Ecclesiarda Scalzacani. La regina del volontariato. L’ospedale fantasma
L’ospedale fantasma
Personaggi
Ecclesiarda Scalzacani
Il personaggio di Ecclesiarda rappresenta il controverso ambiente di quelle associazioni culturali apparentemente ‘no profit’ che muovono ingenti capitali ogni anno; la donna è ospite del manicomio criminale Alderico Barbacani, condannata all’ergastolo per omicidio colposo: il volontariato le aveva preso la mano, lo gestiva come un’azienda milionaria ma come si dice, i nodi vengono al pettine. La sua cella ha l’aspetto di una camera lussuosa con letto a baldacchino, biblioteca e tessuti di pregio. Nei suoi registri si nascondono molti segreti.
Dal Cap.4, L’imperatrice dei ragni
“E’ una donnina piccola e grassa, quando cammina ruota distrattamente la pancia su cui riposano indolenti le braccia a ogni passo, lunghi capelli d’argento raccolti in una grossa cipolla sopra il capo, due spessi occhiali di tartaruga e il pesante rossetto fan risaltareancor più l’orrenda asimmetria del volto. Porta sempre lo stesso vestito lungo a fiori col grembiule in vita, alla maniera dei contadini d’una volta. Non so chi l’abbia convinta che per vivere in montagna nell’era dei droni sia obbligatorio vestirsi come i servi della gleba. Vive qui dentro anche lei in una mansarda lurida, buia come la notte dei tempi, le han dato l’ergastolo per omicidio colposo e son convinto che potrebbe rappresentare una risorsa per noi, se solo si rassegnasse a lasciarsi consigliare. Quando arrivò in paese era una come tante altre venute dalla città portandosi dietro i veleni della civiltà futura, non avevo mai visto nessuno qui da noi litigare per un parcheggio o per un convivio in giardino all’americana. Aveva messo in piedi una modesta attività coltivando erbe medicinali e rivendendole alle farmacie in pianura, ciò non le garantiva una vita nel lusso ma qualche cliente iniziò a farselo anche in zona; all’inizio voleva solo ambientarsi, da noi il modo più
semplice per conoscere la brava gente è dedicare una parte del proprio tempo al bene comune; si accorse presto che il disinteressato contributo le portava buone prospettive anche sul piano professionale, sempre più persone si rivolgevano a lei per acquistare i prodotti del suo giardino. Più tempo dedicava al prossimo, più cresceva la sua attività; le vennero affidati incarichi delicati, col tempo dovette appaltare la cura dei fiori a un giardiniere professionista, perché non aveva più tempo da dedicare alla coltivazione diretta.
Come nei romanzi del terrore la creatura finì col sottrarsi all’autorità dei suoi stessi creatori, organizzava così bene il suo personale volontario che stava diventando più efficiente d’una multinazionale. Dilagava in ogni settore, finché in paese non r犀利士
imase attività che in qualche modo non fosse riconducibile al suo ufficio. La manodopera servile da lei amministrata finì coll’esautorare ogni competenza professionale, non si trovava più lavoro retribuito in tutta la montagna dato che ovunque per suo merito si lavorava gratis. Quando la mettevi in discussione era bravissima a farsi vittima sempre e comunque, con chiunque. Impossibile non crederle, per ridurla in quello stato i suoi nemici dovevano essere persone di spaventosa crudeltà, individui senza scrupoli. Il ricavato delle attività finiva regolarmente in beneficenza alle corporazioni, alle fondazioni, agli enti religiosi e alle confraternite, ad altre associazioni di volontariato che si passavano il denaro di mano in mano per farlo confluire dopo un lungo e tortuoso percorso nell’edilizia del terzo mondo, nell’industria farmaceutica, nello sfruttamento del lavoro salariato che in questo modo perdeva sempre più importanza. Beneficenza ai ricchi, sulle spalle delle persone
d’animo gentile convinte di contribuire al progresso della civiltà. In questa folle prospettiva l’imperatrice si trovò a mettere le mani in terreni insidiosi, la volta in cui s’arrivò al morto i suoi molti adulatori alzarono le mani abbandonando la nave, lasciarono che affogasse urlando nel proprio stesso letame. Una donna così puoi solo compatirla.
Nel libro paga dell’imperatrice trovavi il povero Trifone Cavicchio operatore ecologico e ceramista a tempo perso, con lunghe mani nodose e affusolate; se dovevi cavarti un dente andavi da lui e ti legava
lo spago alla maniglia della porta, poi con le posate delle bambole modellava un po’ di quella pasta che usano i dentisti ed era capace di rinnovarti la bocca, bastava devolvere un’offerta a non so quale istituto.
Poi dovevi tornarci una volta ogni tre mesi perché le otturazioni saltavano col primo cucchiaio di minestra. Al posto dell’architetto veniva quel tale Stilicone Carogna figlio del geometra, un ragazzino coi
capelli a spazzola e l’orecchino viola al naso che andava in giro colle svastiche disegnate dietro la maglietta, progettava la casa montando insieme i mattoncini componibili dei giochi per bambini con dentro cubi colorati per simulare l’arredamento; bastava consegnare al capomastro un selfie delle sue costruzioni e lui tirava su i muri in scala uno a pressappoco. C’era poi Aristocrate Filodemo, maestro elementare in pensione che tutti gli anni teneva sempre la stessa conferenza sulla gelosia di Anita
Garibaldi nelle cronache del Risorgimento, ogni volta dimenticava d’averla già raccontata cento volte in precedenza quella storia e così la rimetteva in calendario; per non offenderlo ritornavano ad ascoltarla i
vicini di borgata, facevano sempre le stesse domande e non si lamentavano di ricevere le stesse risposte. Ricordo quel disgraziato petroliere in congedo che organizzava le visite guidate al pozzo del Grillo, al sasso della Passerotta, al laghetto delle Trote, ripetendo a memoria quella pagina scarsa dalle riviste di folklore che si faceva leggere dalla moglie mentre spazzava le foglie in giardino. Fu questa mentalità a scardinare l’ordine sociale, tutti quelli che possedevano titoli e competenze si ritrovarono costretti ad emigrare altrove, in paese non restarono che loro. Volontari senza più volontà, schiavi inconsapevoli d’un mondo che non dava più valore né al lavoro, né alla formazione che questo richiedeva. Lei per prima, l’imperatrice. (Continua a leggere…)