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L. Mattalucci, Indagine aperta sul culto di Santa Liberata

Iconografia antica di Santa Liberata, sincretismo con Santa Valeria, Gervasio e Protasio

Lauro Mattalucci

Indagine aperta sul culto di Santa Liberata

Abstract di Federico Berti:

Questo inedito di Lauro Mattalucci tratta del culto di una Santa Liberata venerata in Piemonte, Lombardia e Liguria come protettrice delle partorienti e degli infanti1, rappresentata con due bambini in fasce. L’indagine si concentra sulla complessità agiografica e iconografica della santa, analizzando origini, contaminazioni culturali e istituzionalizzazione del culto. L’autore distingue quattro figure agiografiche conosciute con lo stesso nome: Santa Liberata (Librada), martire del II secolo, una delle nove sorelle gemelle, venerata a Sigüenza. Santa Liberata di Pavia, vergine del V secolo, associata a un gruppo di pie donne, con culto circoscritto. Vilgefortis/Wilgefortis, leggendaria santa crocifissa con barba, diffusa in Europa settentrionale, spesso confusa con Librada. Santa Liberata di Como: Monaca benedettina del VI secolo, fondatrice di un monastero con la sorella Faustina, celebrata il 18 gennaio, sottolineando che tutte queste figure si sovrappongono in vario modo, dando luogo a interessanti forme di sincretismo. L’iconografia della santa con due bambini (tipica del Piemonte) viene ufficialmente associata a Liberata di Como, ma a Montalto Dora, Ciriè e Rocca Canavese, la santa appare con due bambini aureolati, identificati come i santi Gervasio e Protasio, figli di Santa Valeria, l’identificazione non è univoca. Nel XVIII-XIX secolo sorgono prima solo delle statue, dipinti, poi cappelle (es. Colleretto Giacosa, Ingrìa) con pale d’altare e statue processionali. Si celebra il suo memoriale al 18 gennaio con processioni, messe e un mercatino di offerte in beni da parte della comunità religiosa. Viene a istituzionalizzarsi dopo il Concilio di Trento, l’iconografa della santa coi due bambini in braccio viene progressivamente abbandonata in favore della monaca benedettina col giglio in mano. Tuttavia non mancano incongruenze iconografiche e agiografiche, in palese disaccordo con la biografia: Liberata di Como, monaca senza figli, rappresentata come madre, si direbbe un paradosso. In Liguria e Spagna, il culto si mescola con quello di Librada spagnola, mentre in Europa settentrionale prevale Vilgefortis. L’immagine richiama divinità precristiane come la Mater Matuta (protettrice delle nascite) e la Dea Nutrix celtica, suggerendo un’origine sincretica.

La Chiesa ha tentato di normalizzare il culto popolare: l’associazione a Liberata di Como, è motivata dalla necessità di legittimare il culto con una santa riconosciuta. In alcune cappelle (es. Valprato Soana), l’icona materna è sostituita con l’immagine della monaca benedettina. Nell’iconografia più antica i bambini sono identificati con Gervasio e Protasio, figli di Santa Valeria, creando un ponte con la tradizione ambrosiana. L’articolo include un censimento dettagliato di 80 e più luoghi di culto con immagini della santa: in Piemonte il focolaio principale con chiese a Colleretto Giacosa, Sparone, San Francesco al Campo. Presenza minore in Lombardia e in Liguria, spesso con iconografie ibride (es. Verzi di Loano). Rari casi in Marche e Valle d’Aosta. La conclusione cui giunge l’autore è che Santa Liberata sia un esempio di come culti popolari e istituzionali si intreccino, sovrapponendo figure storiche, leggendarie e archetipi pagani.

Ivi, p.29: Nell’intento di individuare l’antica divinità italica che può avere dato origine al culto di Santa Liberata, D. Pomi ritiene di poterla indicare nel dio Libero “cui si attribuiva il potere di liberare, senza pericolo, le madri dal bambino che per nove mesi avevano portato in grembo”, cercando, subito dopo, di individuare elementi che potrebbero spiegare il passaggio dal maschile (Libero) al femminile (Libera o Liberata)2

Nonostante le contraddizioni, il culto persiste grazie alla sua radicazione nell’immaginario collettivo, specialmente nelle comunità rurali. L’articolo sottolinea la necessità di studi interdisciplinari per chiarire le eventuali origini pagane3 e dinamiche di sincretismo. Include un censimento aggiornato dei luoghi di culto, evidenziandone la concentrazione in Piemonte e la varietà iconografica.4 L’autore sostiene che in almeno un caso, nello specifico a Montalto, l’iconografia di Santa Liberata, quella con i due gemelli in braccio, è stata esplicitamente accostata a quella di Santa Valeria (invocata a sua volta dalle partorienti) con i santi Gervasio e Protasio, si parla addirittura di Santa Valeria Liberata, nel senso di sgravata dai due gemelli, poi divenuta semplicemente Santa Liberata. Queata ipotesi è in effetti suffragata dal fatto che in alcuni dei dipinti più antichi, i nomi di Gervasio e Protasio sono esplicitamente indicati accanto ai due gemelli.

  1. Ivi, p.14: “Leggiamo nella guida turistica “Le strade del Gran Paradiso” le seguente descrizione: «Di
    incerte origini anche la venerazione per Santa Liberata (localmente Santa Libera); invocata nei travagli del parto, specialmente se gemellare, è rappresentata sul frontale della Cappella con in braccio, appunto, due gemelli; da tempo immemorabile le mamme presentavano i loro bambini alla Santa, ritenuta la protettrice dell’infanzia. Al termine della Messa, il sacerdote radunava tutti i piccoli sul sagrato del Santuario e li benediceva. In tutta la valle la devozione alla Santa è alquanto sentita: ancora fortemente radicata l’abitudine di fare voto di visitare il Santuario per pregare per grazia ricevuta 32 » ↩︎
  2. «Anche escludendo una diretta derivazione del ruolo di Liberata da quello del dio Libero, potrebbe essersi verificata molto ingenuamente, all’interno dell’immaginario collettivo popolare, una identificazione delle donne con la santa, per la già riferita funzione attributiva del suo nome: condizione tanto sospirata dalla donna gravida, impossibilitata a svolgere le mansioni quotidiane e impedita alla normale conduzione del nucleo famigliare». Si pensi anche all’uso che nella civiltà contadina si fa del termine “sgravare” come sinonimo di partorire, dove sgravare sta per liberare o alleggerire da un peso, da un aggravio ↩︎
  3. Ivi, p.28: “Le molteplici statue in terracotta che si sono conservate mostrano la Mater Matuta, assisa su un trono, con in braccio il frutto del suo grembo: spesso si tratta di parti gemellari o plurigemellari. Pur prevalendo qui una simbologia ispirata da un culto di carattere misterico, è superfluo sottolineare l’analogia con la nostra icona. Tra le divinità romano-celtiche andrebbe ricordata anche la Dea Nutrix rappresentata per mezzo di statuette di argilla che mostrano la dea nell’atto di allattare uno o due bambini” (…) “Altrettanto noto è che le antiche credenze ed i culti pagani, bollati da Sant’Agostino come superstiziosi, diedero vita nel corso del lungo periodo in cui si svolse la cristianizzazione delle campagne a forme di sincretismo religioso e di recupero in chiave cristiana di specifiche forme di culto pagano ↩︎
  4. Ivi, p. 22: “Il culto di Santa Liberata, protettrice delle partorienti, espresso attraverso l’icona della santa con i due gemelli, era verosimilmente presente in Canavese (come altrove) da tempi molto antichi e non documentati: le prime immagini affrescate risalgono almeno all’inizio del XV secolo; le due immagini più antiche – quelle di Montalto Dora, di Ciriè (e, se vogliamo includerla, anche quella di Rocca Canavese) – hanno tutte una particolarità iconografica: quella dell‘aureola sul capo dei due gemelli (particolarità sulla quale sarà necessario ritornare diffusamente più avanti); si verifica in un periodo che è difficile da definire con precisione un passaggio da una devozione che risponde ad una religiosità popolare spontanea (che si esprime solo in affreschi posti come invocazione protettiva o come ex voto in mezzo a teorie di altri santi) ad una “istituzionalizzazione” del culto attraverso la dedicazione alla santa di cappelle ed altari; tale passaggio ha avuto – a giudicare dalle cappelle intitolate a Santa Liberata – un notevole sviluppo a partire soprattutto dalla prima metà del XVIII secolo, quando la devozione alla santa con i due infanti è ormai stata da tempo inequivocabilmente ricondotta dalle autorità ecclesiastiche alla Santa Liberata di Como: la festa in suo onore, celebrata il 18 gennaio, coincide con quella celebrata ovunque (particolarmente in Lombardia) in omaggio alla monaca comasca assieme a sua sorella Santa Faustina” ↩︎

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