Una stesa di Tarocchi. Romanzo, fantascienza.
La macchina
dei sogni
L’ospedale fantasma n.16
Romanzo di Federico Berti
FANTASCIENZA ITALIANA
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UNA STESA DI TAROCCHI
Sento il pericolo intorno a me, gli automi sembrano impazziti. Non mi perdono di vista nemmeno un secondo. Nell’angolo della piccola stanza, arredata in stile borghese con mobili di pregio e un gusto piacevolmente retrò, un piccolo androide s’è scoperchiato la calotta cranica, stringe qualche bullone dopo aver sostituito un paio di fusibili e la scheda madre del suo impianto. Non si cura della presenza nostra, sa bene che nessuno lo avvicinerebbe: è tanto piccino quanto letale, un vero scorpione del deserto. Modelli come il suo ne vendono in quantità anche per via delle dimensioni ridotte e il costo accessibile dall’amministrazione d’un piccolo comune, vengono distribuiti in plotoni da dieci, venti, trenta unità programmate per mantenere l’ordine pubblico.
Ciascuna di loro sa sempre dove sono le altre, riescono a coordinarsi tramite un sistema di localizzazione satellitare e possono comunicare anche a notevole distanza. Sono praticamente inattaccabili. Materiale resistente al calore, all’urto, possono smembrarsi e ricomporsi da soli in pochi secondi, mentre gli altri fanno scudo intorno. E’ un piccolo esercito di strada. Da qualche giorno uno di loro mi sta dietro come un’ombra, un demone guardiano, un angelo della morte. Vogliono incastrarmi, lo so. Aspettano solo un passo falso da parte mia. Sanno che molte persone del paese da qualche tempo s’avventurano qui dentro, non solo gli allievi del pittore ma anche devote e pie signore pronte a stringersi intorno alle tre vecchie, per dire il rosario davanti all’edicola della Madonna.
Mi sono rivolto all’anziana donna Flora, vengono a trovarla da molto lontano per farsi leggere le carte, non solo Bologna, Venezia, Torino, ma anche dalla Francia, dall’Austria, dai Balcani. Vive qui dentro perché non può permettersi una casa di riposo e allora ha sottoscritto il programma di convivenza coi galeotti della residenza giudiziaria; non possiede nemmeno gli stracci che indossa, anche quelli glie li portano le volontarie della croce rossa. Riceve in camera, accompagnata dalle inseparabili coetanee Gelsomina e Malvarosa, la prima sferruzza variopinte coperte non misurabili dall’occhio umano, potesse cucirle tutte quante insieme ne rivestirebbe la volta del cielo. Ascolta per lo più in silenzio, ogni tanto s’inserisce nel discorso piangendo come una bambina e racconta le molte pene della sua sfortunata esistenza.
La terza le siede accanto con un paio di forbici in mano aspettando il momento per tagliare il filo, non potrebbe fare altro del resto: è una brava persona ma non brilla d’ingegno, a vederla si direbbe più ricca della Madonna dell’Arco, tutti sanno che donna Flora non chiede mai denaro in cambio dei suoi responsi, ma gradisce un omaggio per la sua pupilla. Così le portano anelli, collane, orecchini, spesso costruiti a mano dallo stesso donatore. Ho bucato il guscio di dodici noci, vi ho passato dentro una cordicella e sull’interno di ciascuna metà ho ricopiato un proverbio in bella calligrafia: Malvarosa va matta per questo genere di pensieri, anche se dopo un mese o due regala i suoi preziosi di latta, sassi e fil di ferro, li scambia volentieri con memorie di defunti, rosari, santini, libri di preghiera.
IL FIGLIO MINORENNE DELL’AMANTE
Gli occhi di donna Flora mi scrutano in profondità. Vuol sapere perché sono venuto a parlare con lei dal momento che non ho mai manifestato interesse per le sue dannate carte da gioco, sa bene che le considero il retaggio d’una cultura arretrata, analfabeta, superstiziosa. Eppure son qui. Ho atteso con pazienza il mio turno seduto in corridoio con una giovane maestra di scuola, in piacevole conversazione con l’oste di Piazzale Benvenuti. Le ho sentite parlare d’una relazione illecita venuta alla ribalta fra il geometra Linguatorta e quella strana donna dai riccioli d’oro che veste in modo inutilmente ricercato, più magra della morte in vacanza. Il fatto è sulla bocca di tutti, così dicono: pare che la donna rincasando una sera prima dell’orario stabilito, abbia trovato il suo amante a letto col proprio figlia minorenne, facevano il gioco dell’oca. E’ andata su tutte le furie. Cleonice Ficalessa dunque faceva l’amore col geometra Linguatorta, titolare della cooperativa che ha vinto l’appalto per gestire l’emergenza incendi, ma lui a sua insaputa seduceva la prole ancora nell’età dell’innocenza. L’osso che un cane seppellisce, prima o poi la pioggia lo dilava.
Flora ha un occhio azzurro e uno nero, stende le carte sul tavolo in quattro colonne disposte a quadrato poi inizia a scorrere la serie dall’alto verso il basso, da sinistra verso destra; le rimescola, le stende nuovamente a cerchio, forma una scala rovesciata con tredici gradini. Parla con leggerezza. “Voi siete un uomo assai curioso ve lo devo proprio dire, qui vedo il dottore seduto sul folle: segno che fate domande imprudenti, seguite il mio consiglio. Badate sempre a non calpestare le rose dei giganti”. Mentre parla ogni tanto la dentiera si muove dando l’impressione di voler uscire dalla bocca per divorarsi il tavolo, le sedie, il tappeto, la colonna, le pareti, le porte, l’intero ospedale. Le ho chiesto se la mia vita sia in pericolo, non credo nella disposizione casuale delle carte ma per quanto ne so val più l’orecchio d’una anziana signora, che un’intera stazione radiofonica. “Vedo un incaglio, una lettera non affrancata. Siete voi a scriverla ma non sarete voi a spedirla, vedete? Accanto alla donna di bastoni c’è il fante, un cavaliere e pure l’illusionista, una compagnia di molte persone insomma. Vedo anche libagioni, allegrezza, viandanti che sopraggiungono da lontano, una papessa in trono seguita da moltitudine di uomini tre dei quali anche piuttosto influenti, avete notate le corone?”.
Parla lentamente con lunghe pause, si aspetta che risponda. Non lo farò, il motivo è che la verità non sta mai nelle carte ma piuttosto nella disponibilità all’ascolto del richiedente, nell’esperienza e la sensibilità del mediatore. E’ una macchina dei sogni. Non rispondo, la lascio continuare. “Siete in pericolo senza dubbio, qui vedo anche dolore, afflizione, solitudine ma alla fine risolve in un viaggio, guardate bene la casa sta sopra l’appeso, fanno seguito il carro e il mondo. Non resterete qui per sempre”. Non ha previsto nulla, sta solo descrivendo la mia condizione di recluso, il mio desiderio di fuggire da quest’inferno e l’impegno che metto nel richiamare l’attenzione dei cittadini.
Non sono le carte a dirlo, è lei che lo ha capito. Può permettersi di vaticinarlo parlando a suocera in modo che nuora non intenda, l’androide di sorveglianza non trova nella conversazione elementi che si possano configurare come sospetti, per lui non sono che sequenze di simboli apparentemente prive di senso. Non è in grado di ricostruire la logica interna al discorso perché non può esservi alcuna grammatica universale nella lettura delle carte, è un linguaggio fatto di segni, gesti, sguardi che s’incrociano. “Libagioni, allegrezza, una processione, avete colto nel segno” rispondo allora. “Ma in onore di chi?”. Lei solleva lo sguardo, s’è accorta che sto provando a coinvolgerla in qualcosa di più che un rosario davanti al pilastrino. “Ogni santo è buono al suo tempo” risponde. Sorride, ha capito benissimo cosa intendo. (Continua)
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Laureato al Dams di Bologna con una tesi sulla narrazione, Federico Berti è dal 1994 cantastorie, artista di strada, uomo orchestra, romanziere, scrive libri e incide musica. “L’Ospedale Fantasma” è stato pubblicato per la prima volta a puntate su questo sito, stampato per la distribuzione in libreria è disponibile per la lettura in digitiale, EPUB |PDF. Scarica il romanzo
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La distopia tecnologica in un romanzo
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