La propaganda contro Spartaco e la fine della rivolta
- Quali furono i limiti delle rivolte servili nell’antica Roma? Quanto contribuì al fallimento di Spartaco e dei suoi compagni la propaganda romana? Le donne ebbero un ruolo nella rivolta? La visione del mondo che avevano gli insorti era chiara e condivisa? Le divisioni interne furono dettate da immaturità politica, o semplicemente i tempi non erano ancora maturi?
La propaganda contro Spartaco
La sconfitta di Spartaco non può essere attribuita esclusivamente alla superiorità numerica delle forze romane. La propaganda contro di lui ha giocato un ruolo importante nella dispersione del movimento. Dopo che i ribelli ebbero sconfitto diverse legioni romane, il Senato romano decise di inviare un esercito composto da forze molto più numerose e meglio addestrate per affrontarlo. Inoltre, il generale romano Crasso, che fu incaricato di comandare le truppe romane contro Spartaco, riuscì a diffondere la propaganda tra i seguaci di Spartaco, che li convinse a disperdersi invece di continuare a combattere. La propaganda contro Spartaco è stata utilizzata anche dopo la sua sconfitta, come un modo per giustificare la brutalità e la violenza utilizzate dalle truppe romane per reprimere la rivolta degli schiavi. Inoltre, la sconfitta di Spartaco non può essere ridotta solo alla propaganda contro di lui e alla superiorità numerica delle forze romane. La ribellione degli schiavi era stata caratterizzata da divisioni interne e contrasti tra le diverse fazioni di ribelli, che spesso avevano obiettivi e interessi divergenti. Inoltre, la mancanza di un chiaro obiettivo politico e strategico ha reso più difficile per loro combattere contro le forze romane.
Le divisioni interne
Le fonti storiche romane descrivono Spartaco come un uomo crudele, violento e senza scrupoli, un nemico della civiltà e della società romana. Questa descrizione fu utilizzata anche nella propaganda dei suoi contemporanei per giustificare la necessità di sconfiggere lui e i suoi seguaci, convincendo in primo luogo l’opinione pubblica romana che la ribellione fosse una minaccia per l’intera società. La propaganda era però anche volta a minare la fiducia dei suoi seguaci nella loro causa, nonché la protezione riservata loro dai contadini e dalla plebe, per creare un vuoto intorno ai rivoltosi. Le fonti romane descrivono Spartaco come un uomo arrogante e temerario, che avrebbe portato i suoi uomini alla morte sicura senza una strategia o un obiettivo chiaro. La si voleva far credere una causa senza speranza, anche per convincere gli schiavi a deporre le armi e a sottomettersi ai loro padroni.
I Romani utilizzarono la propaganda anche per sottolineare la superiorità della loro civiltà rispetto a quella degli schiavi ribelli, fatti passare semplicemente per barbari senza cultura che minacciavano la stabilità e l’ordine della società romana. Infine, la propaganda contro Spartaco fu utilizzata per giustificare la brutalità delle azioni dei Romani contro i ribelli. Le fonti storiche descrivono l’esibizione dei ribelli impalati lungo la Via Appia, come esempio di punizione per coloro che osavano ribellarsi contro l’autorità romana. La ribellione degli schiavi guidata da Spartaco dimostrò la capacità degli schiavi di organizzarsi e combattere contro i loro oppressori, ma allo stesso tempo rivelò anche le difficoltà e le divisioni interne che possono ostacolare una tale lotta. La figura di Spartaco e la sua ribellione sono state oggetto di numerose interpretazioni e rappresentazioni nella cultura popolare, e continuano ad essere studiate e discusse dagli storici e dagli studiosi di tutto il mondo. Il problema era dunque da ricercarsi nel fatto che l’idea stessa dello schiavismo non era stata ancora messa in discussione a partire dalle sue fondamenta, sebbene gli ideali di uguaglianza promossi dagli stoici e dai tribuni della plebe iniziassero a diffondersi promuovendo la visione di una società più giusta, una più equa distribuzione delle terre e delle risorse. In molte delle rivoluzioni servili, la volontà di porre fine all’istituzione della schiavitù era un obiettivo esplicito, gli schiavi ribelli desideravano liberarsi dalla schiavitù e creare società più giuste e libere, ma non tutti condividevano questa visione radicale. Non sempre gli obiettivi dei ribelli erano così chiari e definiti. Alcuni di loro cercavano solo di migliorare le proprie condizioni di vita e di lavoro, senza necessariamente cercare di porre fine all’istituzione della schiavitù in sé. Per questo motivo fu relativamente facile dividere il movimento dal suo interno, suscitando le defezioni da parte degli stessi rivoltosi. L’idea di una società senza schiavi non era ancora matura.
Cosa mancò a Spartaco
Si possono ravvisare alcune similitudini tra le idee dei movimenti di ribellione degli schiavi dell’antichità e le idee del socialismo ottocentesco che a Spartaco si ispirerà più volte in modo esplicito (ricordiamo il movimento degli spartachisti nella Germania del primo Novecento). La lotta degli schiavi nel mondo antico era basata sulla critica dello sfruttamento economico e delle disuguaglianze sociali, i ribelli cercavano di rovesciare l’ordine sociale esistente che permetteva ai padroni di arricchirsi sulle loro spalle. In questo senso, la lotta degli schiavi può essere interpretata come una forma ancora vaga e istintiva di lotta di classe. Alcuni movimenti di ribellione degli schiavi dell’antichità avevano anche una visione utopica di una società senza schiavitù, in cui tutte le persone avrebbero avuto gli stessi diritti. Questa visione potrebbe essere considerata come una forma primitiva di socialismo utopstico. La Repubblica di Platone aveva già introdotto il concetto di luogo ideale, principio di giustizia verso cui tendere con le proprie scelte nella vita reale, per cui anche da un punto di vista simbolico l’associazione è coerente e il movimento che più si avvicinò alla visione di un radicale rinnovamento fu proprio quello di Spartaco. Vi furono però anche profonde differenze, in primo luogo i movimenti di liberazione schiavile romani pensavano più alla liberazione degli schiavi che a una radicale riforma del sistema economico. Non volevano essere considerati come proprietà, ma non mettevano in discussione tutti i rapporti di produzione tra chi possedeva e chi lavorava la terra. Inoltre il socialismo ottocentesco poggiava su una solida base intellettuale, era influenzato dall’economia politica, dalla filosofia della storia, contadini e operai potevano contare su una classe di intellettuali che sostenevano e promuovevano le idee di rivolta, mentre i movimenti di liberazione schiavile romani furono animati principalmente dalle esigenze concrete di una resistenza all’oppressione romana e cosa ancora più importante, non coinvolsero le donne se non in modo indiretto. Queste ultime infatti pur essendo soggette a una doppia oppressione, quella della schiavitù e quella del patriarcato, parteciparono alle rivolte in modo anonimo o misconosciuto, non si costituirono mai in movimenti organizzati delle donne schiave, o delle donne in generale. Anche questo mancò a Spartaco e ai suoi compagni.
Letture consigliate
- Appiano Alessandrino, Le guerre civili de’ Romani, Tradotte dal greco dall’abate Marco Mastrofini, già pubblico professore nel seminario di Frascati, Roma, Vincenzo Poggioli, 1826, Open source edition
- Sallustio, La guerra Giugurtina, Milano, Garzanti, 2007
- Cassio Dione, Le Istorie romane. Tradotte da Giovanni Viviani, Milano, Sonzogno, 1823. Open Source Edition
- Rosa Luxemburg, Il programma di Spartaco, Manifesto Libri, 1995