Quell’arida region della Turchia dove si combatté più d’una guerra, se ascolterete la novella mia conoscerete meglio d’ogni terra. Bagnata da tre mar su quella via che al regno delle Amazzoni si serra, fu retta da quegli abili indovini che di Caldea passavano i confini.
Congrega d’ignoranti scribacchini che Babilonia aveva in amicizia, prendeva a soldo i ladri, gli assassini per tutelare il furto e l’ingiustizia. Non erano guerrier né contadini, ma commercianti pieni di furbizia ed il sovrano un vecchio truffatore che aveva fama d’uomo senza cuore.
Mancorta il nome di quel pescatore che ai pesci non gettava le sue reti quell’avido e furbesco venditore, nemico dei sapienti e dei poeti. Aveva per amico un suonatore adatto a qualche festa nei vigneti e cosa veramente inusitata, le donne mai degnava di un’occhiata…
Cercava l’oro tutta la giornata Come Re Mida in mezzo al fiumicello la sabbia raccoglieva che dorata gli s’impigliava al pelo del mantello. Un giorno lui pensò: “Fortuna ingrata! io che possiedo al mondo ogni gioiello mi tocca di sgobbar mattino e sera nascosto qui tra i monti alla frontiera”.
“Si fanno beffa della mia criniera per via di questi smisurati orecchi dalla parvenza poco lusinghiera, pelosi, a punta e duri come stecchi. M’han detto che assomiglio ad una fiera, un ciuco buono per il robivecchi, ma non sarebber tanto chiacchieroni se fossi il re di tutte le nazioni”
Del mitico Re Mida esistono due motivi leggendari diversi tra loro, l’uno lo descrive come un Re Lidio vissuto in un periodo contemporaneo all’invenzione della moneta, l’altro invece lo vuole come un Re Frigio, la cui tradizione proverrebbe dal nord e precisamente da quei popoli indoeuropei che abitavano le steppe dell’Asia Centrale, da cui la leggenda del kurgan o sepoltura a tumulo che ancora oggi si trova a Gordion e viene indicato come la tomba di Re Mida. A quest’ultimo si riferisce il racconto greco del duello fra Apollo e il Satiro Marsia in cui il re riceve le orecchie da somaro per aver preferito la musica dionisiaca alla sacra poesia dei vati, mentre la leggenda posteriore ascrive a un re lidio con lo stesso nome l’ossessione per l’oro che effettivamente si trovava in grandi quantità nei torrenti della tauride, dove sorgeva la città di Sardis governata da questo personaggio. Nel fiume Pattolo il re si bagna indossando una folta pelliccia e la polvere d’oro s’impiglia alla pelle del caprone, altro motivo narrativo di grande importanza perché l’estrazione dell’oro dai corsi d’acqua avveniva per l’appunto in quel periodo storico immergendovi pelli di animali e questo è ben documentato dalla storiografia. Questo personaggio del re frigio non può essere che precedente la caduta di Troia, ovvero l’età del bronzo. Avendo constatato dunque l’esistenza di due re con lo stesso nome riferiti a epoche storiche diverse e a popoli diversi, ho scelto di fonderli in un solo personaggio che di storico non ha più nulla, ma è solo un’allegoria dell’avidità e dell’ignoranza, nonché della rinascita attraverso l’amore. Un amore tutt’altro che platonico, sia beninteso. Sarà infatti l’incanto amoroso di una ninfa a sconvolgere l’esistenza di Mancorta. Seguimi su YouTube e nei social per ascoltare il seguito e vedere altre gallerie fotografiche.
Sto realizzando una nuova edizione di questo poemetto in ottava rima, perché ho deciso di ripubblicare anche il secondo canto e proseguire nella redazione del ciclo epico rimasto incompiuto.