La Maledizione della Civetta. La Tartufa di Venere, Libro I, Ep.III. New Epic Poetry.

La Maledizione
della Civetta

La Tartufa di Venere
Libro I, Episodio III

ISBN: 9788835373773

Disponibilità:
Ebook |Audiolibro

Re Mancorta rifiuta le grazie di una ninfa e si ubriaca sulla riva del fiume Pattolo, viene risvegliato dal canto di una civetta, che lo osserva appollaiata sopra il manico di una spada in bronzo conficcata in un sasso. Sotto le mentite spoglie dell’uccello, si nasconde in realtà la dea Athena, che gli offre un dono una spada di bronzo in cambio della sua pelliccia dorata. Leggi l’episodio precedente.

XII.
Nel dir così gli dava certe occhiate
da far venire i brividi alla pelle
ma quel somaro neanche l’ha notate,
il  culo si grattava e le budelle.
“La gradirei se voi servir mi fate
un’anfora da quelle vostre ancelle,
che sia riempita con del vino trace
io non vi so ridir quanto mi piace!”

XIII.
Un po’ meravigliata ella si tace
e poi con una smorfia quasi offesa
fa cenno a quello stupido incapace
di rimanere un attimo in attesa.
“Non mi sembrate alquanto pertinace
con voi non serve ricercar l’intesa,
là sul pietroso ciglio della riva
andatevi a cavar la sete viva!”.

XIV.
Ciò detto la creatura scompariva
lasciando all’altro un’anfora fatata
che bevi e bevi mai non si esauriva
da qualche genio sempre ricolmata.
Il re caldeo di molto ne gioiva
ed ogni tanto dava una sorsata
finché non fu ridotto all’impotenza
cadendo in terra per la sonnolenza.

XV.
Inebriato dalla dolce essenza
sotto una quercia lui se la dormiva
ruttando senza garbo né decenza,
mentre dal cielo il sole dipartiva.
Del freddo s’avvertiva la presenza,
l’umidità le membra irrigidiva,
insieme a qualche rana canterina,
si sente mormorare una vocina.

XVI.
Con espressione vaga e sibillina
appollaiata vide in quel momento
sul ramo una civetta piccolina
che aveva gli occhi blu e le piume argento.
Lei disse: “Chi è mai questa personcina
dal fare insonnolito e poco attento,
Non siete il re munifico e facondo
di cui si parla tanto in tutto il mondo?”

XVII
Rispose allora lui: “Non vi nascondo
ormai la fama ovunque mi precede:
possiedo un patrimonio senza fondo
secondo solo al Dio che tutto vede”.
Così diceva il re tronfio e giocondo
ma lei con voce stridula gli chiede:
“Oggetto allor sarete d’ogni oltraggio,
di ladrocinio, truffa e brigantaggio!”

XVIII.
E lui: “E’ un miserevole svantaggio,
per l’aristocrazia dei facoltosi,
del nostro avere far buon rimessaggio
e non tirarci dietro gli invidiosi.
Come la mosca sciama all’arrembaggio
sul miele di cui tutti son golosi,
così i ladroni seguono la brezza
ovunque soffi un vento di ricchezza.”

XIX.
Parlò l’uccello allora con chiarezza:
“Vorrei invitarvi a una contrattazione:
perché sia ben difesa la fortezza,
io vi propongo un’arma d’eccezione.
Mi basta poco più d’una sciocchezza,
quella dorata pelle di montone
che ancora adesso giace al vostro lato
con cui il tesoro vostro fu creato”.

XX.
Lo sguardo del sovrano s’è abbassato
poco distante conficcata in terra
notò una spada in bronzo decorato
col segno del valor tenuto in guerra.
“Codesto oggetto a me pare antiquato!
Non regge il primo colpo che si sferra
poiché le armi al giorno d’oggi è d’uso
forgiarle in ferro, non col bronzo fuso!”

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