La bambina dimenticata in macchina. Gli anziani raccontano. Interviste in casa di riposo.
Dimenticarsi
il bambino in auto
Il cervello va per conto suo
In collaborazione con Villa Maia
via Altura 7, Monghidoro (Bologna)
OGGI TUTTI HANNO FRETTA
“Far la spesa, andare nell’ufficio, lavar la roba a volte a mano perché se è un tessuto delicato si rovina, portare i bimbi piccoli all’asilo; gli uomini vogliono essere al lavoro nell’orario giusto, di morire però fretta non ne hanno. Noi era diverso, mia nonna è stata con me sempre. Mi aiutava, faceva ancora la sfoglia a novantotto anni con il seggiolino sotto i piedi sennò non ci arrivava nemmeno, oppure stava con mio fratello. Mia figlia non sa mica farla. Il nonno l’abbiamo avuto in casa fino a centouno anni, quando ne aveva settanta andava nella stalla che ormai il naso toccava per terra e dopo sedeva sotto una quercia grande, si metteva lì colla sua pipa rossa di terracotta in bocca. Glie l’avevo portata io dalla Val d’Aosta, tutta le gente che passava lui diceva: “Guarda mò cosa m’ha portato il mio nipote!”. Voglio dire che una volta di bambini ne avevi anche tre o quattro, forse di più: chi ne aveva sei, chi addirittura sedici, la mia zia non andò a scuola perché aveva da badare ai cinque fratelli. Rispetto a quando ho cominciato a lavorare io si prende un po’ di più e si lavora anche un po’ meno, in risaia o in fabbrica s’andava pure la domenica. Poi adesso la paga è normale più che una volta, il primo mese mi dettero 300 lire e me le rubarono pure i facchini che venivano a caricare la roba. Se pensi che non c’era la corrente e dovevi andare alla fonte, per il bucato scaldavi l’acqua, per il fuoco c’era la legna”.
TROPPE COSE NELLA TESTA
“In famiglia eravamo in ventitré di cui quattro ragazzi già sposati coi loro figli, poi ci siam divisi nel ’40 con un’impresa agricola, dei poderi che erano una meraviglia. Si lavorava insieme, essendo nel nostro andavamo comodi e poi alle quattro e mezza merenda nel campo. Normale che i figli sposando rimanessero in casa di uno o dell’altro, finché c’era posto almeno: i nonni aiutavano a tenere i bambini, pulire la verdure, pestare il condimento, non andavano alla casa di riposo. Mia mamma erano in trentuno, se ne mancava uno non se ne accorgevano neanche. Facevano pure la crescente, me la sogno ancora col prosciutto bella croccante perché non la cuocevano proprio tanto. Era buona per forza, non c’era altro! Quelli che andavano in fabbrica stavano per conto suo, loro si che avevano fretta, un orario per incominciare e un orario per smettere; si marcava la cartolina entrare e uscire. Se magari tu ritardavi mezzora ti levavano un’ora, sicché si faceva di corsa a arrivare, per non perdere tanti soldi. Se penso ai miei tempi che uno i vestiti se li faceva in casa, o magari si rivoltava il paltò colla stoffa al rovescia, allora dico: la vita di oggi se vai a vedere potrebbe essere molto meno stressante di una volta”.
NON E’ IL TEMPO CHE GLI MANCA
“Mio nipote di quindici anni suona il violino, quell’altro invece il pianoforte, il terzo non so nemmeno che; poi però hanno il calcio e di preciso non so ma li vedo sempre impegnati. Dimenticare un bambino dentro la macchina non è un problema di fretta, ma di stare al mondo: non è il tempo che gli manca, han troppe cose per la testa forse anche il fatto che noi siamo nati nella miseria e abbiamo migliorato, loro invece sono nati nel benessere e poi son caduti in basso. Nel tempo libero non andavamo chissà dove, magari stavamo un po’ sul dondolo, s’andava a San Luca; io per esempio filavo col telaio, ho fatto le mie otto lenzuola ricamate vicino al fidanzato. Quand’ero già sposata invece se avevo un momento libero, me ne andavo a riposare dal gran lavoro che mi toccava fare; poi dovevo fare i vestiti ai miei bambini, perché dei soldi non ce n’era mica tanti. Poi voglio dire un’altra cosa, me a scuola han fatto imparare a memoria le poesie, le tabelline che i conti solo a mente mica il calcolatore come oggi, e se sbagliavi eran sberle. Imparavo le canzoni fin da bambina, le favole tutto era buono per noi: mi ricordo quella delle tre oche che andavano a nozze e incontrarono il gufo, le voleva mangiare. All’asilo facevo la maglia coi ferri, i calzini, le suolette. La televisione non c’era mica, l’ho avuta solo nel ’59”.
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E’ STATA LA RICCHEZZA
“Per me i bambini oggi sono più stimolati, vedi mio nipote come muove le dita sul pianoforte, però poi quando diventan grandi non sanno tener dietro alle responsabilità, si sentono troppo sicuri di sé e più bravi. Anche nelle risposte che ti danno, lasciano a bocca aperta, una volta non ci azzardavamo neanche. Forse perché adesso è tutto un altro mondo, è stata la ricchezza. Non ce n’è per tutti, se pensi che il figlio in macchina se l’è dimenticato un professore dell’università, un operatore sociale che tirava fuori i ragazzi dalla droga, mica un contadino. Pensiamo che coi soldi si fa tutto, e allora è la volta buona che sbagliamo. Oggi sono più avanti di una volta, più intelligenti però hanno i genitori che ci pensano e stanno in casa fino a quarant’anni. Non sanno prendersi delle responsabilità, quindi basta niente e il cervello se ne va per conto suo. Sarebbe meglio mettere un po’ più la testa nelle cose serie. Solo che è un po difficile, perché il mondo va così e non so se cambierà qualcosa un domani. Me l’auguro”.