Game design tutorial. Darsi delle regole. Un gioco per gli inventori di giochi.
Darsi delle
regole
GAME STUDIO
TUTORIAL
Articolo di
Federico Berti
Il game studio della Dama Bianca ha sempre un effetto destabilizzante su chi lo vede per la prima volta, è stato infatti progettato come una sorta di tabula rasa del board game e talvolta il giocatore principiante può trovarsi smarrito di fronte all’apparente assenza di contenuto: grafica ridotta all’essenziale, una meccanica sempre in evoluzione, la natura proteiforme e trasformistica del progetto, le varianti educational, fanno di questa produzione un inquietante enigma.
Non è esatto pensare che la Dama Bianca sia priva d’un contenuto proprio, esclusivo, il fatto che venga spesso impiegata per simulare altri giochi esistenti in commercio non vuol dire che non abbia una propria identità, tutt’altro. L’abbinamento fra carte e tabellone è pensato per ospitare quasi tutti i giochi antichi e moderni, il punto è proprio questo: ritrovare il piacere che si prova nel sapersi dare delle regole, non limitarsi a eseguire un regolamento dato dalla casa madre ma provare a implementarlo, variarlo, addirittura stravolgerlo nei contenuti. In sostanza, il bello della Dama Bianca e la sua caratteristica principale sta proprio nell’invenzione: la compagnia si riunisce, parte dalla fatidica domanda: “A che gioco giochiamo?”. Ognuno propone il suo, insieme si ragiona su come simularlo usando il tabellone, le pedine, il mazzo delle carte.
Sarà indispensabile un adattamento, se ad esempio il tabellone del gioco madre è rettangolare si dovrà portare in campo rotondo; potete combinare tra loro diversi regolamenti, se uno di voi è appassionato di scacchi e un altro di briscola o tresette, provate a creare un nuovo gioco in cui per mangiare un pedone bisogna contenderselo alle carte: del resto nell’antichità per giocare agli scacchi si usavano anche gli astragali, una specie di dadi fatti colle ossa degli animali, le regole sono cambiate molte volte nel tempo quindi non fate un torto a nessuno reinventandole a modo vostro. Va da sé che le partite non saranno sempre bilanciate al meglio, giocandole più volte si potranno fare i dovuti aggiustamenti, ma quel che davvero conta è prendere parte al ruolo forse più interessante di tutti, quello dell’invenzione.
Avete a disposizione un tabellone circolare di 90 case su 5 anelli a scacchiera, 90 pedine colorate, 6 segnalini, 3 dadi a sei facce, un mazzo di 90 carte con sopra i 4 semi della canasta, 6 figure degli scacchi ricorrenti a ciclo continuo, le 26 lettere dell’alfabeto, 12 segni zodiacali, 21 arcani maggiori dei tarocchi e 450 simboli ricorrenti nei sogni, 1 clessidra. Con un po’ di fantasia qualsiasi algoritmo si può riprodurre su questa ruota. In fondo anche le carte da gioco che tutti noi conosciamo sono state impiegate in questo modo per molti secoli, da uno stesso mazzo si sono andati a costituire diversi giochi, con varianti locali e tuttora in ogni osteria si giocano diversamente. Un gioco astratto è come la siepe sull’ermo colle tanto amata dal poeta Giacomo leopardi, che da tanto orizzonte il guardo esclude: nell’assenza di connotazione, siete voi a dovervi figurare i vasti orizzonti, colline e praterie.
Da bambino leggevo più libri che fumetti, perché nel disegno vedevo già quel che nel libro avrei dovuto immaginarmi nella mente. Non siamo abituati è vero, la nostra generazione è nata col gioco da tavolo già pronto e confezionato, bilanciato, illustrato, connotato. Noi siamo cresciuti nell’illusione che il Risiko fosse un gioco ‘originale’, non sappiamo che in realtà è solo una declinazione particolare dei mankala africani combinata a qualche dado e due mazzi di carte. Nessuno di noi s’è mai accorto che il Monopoli è una variante sul gioco dell’oca in cui gli accidenti evolvono nel corso della partita e le case vengono acquistate dai giocatori con delle fiches. Non ci siamo fermati mai a pensare che Forza 4 è una variante del classico Filetto che troviamo sul retro della scacchiera, nel quale è stata introdotta la forza di gravità come variabile e il movimento unidirezionale come meccanica principale. Giocando alla Dama Bianca noi ci renderemo conto di tutte queste cose, ma soprattutto saremo padroni dei nostri contenuti.
Come abbiamo visto in alcune delle simulazioni infatti, l’astrazione del gioco è proprio condizione fondamentale per un diverso abbinamento fra segno e significato, vi consentirà di sostituire i trafficanti di droga colombiani coi partigiani della linea gotica, le armate di un war game con delle bambole assassine e così via, in un continuo gioco di rimandi che trasformerà le ambientazioni e i personaggi portandovi ogni volta in mondi inesplorati. Se poi a questo gioco delle parti combinerete anche un esercizio sulla parola e sulla narrazione, come nelle varianti educational proposte su questo sito, allora potrebbero nascere addirittura dei romanzi, poesie, illustrazoni. Ma per questo ci vuole tempo, esperienza, voglia di perdersi nella foresta dei simboli.
Non è un gioco per tutti, no. Abituati alle belle forme, alle eleganti illustrazioni e agli storyboard predisposti con cura dalla casa madre, molti di noi si trovano sinceramente smarriti davanti al labirinto delle idee, come davanti a una sfinge enigmatica. Suggerisco in questo caso di seguire la rubrica delle simulazioni che continuerò a tenere su questo sito, mandami un’email per ricevere le notifiche dei nuovi articoli, se possiedi già il game studio prova qualcuno degli adattamenti qui proposti prima di lanciarti nella creazione di nuovi. Non temere, inventare giochi è una cosa che ci viene naturale fin da bambini, dobbiamo solo tornare un poco indietro per ritrovare quella semplicità, la Dama Bianca serve proprio a questo. Bianca, come un foglio su cui scrivere quel che le parole non riescono a dire.