Donkey Kong. L’ospedale fantasma. Romanzo di Federico Berti

Donkey Kong
L’ospedale fantasma n.20

Romanzo di Federico Berti

Un drone impazzito

Le mie pupille alate volano sul contorno delle montagne, salgono e scendono a grandi balzi il fianco del Corno alle Scale, rotolano sul profilo di Monte Venere senza lasciare nemmeno un minuto il corpo che rimane dritto immobile davanti alla finestra della grande sala. E’ molto caldo qui dentro, il vetraio ha riparato una finestra rotta da cui il vento inviava i suoi lupi ogni notte, ma il sistema elettronico non s’è ancora accorto che l’aria fredda non passa più dal vetro così il termometro sembra impazzito: saranno ventotto gradi, col fiato pestilenziale di Gustavo sul collo passiamo i trenta. E’ qui accanto a me, catturato nel tavolo d’un flipper come il genio nella lampada; una di quelle grandi macchine mangiasoldi che se le scuoti si spengono, l’han portata i volontari del centro raccolta dalla cantina di qualche benestante collezionista. Allestimento scenico elementare, un gigantesco gorilla ha rapito l’avvenente regina, il giocatore nei panni d’un prode metalmeccanico deve liberarla dando fuoco ai barili di petrolio, in sostanza bisogna accendere alcune luci colorate rimbalzandovi contro una palla d’acciaio. Questa la storia. Il suono dei campanelli mi deconcentra, mentre studio un sistema per distribuire messaggi all’esterno della prigione le bestemmie di quel derelitto mi portan fuori strada; nel voltarmi indispettito m’accorgo che intorno alla sua testa ronza una di quelle mosche digitali colla telecamera piantata nell’occhio, un drone impazzito. Lo stuzzica, gli soffia l’aria dei capelli, viola lo spazio aereo tra lui e il vetro della macchina, di tanto in tanto pronuncia frasi completamente fuori luogo: “In guardia fellone, fermo dove sei. Non hai mica cento lire?”.  Comportamento insolito per un robot sentinella.

Seduto in penombra non lontano dall’oratorio improvvisato delle tre vecchie, il lupo di Valacchia sorride strusciando la punta dell’indice sulle pagine d’un libro tascabile che tiene con disinvoltura davanti a sé; stupito nel trovarlo qui mi sposto per osservarlo da una prospettiva diversa, vedo allora che tra le pagine del libro nasconde una sorta di taccuino luminoso: quell’uomo non sta leggendo come vorrebbe dare a intendere, manovra un dispositivo elettronico d’ultima generazione in modo tale che al movimento del dito corrisponda una manovra del minuscolo elicottero, seguita dal proprio stesso ghigno beffardo. Situazione paradossale, in primo luogo perché nessuno qui dentro ha diritto a possedere un telefono cellulare, computer o altro strumento elettronico in grado di comunicare col mondo esterno, in secondo luogo perché dalla piccola consolle il pericoloso criminale sta controllando un soldato della Domoticart, non un’impastatrice automatica. Si diverte come un bambino a catturare le lucertole, non sembra temere la sorveglianza. Sento il bisogno di vederci chiaro, percorro il perimetro della sala con noncuranza come se stessi continuando a riflettere sulle mie cose, lo raggiungo e siedo accanto a lui con vaga indifferenza. Il temibile assassino punta ancora un dito nell’angolo dello schermo, lo fa scivolare di nuovo in basso, poi a destra ed ecco il drone allontanarsi per qualche secondo; non c’è dubbio, quest’uomo sta veramente manovrando il sistema di sorveglianza.

Un bel coraggio penso tra me, stravaccato a gambe larghe il ladro sa quel che dice: “Vlad combattuto in Serbia amico mio. Amuerica bombarda scuole, ospedale, manda per noi regalo di terroristi che bruciano villaggi, uccidono donne e bambini, intanto armata di Jugoslavia difende il popolo da vostre bombe. Tu non ricorda troppo, così voi pagato criminali di guerra in Polonia, Macedonia, Cecenia, Ucraina, vostra pace è deserto di sangue”. Ha smesso di giocare col drone il rumeno, ora mi guarda dritto negli occhi. “Io soldato in quegli anni, capitano insegna me di controllare macchine”. E’ la guerra del futuro, a spararsi in fronte nel mondo reale resteranno soltanto le ombre dei condannati a morte, buone se non altro per continuare a vendere fucili, missili e bombe a mano, il vero scontro sarà nell’altrove senza corpo dei sistemi informatici dove nessun luogo è abbastanza sicuro; in realtà qualsiasi adolescente con un po’ d’iniziativa può entrare e uscire liberamente dagli archivi segreti delle basi militari anche oggi, non c’è bisogno d’aspettare l’anno dell’apocalisse. Vlad era un legionario della resistenza jugoslava al tempo delle guerre nei Balcani, ha prestato servizio come contractor per diverse agenzie di reclutamento e imparato a combattere più col cervello che con le armi. Non usa mai a lungo i telefoni che ruba, ha nascosto nelle profondità oscure della rete sistemi operativi che lo rendono uno spettro senza volto, l’uomo invisibile sa come clonare una carta di credito, arruolare un sicario, procurarsi una sostanza illegale, violare le difese d’un corpo militare.

Sa il fatto suo, è riuscito a penetrare nella rete della Domoticart e una volta dentro ha preso il controllo d’una sentinella digitale; sa bene che deve scegliere con attenzione la piattaforma da simulare nel proprio dispositivo badando che nessun altro vi sia collegato in quello stesso momento, o verrebbe localizzato facilmente e questo gli sarebbe fatale. Il controllo a distanza delle macchine avviene attraverso un collegamento via satellite, possono contare su un’autonomia energetica avanzata che consente loro di sopportare lunghe interruzioni di corrente.

Tratto da:
L’Ospedale Fantasma

Romanzo di Federico Berti


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