in me l’uomo che avrebbe voluto essere. Non lo giudico, al contrario cerco di estrarre il meglio dalla sua mente perversa, lo spingo a comporre nuove epigrafi da raccogliere quando verrà il momento, mi occuperò della sua produzione letteraria non appena sarò tornato in possesso dei miei diritti civili, potrei vivere di rendita sul materiale raccolto in questa colombaia abitata da uccelli del malaugurio. Fatica a tenere in mano il cucchiaio Gustavo, non ha denti e deve accontentarsi d’una minestra tiepida per nutrire l’inutile carcassa che avvolge la sua anima. L’han confinato qui dentro il giorno in cui volle dirottare un’ambulanza in periferia, tra i relitti industriali della malavita.
Come sia riuscito a procurarsi le armi nessuno lo sa, una rete omertosa ha protetto i suoi complici. Il furgone s’è poi insabbiato quando la morfina ha preso il sopravvento e la pistola gli è caduta dalle mani, rendere innocuo uno che non si regge in piedi non serve un battaglione di militari. Da allora l’autista non s’è più ripreso, vive nella penombra del suo appartamento accudito da figli premurosi che non lo lasciano nemmeno un momento. L’infingardo è stato messo in condizione di non nuocere al consesso umano: l’han confinato nel non luogo per eccellenza, lo tengono sedato giorno e notte somministrandogli a dosi controllate la sua droga, lui passa il tempo con lo sguardo perso nel vuoto su questa sedia instabile, senz’altro chiedere a una vita che non ha più niente da offrirgli. Lo osservo con un misto di pietà e disprezzo mentre solleva a stento il cucchiaio, intanto penso al modo migliore per togliermi dall’imbarazzante situazione in cui mi trovo.
Se voglio scagionarmi dalle infamanti accuse che mi vengono rivolte devo poter svolgere indagini accurate, ma da questo limbo sospeso tra le nuvole il mondo giunge solo come un’eco lontana. Non possiedo un telefono, la biblioteca è cibo per topi, ogni mattino riesco a leggere il bugiardino che consegnano all’ora della colazione prima che sparisca nel labirinto del castello. Là fuori probabilmente avranno dimenticato il mio nome, fra poche settimane di me resterà solo un vago ricordo. Anche se riuscissi a scappare come potrei sopravvivere da solo nella macchia? Non riesco a ragionare come un criminale, mi prenderebbero subito o morirei di polmonite. Per questo ho bisogno di lui. Gustavo è il mio alter ego, l’uomo che non sono mai stato e non avrei mai voluto essere, un genio del male, l’oracolo del nulla, il profeta dei disperati. Sono convinto che non esista individuo tanto malvagio in cui non batta il cuore d’un bambino mai cresciuto, devo solo trovarlo nei profondi recessi della sua fogna interiore e parlargli. Forse lui può aiutarmi. Ha finito di mangiare, laverò anche la sua gavetta. (Continua)