Un gatto vagamente vanitoso Vantava la virtù del cacciatore, Stimandosi per nulla presuntuoso Volette dare prova al suo valore Tra i denti stritolando una sardina Sottratta dal secchiello a un pescatore. “Miserabile, inutile sciocchina! Tra le sorelle in branco si nasconde Nel fatuo rifluir della piscina. Se tu le vuoi parlar lei non risponde Nella penombra del fondale occulto E’ buona solo a rifuggir tra l’onde”. Nel dir così la sarda ebbe un singulto E dimenò la coda flebilmente Che il micio sobbalzò con un sussulto. “Boia d’un mentecatto impenitente!” Rispose il pesce: “Sgonfiati nel petto Che tu mi pari poco intelligente, Son la più anziana in tutto il mio distretto La carne molle, putrido il midollo, Con me farai ben misero banchetto. Siamo a migliaia nell’immenso atollo Con me sola ti puoi pavoneggiare Mi sei venuta a mordere sul collo, Ma il nostro viaggio non lo puoi fermare Non puoi impedirci la riproduzione Di quel che siamo e che vogliamo fare”. Il gatto nel sentir tanta passione Dall’impressione cadde nel canale Legato alla gomena d’un gommone. Nella corrente mossa dal maestrale Vide l’ombra d’un pesce smisurato Nuotar nella corrente tropicale. Travolto, si sentì mancare il fiato, Non un delfino, non una balena Ma un branco di sardine sterminato, Come l’onda imponente d’una piena! Tra una bestemmia e una maledizione A stento ritrovò la via del molo, Ancora scosso per la delusione, Tornando a strofinarsi tutto solo Sulle gambe annoiate del padrone Per mendicar l’avanzo del paiolo.