Il Diavolo nella Scacchiera. La leggenda di Paolo Boi il Siracusano.
Il Diavolo nella Scacchiera
La leggenda di Paolo Boi
detto il Siracusano
Articolo di Federico Berti
Paolo Boi detto il Siracusano fu marinaio, soldato, gran viaggiatore. Benvoluto da aristocratici, prelati, Filippo II di Spagna addirittura gli conferì delle rendite. Anche su di lui si racconta la storia di una prigionia riscattata sulla scacchiera in Ungheria dai Turchi Ottomani. La leggenda secondo cui giocò e vinse persino contro Satana, in cui potrebbe vagamente risuonare il topos della maledizione, è tuttavia un’invenzione letteraria che risale agli anni ‘20 del Novecento1
«La leggenda pretende che egli nel suo cammino errante abbia giocato una volta con il diavolo. Davanti alla porta di S. Maria de C…, della piccola città di C., in Calabria, in un bel mattino dell’anno 1570, Paolo Boi che era religioso ed osservava tutti i riti, incontrò una volta una ragazza di una bellezza abbagliante, molto bruna, molto gagliarda. I suoi occhi penetranti ed enigmatici brillavano di una fiamma febbrile. La conversazione che nacque subito tra di loro non tardò a trasformarsi in amicizia e Paolo Boi con sua grande sorpresa apprese che la giovane giocava a scacchi. La sua sorpresa fu ancora più grande, quando durante una partita in corso lui si accorse che la sua avversaria era assai temi-bile, poiché eseguiva mosse straordinarie. La lotta diventava sempre di più agguerrita e alla fine il Siracusano, credendosi ormai vincitore, volle dichiarare matto in due mosse alla sua avversaria. Ma a questo punto con suo grande stupore, vide che la Regina bianca della sua partita si era tra-sformata in una Regina nera e la bella bruna gli disse ridendo: “Paolo mio, tu non vincerai, perché adesso io ho una Regina e tu non ne hai”. Paolo impaurito mormorò: “Oh Santa Maria!”. E pronunciando queste parole si accorse che, malgrado la svantaggiosa trasformazione, poteva ancora vincere la partita in due mosse”2
Questo racconto, nel quale si riporta anche la posizione di un duplice problema scacchistico nel quale la Regina Bianca si trasforma in Regina Nera, rielabora una cronaca del XVII secolo in cui si narrava effettivamente di una partita disputata dal Boi a Venezia3, o secondo un’altra fonte a Milano4, in cui pur essendo ingannato dall’avversario sostituendo i pezzi sul tavoliere, si aggiudicò la rivincita indossando la Corona del SS. Rosario e affidandosi alla grazia divina. Si direbbe un racconto esemplare ad uso dei predicatori, non postula una maledizione insita nella scacchiera o nel giocatore, ma piuttosto vuol mettere in guardia da coloro che praticano il gioco d’azzardo, vizio deprecabile cui gli Scacchi, lo abbiamo visto, non erano con ogni evidenza estranei5.
Nessuna dannazione eterna a carico del Boi, la cui illusione era stata solo conseguenza di un ambiente sociale, quello del gioco d’azzardo, nel quale si aggiravano ingannatori senza scrupoli da cui fede e preghiera offrono sicura protezione. Per quanto ne sappiamo da Alfonso Sanduzzi nelle sue Memorie storiche di Bagnoli Irpino6, il Salvio pur residente a Napoli eresse nel suo paese natìo una Cappella dedicata alla SS Trinità dotata di un Ospedale per pellegrini e infermi da lui stesso finanziato con una rendita annuale per il mantenimento: se questa notizia non dice nulla, non direttamente almeno, a riguardo del suo aneddoto sul Boi, è tuttavia d’aiuto nel confermare la chiara impronta morale e devozionale del racconto. Quanto al Carrera, che aveva ambientato a Venezia la leggendaria partita, il suo orientamento era assai meno implicito avendo lui stesso preso i voti come sacerdote. Noto per le sue ricostruzioni storiche non documentate, quando non per le deliberate falsificazioni, possiamo classificare la sua versione dell’episodio come un racconto esemplare nel quale non si demonizza la scacchiera in sé7, quanto l’azzardo che intorno ad essa veniva frequentemente praticato e del quale il Boi rappresentava un esempio di assai dubbia moralità8.
Il racconto di Barthes aveva un precedente in Godfrey Charles Gümpel e Alphonse Dellanoy, che nel racconto Mephistopheles à l’Exposition Universelle de Paris pubblicato nel 1878 sulla rivista ‘La Strategie’ si ispirarono a un problema di Scacchi nel quale alla posizione del matto corrispondeva una disposizione dei pezzi in modo tale da formare una croce, ragion per cui il misterioso sfidante rifiutò di compiere l’ultima mossa e svanì in una nuvola di zolfo. Nell’edizione inglese del racconto, il protagonista affermava in modo inequivocabile:
“Il diavolo è stato catturato”; d’ora in poi i suoi servigi saranno i miei, e io lo incatenerò al tavolo degli scacchi per giocare per mio divertimento […]».
Qui il topos del daimon nella scacchiera è invertito di segno, nel senso che non si tratta di un potere malvagio insito nel tavoliere, ma di un demone intrappolatovi da una benedizione.
Note e bibliografia
1Victor Barthes, Paolo Boi et le diable, ‘Les Cahiers de l’Echiquier Français’ n. 50, novembre-dicembre 1935, pp. 181-182.
2Cit. in: Santo Daniele Spina, Paolo Boi e il Diavolo: come nasce una leggenda, in: Scacchi Italia, n.3 Ottobre 2022. “Si dice che il Siracusano abbia sconfitto a scacchi persino Satana, ma è un’invenzione nata a metà ‘900. Basata su un fatto vero”.
3Pietro Carrera, Il gioco de gli scacchi di D. Pietro Carrera diviso in otto libri, Militello 1617, 556 p.
4Alessandro Salvio, Il Puttino, altramente detto, il cavaliero errante del Salvio, sopra il gioco de’ scacchi con la sua Apologia contra il Carrera, diviso in tre Libri, Napoli 1634.
5Alessandro Salvio vinse due volte contro Paolo Boi. Di professione giure-consulto, frequentò a Napoli le accademie dei Carafa, dei Di Costanzo e dei Rovito. Il suo racconto sembra più orientato a una critica del gioco d’azzardo, in pieno allineamento con la posizione della Chiesa post Tridentina.
6Cit.in Rocco Dell’Osso, Alessandro Salvio (1570 – 1640). Campione del mondo di scacchi … nel 1600!, in: ‘Fuori dalla rete’, Anno IV n.1.
7Si ricorda a tal proposito che il Carrera fu anche autore di un trattato dal titolo Il gioco de gli scacchi diviso in otto libri, ne’ quali s’insegnano i precetti, le uscite, e i tratti posticci del gioco, e si discorre della vera origine di esso, In Militello, per Giovanni de’ Rossi da Trento, 1617. Lui stesso valente giocatore, non è verosimile postulare una sua condanna del gioco in quanto tale.
8Paolo Boi praticò l’azzardo anche in modo truffaldino, fingendosi col supporto di complici inesperto davanti a un oste genovese, per indurlo a puntare forti somme, innalzando la posta e manifestando solo alla parti-ta decisiva la sua abilità. In questa pratica, oggi nota come ‘stangata’, fu a sua volta eccellente e truffaldino ingannatore.