Le rapine di Giacobbe.
Le rapine
di Giacobbe
Analisi d’un racconto
Articolo di Federico Berti
Tratto da “Biancaneve sotto i nani.
L’immaginazione sul filo della realtà”
FIABE, MITI, LEGGENDE
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VITA DI GIACOBBE
Per quanto redatte quasi un millennio prima dell’era volgare le storie dell’Antico Testamento sono date ancora oggi in pubblica lettura nelle chiese di tutto il mondo; possiamo discutere sul significato che un tempo veniva attribuito a quei racconti, ma la loro narrazione avviene qui e ora. Non è mai la stessa storia. I personaggi vivono sulla bocca del narratore, poi tornano nel libro in attesa di una nuova sessione. In questo senso vizi e virtù diventano quotidianamente oggetto di riflessione; pur non trascurando la ricerca storica e filologica, utile alla coscienza dell’erudito, dobbiamo metterci nei panni di chi riceve quei valori. Si deve tener presente che un repertorio leggendario è costituito da numerosi episodi strettamente collegati uno con l’altro, quando leggiamo la vita di Giacobbe non dobbiamo dimenticare che è l’eroe eponimo d’un popolo proclamatosi eletto dal proprio Dio per governare il mondo. Non tenendo conto della cornice, il racconto perde valore. Se leggiamo con attenzione questa parte dell’Antico Testamento, è difficile interpretarlo come un testo drammatico, presenta piuttosto i tratti della commedia. Per capirlo, dobbiamo ricostruirne le vicende a sommi capi.
APOLOGIA DEL FURTO
Fin dal mito della nascita che dà origine al nome di Giacobbe il sovvertitore, è evidente che siamo di fronte al classico personaggio del briccone prometeico presente in quasi tutte le culture, un titano in lotta con le potenze celesti che non ruba il fuoco dal monte Olimpo, ma le pecore dal gregge del padrone: nel momento del parto si racconta che trattenesse per un calcagno il suo gemello Esaù affinché non vedesse la luce prima di lui. Nato per secondo, voleva essere il primo. Generato da una concubina di Isacco, non dalla moglie Rebecca, ruba la primogenitura al fratello in cambio d’un piatto di lenticchie approfittandosi del bisogno in cui l’altro si trova; è lui a sognare la scala che unisce il cielo alla terra e la voce del Signore che gli promette una terra per i suoi discendenti, proprio lui secondo figlio d’una concubina. Oltre allo status civile riesce ad acquisire illecitamente anche la benedizione del padre morente e cieco, ingannandolo con un travestimento. Giacobbe è noto come colui che lottò contro il Signore, riportandone una ferita; nel pascolare le pecore dello zio Labano lo deruba arricchendosi alle sue spalle. Tutte queste vicende assumono un significato particolare se pensiamo che la sua vita è strettamente legata a quella del diretto discendente Giuseppe, il quale sognava di primeggiare sui fratelli e venne per questo venduto come schiavo, si guadagnò un posto da governatore in Egitto interpretando i sogni del Faraone e ridusse in schiavitù la popolazione con uno spietato sistema di tasse che favoriva i suoi fratelli penalizzando gli altri. Seguirà la storia di Mosè, la fuga attraverso il Mar Rosso e le altre più familiari all’immaginario contemporaneo.
QUALI VALORI?
Leggendo questa parte dell’Antico Testamento noteremo che i valori trasmessi dal personaggio risultano antitetici rispetto a quelli della società civile. Giacobbe si guadagna un posizione attraverso ogni sorta di truffe e raggiri, la sua storia è tecnicamente apologia del ladrocinio e dell’infiltrazione. L’epica del furto. Quel che oggi diremmo un self-made man. La vicenda successiva della sua famiglia porterà illegalità e volontà di potenza nell’amministrazione politica egiziana, un’economia predona che aumenta la disuguaglianza sociale creando forme di rigetto nel popolo. Con la fuga e la prima invasione della Palestina, addirittura questa violenza darà luogo a una guerra di sterminio genocida contro i popoli cananei, quelli che vi abitavano prima di Giosuè. L’analisi del racconto biblico non deve trascendere nell’irragionevole follia antisemita, dottrina criminale fondata sul primato della razza, la segregazione, la pulizia etnica. Dovremmo piuttosto valutare il testo per come suona all’orecchio di chi l’ascolta: non un problema di sangue, ma di identificazione. In una società come quella in cui viviamo chiunque giustifica il furto è da considerarsi a sua volta un ladro, non dubitiamo che all’interno d’un gruppo dedito all’illegalità consapevole quei valori possano ribaltarsi, non è dunque l’appartenenza etnica a distinguere il valore di una persona, ma l’idea che professa e l’azione che ne consegue.
LA SACRA BIBBIA
Lette in questa prospettiva le vicende contenute nell’Antico Testamento hanno un valore esemplare. Non sappiamo come venissero interpretate in Medioriente all’epoca del re Salomone, ma siamo chiamati a valutarne il contenuto ogni volta che a quegli stessi racconti viene tributato un culto da parte di ebrei, cristiani e mussulmani. Le principali confessioni monoteiste, hanno in comune lo stesso patriarca. Se dal personaggio (reale o immaginario, poco importa) d’un ladro arrivista e prepotente si vuole far discendere il popolo eletto da Dio per governare il mondo, se i figli di quell’uomo han potuto compiere in Palestina un olocausto senza precedenti nella storia dell’uomo al tempo della prima invasione, se quegli stessi racconti vengono letti ancora oggi come parola di Dio, allora l’etica democratica è in pericolo. Non a causa degli ebrei e della loro discendenza, ma di tutti coloro che si riconoscono nei valori rappresentati da quel personaggio. Se invece partiamo dal presupposto inverso, ovvero che la vita di Giacobbe non rappresenti un esempio di virtù positiva, allora è indispensabile rivedere in primo luogo la politica internazionale rispetto al Medioriente, ma anche in un senso più generale tutta la storia delle religioni.
DELLO STESSO AUTORE:
Il sogno di Giacobbe. Una scala tra cielo e terra. Sogni e letteratura.
Al mito di Giuseppe in Egitto
ho dedicato questa graphic novel
in versi endecasillabi: