Gli artisti di strada non sono mendicanti. La prefazione del Borghi
Nota introduttiva
di Gianpaolo Borghi
Direttore del Centro
Etnografico Ferrarese
Giunto alla sua quarta edizione, questo interessante libro di Federico Berti ribadisce l’onestà intellettuale del suo autore, impegnato sistematicamente in diversificate esperienze artistiche, di ricerca e compositive. La sua fervida attività in campo nazionale ed europeo è connotata, infatti, da una felice scansione di sue intuizioni, che lo hanno condotto con successo alla proposta di filoni tematici (definirli popolari in senso tradizionale è estremamente riduttivo), che spaziano da quelli cantastoriali (anche attraverso la continuità repertoriale – e soprattutto ideale – di Marino e Giuliano Piazza, quest’ultimo suo compagno di viaggio canoro e musicale per molti anni) a quelli artistici di strada, passando con pari padronanza dai mercati alle piazze, dai locali ai teatri, dalle feste ai mercati e last but not least dalla produzione artistica a quella editoriale. Le sue ideazioni, testuali e musicali, ormai hanno raggiunto livelli e proporzioni da Guinness e stanno a dimostrare, senz’ombra di dubbio, il suo riuscito percorso da “allievo” a “maestro”, in un crescendo maturato sul campo giorno per giorno, tra passione, ricerca e comunicazione culturale attraverso repertori e stili narrativi che si traducono in diffusioni di idee e in efficaci interscambi culturali tra Artista e Pubblico, che trovano oggi ben rari riscontri nel variegato mondo in cui opera.
Un esempio della sua ecletticità è peraltro costituito da questo Buskers, il cui sottotitolo, Gli artisti di strada non sono mendicanti, testimonia le lunghe battaglie che Federico Berti ha combattuto e combatte (“dentro” e “fuori” quello specifico contesto) per la salvaguardia di esperienze e vicende artistiche che, con “vichiana” cadenza, appaiono-scompaiono-riaffiorano in un alternarsi di situazioni nelle quali anche la tecnologia assume sempre più un ruolo primario. Si tratta di confronti, anche aspri, da lui condotti non con disquisizioni asettiche o fini a se stesse, ma attraverso conoscenze e pratiche quotidiane. Questo libro quindi, è stato opportunamente redatto per consentire all’Autore di esprimere il suo pensiero sulle vaste divergenze sociali e politiche che si susseguono e che danno luogo ad atteggiamenti diametralmente opposti nella pratica dell’arte contemporanea di strada.
La problematica affrontata (e Federico Berti lo sa molto bene) trova qualche riscontro in questioni molto lontane nel tempo e non sempre risolte. Un concreto esempio ormai storico, presente nelle pagine che seguono, è rappresentato dalla volontà costitutiva, nel 1947 (e dopo precedenti esperienze non realizzate), dell’Associazione Nazionale Canzonettisti Ambulanti (A.I.C.A.), divenuta poi Associazione Nazionale Cantastorie (A.I.CA.) in seguito ad un’ulteriore presa di coscienza identitaria da parte dei fondatori, e in particolare di Lorenzo De Antiquis e di Marino Piazza, spesso in arduo equilibrio tra le allora vigenti disposizioni legislative e gli interventi (a volte arbitrari) delle autorità di pubblica sicurezza. L’A.I.CA. si connotò soprattutto come movimento per l’acquisizione di uno status professionale (che Federico Berti ribadisce da tempo): essere considerati artisti e non mendicanti, venditori di canzoni (stampate e/o interpretate) e non praticanti abituali di “scarcia”, ovvero di elemosina, considerata solo alla stregua di un eventuale riconoscimento economico alla loro prestazione . Ieri nelle pubbliche piazze (come si diceva un tempo), oggi in strada (attività antropologicamente diversa e ancora più difficile da esercitare), con un ulteriore aggiornamento temporale: gli equilibri non solo sono instabili fra ruoli tradizionali ma, come ribadisce Federico Berti, anche tra artisti e artisti. Questo Buskers si configura felicemente come una “summa” degli interventi scaturiti sulle pagine dei social tra l’Autore e il pubblico, integrati da risultanze di un’acuta e approfondita indagine sull’arte di strada, condotto ad ampio respiro internazionale. Articolato in tre parti interdipendenti, si traduce in contributi miranti a fornire chiavi di lettura per la valorizzazione di questa importante forma artistica, i cui sempre più proliferanti spettacoli stanno conducendo a banali (e tristi) fenomeni imitativi e di omologazione, con gravi discapiti qualitativi. A chi vuole uscire da questo stato di cose, consiglio questo importante apporto tecnico e culturale di Federico Berti, denso di spunti di alta professionalità: un vero “manuale” per l’esercizio delle arti di strada, oggi e domani.
Prefazione alla V edizione
di Federico Berti
Contro ogni aspettativa questo libro è arrivato alla quinta edizione, nemmeno un anno dopo l’uscita della quarta; il motivo è che nel frattempo l’emergenza pandemica ha scatenato una serie di riflessioni importanti, essendo cambiato radicalmente l’approccio alla materia. Tutto quello che avevamo imparato fino allo scorso natale, potrebbe essere un passato che non torna. Se nella quarta edizione avevo risposto ad alcune tra le questioni poste dagli stessi lettori e la parte dedicata al conflitto con la cittadinanza era passata in secondo piano per lasciare spazio a una più funzionale pars ‘costruens’, questa nuova edizione è arricchita delle riflessioni sul cambiamento che incombe per l’arte di strada, nella prospettiva a lungo termine d’una società ormai sempre meno futura. Il problema è lo stesso di un anno fa, dobbiamo ricostruire sulle macerie proprio come allora, ma stavolta la ricerca e l’innovazione s’impongono a un diverso livello e su diversi presupposti, in un mondo che non sarà più lo stesso dopo l’isolamento dello scorso inverno.
Questo libro va dunque letto tenendo presente che un primo nucleo è stato pubblicato nel 2016, un secondo nel 2018, un terzo nel 2020, la sua stesura copre dunque l’arco di cinque anni nel corso dei quali sono avvenuti cambiamenti epocali e lo fa seguendoli in tempo reale, come un reportage giornalistico. Se da un lato vi si ritrova dunque un mondo che non esiste più in quella particolare declinazione, dall’altro mostra quel mondo così come nessuna cronaca del tempo lo aveva mostrato, svelandone i retroscena meno evidenti. E’ l’affresco di ciò che eravamo e insieme una riflessione su quel che potremmo diventare nei prossimi decenni, ha insomma il valore di una testimonianza storica accompagnata da una riflessione diacronica in prospettiva. Pensare al domani partendo dall’oggi, tenendo presente quel che è stato ieri. L’altra novità che introduce questa riedizione è l’edizione a stampa, assente nelle precedenti. Prima il libro si poteva solo scaricare in formato digitale, ora se ne può acquistare una copia ‘cartacea’ in qualsiasi libreria anche nei negozi reali, dal libraio sotto casa ad esempio.