Una ferita al cuore. L’enigma del romanzo rosa
L’ospedale fantasma n.23
di Federico Berti
Vlad vive in biblioteca da quasi un semestre. Ha saccheggiato gli scaffali per colmare le lunghe giornate del soggiorno obbligato cui l’han costretto, sa benissimo dove trovare i libri che gli ho segnalato; a onor del vero me li consegna nel volgere di pochi minuti, dopo aver creato una zona d’ombra lontano dalle telecamere li sfogliamo uno a uno. Sulle prime non sembra esservi nulla di particolare a parte alcune parole sottolineate che rendono faticosa la lettura, son proprio quelle a destare il mio interesse: leggendole di seguito danno un testo autonomo che niente ha in comune con l’opera letteraria. Chi mai prende note s’un romanzo rosa domando, così ho scoperto la chiave per decodificare il messaggio. Trascrivo sfogliando in fretta, mi rendo conto d’avere in mano la parte del progetto che mancava ai disegni dell’architetto, dove si spiegano con chiarezza le ragioni delle sue innovazioni sull’architettura del manicomio criminale: a quali precedenti s’è ispirato e come ne ha elaborato i modelli. Vi è pure una bibliografia sulla riforma del sistema carcerario con tanto di mappe geografiche e piante degli edifici, scoperta davvero interessante più per le conseguenze che per il presupposto; non si può dire abbia introdotto chissà quale innovazione, in realtà dovendo ristrutturare un ospedale giudiziario s’è posto il problema della riabilitazione, da affiancare a quello più ordinario della detenzione. Nella sua mente generosa ma un po’ ingenua, non s’è accorto che il risultato era praticamente un campo di rieducazione in pieno stile anni ’30, con tanto di scuola, teatro, cinema, biblioteca e botteghe artigiane. O forse, se n’era accorto eccome. L’amministrazione pensò che in quell’idea di partenza fossero implicite potenzialità non trascurabili, che i nuovi sistemi informatici avrebbero potuto sfruttare avvalendosi di tecnologie all’avanguardia.
Lucrezio è partito da alcune constatazioni elementari. In primo luogo ogni detenuto pesa sul bilancio del governo, in secondo luogo la galera è terreno privilegiato dove i piccoli criminali affinano le loro abilità e stringono contatti utili al momento di ritornare in società. Nella sua visione del mondo il carcere non doveva essere un luogo d’isolamento dal mondo ma al contrario, un laboratorio sociale permanente: si doveva entrare delinquenti e uscire con un titolo di studio, una casa, un lavoro. Non solo ma chi avesse scontato il periodo di detenzione sarebbe stato anche costretto a ricostruirsi la vita in una regione diversa da quella in cui risiedeva fino al momento della condanna, diversa anche da quella in cui era stato sorpreso a commettere il crimine. Qualora non vi fossero più regioni libere la privazione di libertà si commutava nell’esilio, contribuendo a disgregare quel tessuto sociale che tanto profondamente radica la criminalità organizzata al territorio in cui opera, creando i presupposti per smantellarne il potere. Inoltre nella visione di Lucrezio nessun condannato aveva diritto al mantenimento gratuito ma doveva guadagnarsi vitto, alloggio e servizi prestando la propria opera professionale in qualche settore collegato alla vita in carcere, o ad attività che le aziende in collaborazione con la casa circondariale svolgessero all’esterno. Per concludere, l’uscita dal carcere comportava un pieno recupero dei diritti di civili.
L’azienda sanitaria ha accolto solo in parte le innovazioni introdotte dal Coppola, realizzando quel laboratorio per la ricerca sociale ma deviandone in modo radicale l’obiettivo: non più la sicurezza dello Stato e il progresso civile, ma l’interesse esclusivo delle grandi corporazioni, il totale controllo della volontà esteso non soltanto ai detenuti, bensì all’intera popolazione. Le botteghe presenti nell’edificio e impiegate ogni giorno dagli ospiti non servono a costruire delle relazioni col mondo esterno, ma soltanto a soddisfare bisogni materiali che nutrono il loro edonismo offuscandone le coscienze. Il personale umano ridotto al minimo indispensabile, l’automazione del servizio di sorveglianza e l’imposizione del tutorato ai detenuti in buone condizioni di salute, han creato qualcosa d’infernale che soltanto il Coppola poteva comprendere a fondo in quanto era stato lui a progettare la ristrutturazione del vecchio ospedale.