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La comunità immaginata dell’Egitto predinastico

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L’Egitto predinastico nel V millennio

La civiltà della valle del Nilo in Egitto esisteva da molto prima dell’unificazione del paese sotto Narmer, avvenuta intorno al IV millennio a.C. Diverse culture preistoriche e protostoriche, come quella di Naqada e di Badari, si svilupparono nella regione del Nilo già a partire dal V millennio, dando vita ad una serie di tradizioni culturali che sarebbero poi confluite nella civiltà egizia. Queste culture si svilupparono grazie alla fertilità del suolo, che consentiva l’agricoltura e la crescita di insediamenti stabili, e alla presenza di risorse naturali come minerali, legname e fauna selvatica. La civiltà egizia si sviluppò poi grazie alla presenza del fiume, che costituiva una via di comunicazione e di commercio tra le diverse regioni del paese e tra l’Egitto e le regioni circostanti, favorendo lo sviluppo di una società complessa e gerarchizzata. La cultura egizia si è evoluta nel corso dei millenni, dando vita ad una delle più grandi e durature civiltà dell’antichità, caratterizzata da una forte organizzazione politica, religiosa e sociale, dalla produzione di opere d’arte monumentali e dalla capacità di realizzare grandi opere di ingegneria, come le piramidi, i canali di irrigazione e tutto il resto. La civiltà egizia ebbe un’influenza duratura sulla cultura del Mediterraneo e del Vicino Oriente, diventando un importante punto di riferimento per molte culture e società successive.

Le culture del tardo Neolitico

Sull’Egitto predinastico sappiamo che va dalla fine del Neolitico all’unificazione del paese sotto il faraone Narmer (intorno al 3100 a.C.). Durante questo periodo si svilupparono diverse culture locali in diverse regioni dell’Egitto, come quella di Badari, quella di Naqada e quella di Maadi. Queste culture avevano alcune caratteristiche in comune, come l’agricoltura, la produzione di ceramica, la lavorazione della pietra e la sepoltura dei defunti. Tuttavia, ogni cultura aveva anche le proprie peculiarità, come i tipi di ceramica prodotti, i rituali funerari e le tecniche di lavorazione della pietra. Per quanto riguarda la lingua, durante il periodo predinastico non ci sono prove certe dell’uso di una lingua comune in tutto il territorio egizio. Tuttavia, si pensa che vi fosse una sorta di proto-egiziano, una lingua che sarebbe stata la base per la successiva lingua egizia. Per quanto riguarda i culti religiosi, anche in questo caso si ipotizza l’esistenza di diverse divinità locali, che venivano adorate in ogni regione secondo i propri riti e usanze. In seguito, con l’unificazione del paese, queste divinità vennero riunite in un pantheon comune, dando vita alla religione egizia. In sintesi, possiamo dire che durante il periodo predinastico dell’Egitto antico si svilupparono diverse culture locali, che avevano alcune caratteristiche in comune ma anche delle differenze.

L’ipotesi del cambiamento climatico

Prima del V millennio, la regione era caratterizzata dalla presenza di numerose culture preistoriche, basate sull’agricoltura e sulla pastorizia, e si sono evolute nel corso del tempo sempre per la presenza del fiume e la fertilità del terreno. La presenza di insediamenti stabili, di strumenti in pietra e di manufatti in ceramica testimoniano la presenza di una cultura materiale evoluta già in quest’epoca. In questo periodo, la valle del Nilo era una regione ricca di risorse naturali, che hanno permesso lo sviluppo di una cultura materiale avanzata. Gli antichi egizi utilizzavano la pietra, il legno, l’argilla e gli animali come risorse per la costruzione di case, strumenti e manufatti. Questa fase dell’Egitto predinastico sfuma nella teoria del Sahara verde, un periodo nel quale il deserto si ritiene possa attraversato un periodo umido nel quale vi fossero laghi, zone irrigate, ampie aree di savana e terreni coltivabili.

In conclusione, la teoria delle comunità immaginate formulata da Benedict Anderson in riferimento all’ideologia identitaria dei Greci nell’età classica, intesa nel senso di quei gruppi sociali o comunità reali, che non condividevano una vera e propria struttura politica, istituzionale, amministrativa, ma si concepivano come parte di un’idea, una collettività fondata sulla continuità di lingue, religioni e culture materiali, doveva essere già presente nell’Egitto Predinastico, in quello che Engels chiama il tempo primitivo, prima della formazione del concetto di famiglia, proprietà privata e Stato. Questa mitica età dell’oro che sfuma nel mito illuminista del buon selvaggio raccontato da Jean Jacques Rousseau, nel racconto del popolo atlantideo tramandato dagli stessi egizi e riportato in Platone, il quale tornerà a strutturare la maggior parte della letteratura utopistica, dal Divino Solone di Campanella al re atlantideo di Bacone, dal mito greco di Atlante all’epopea dell’amazzone Mirina, per confluire nella narrazione biblica dell’Eden, il giardino delle mele d’oro, la coppia primigenia di Adamo ed Eva. Oggi le comunità immaginate attraversano gli stati e si formano intorno a idee condivise, visioni del mondo spesso contrapposte che si combattono le une con le altre, come si sono combattute le comunità immaginate fin dalla preistoria.

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