La Ninfa invita il sovrano a bagnarsi con lei nelle acque del Pattolo. Un suo bacio sensuale e appassionato cambierà per sempre la vita del monarca. Leggi l’episodio precedente.
XLV. E nella siccità degli altipiani dall’anfora scorreva tanto vino che non bastavan dieci, cento mani a scaraffarlo tutto nel catino. Nel battere d’un ciglio i due silvani han perso la misura e il misurino il re caldeo beveva a più non posso, per poco la pipì non si fa addosso.
XLVI. Il naso gli era diventato rosso la lingua in bocca tutt’intorcinata e traballante in bilico sul fosso aveva la coscienza un po’ annebbiata. A un tratto si sentì di molto scosso vedendo riapparir la stessa fata che il giorno prima fermamente prese dello schifoso insetto le difese.
XLVII. Stupito della cosa il Re le chiese: “Cosa ci fai tu qui o ragazzina? Non ho scordato le parole offese con cui andasti via l’altra mattina!”. Ma lei sorrise e con le mani stese gli fece un’invitante mossettina lo prese dolcemente per un braccio ed invitò a ballar quel poveraccio.
XXXIX Lui si schermì: “Fai piano, diavolaccio Potrei cadere in terra malamente!”, di sciogliere tentò il femmineo laccio ma non le resistette lungamente. Lo avvolse lei in un caloroso abbraccio se lo rapì nel corpo e nella mente poi senza dire niente, l’ha afferrato per dargli un bacio da mozzare il fiato.
IL. “Mi sento un po’ stordito e frastornato! Ho già dimenticato le afflizioni, dalla corrente sono trascinato nel gran tumulto delle mie passioni”. Nell’acqua del torrente s’è tuffato sotto l’impulso delle tentazioni sguazzava tra le onde, il vecchio arcigno come nel lago può nuotare un cigno.
L. Frattanto che lei schiude quello scrigno intorno si levò una lieve brezza e ricomparve il consigliere insigno, il re lo salutò con leggerezza. “Venite a degustar questo vitigno è degno d’una gran piacevolezza!” ma Gorgia stranamente non parlava e dalla sponda muto lo guardava.
LI. Una risposta il sire s’aspettava: “Siete venuto a far l’ambasciatore? La novità, se dolorosa o brava ditela pure al mio turbato cuore”. Nel dir così la voce gli tremava rispose allora Gorgia:”Mio signore s’è rinserrata la gran fenditura ed in città è passata la paura”.
LII. Ma l’espressione in volto e la postura lasciavan presagire un qualche danno il Re incalzò: “Non datemi premura spiegatemi le cose come stanno. Gettaste l’oro nella spaccatura? Forse mio figlio riportò un malanno?”. Si spense quel sorriso tanto gaio e per pudore tacque il pifferaio.
LIII. Il messaggero disse: “Un brutto guaio! La profezia del vate venne al vero, quel gran sapiente dal modesto saio contro cui vi levaste in modo altero. Voi lo chiamaste falso parolaio ma il suo dettato è stato veritiero, Ancuro ha rigettato nel profondo quello che aveva di più caro al mondo”
LIV. E il Re: “Ti prego, non girare in tondo temporeggiare non sarà che vano!”, il messaggero allor fece l’affondo e la notizia riportò al sovrano. “Io molto onestamente vi rispondo ma quello che dirò non suoni strano: il figlio nel determinar l’azione assecondò la vostra educazione”.
LV. “Da voi ereditò la convinzione che il mondo lo si possa governare con il poter della contrattazione, l’abilità nel vendere e comprare. Voi sempre coltivaste l’ossessione comunque ad ogni costo primeggiare: così, com’è suo padre ancora adesso Ancuro non teneva che a sé stesso“.
LVI. Il Re protesta allor: “Non colgo il nesso! Parlare tu mi devi con franchezza” e quello a lui: “Se dirlo m’è concesso io cercherò di farvi più chiarezza. Un fatto molto grave gli è successo quando il burrone giunse a tale ampiezza da minacciar le mura cittadine in queste prime ore mattutine”.