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Aforismi, citazioni. Folklore, canto, danza e musica. Tradizioni popolari.

Riproduzione di Simone Martini, dall’affresco della Vestizione di San Martino, Basilica di San Francesco, Assisi

Folklore, canto,
danza, musica popolare

Aforismi e citazioni
A cura di Federico Berti

“Novelle del Decameron hanno attinto la loro materia a canzoni allora in voga, mentre d’altra parte hanno fornito argomento a vecchie ballate popolaresche, come quella che deriva dalla novella (Decameron VII 4) di Tofano e della Ghita e a canti popolari veri e propri, tuttora vivi nella tradizione, come quello di Ghismonda. Si sa, inoltre, che «i precedenti più stretti dei poemi boccacceschi in ottave sono i cantari e la letteratura dei cantampanche»”

Vittorio Santoli, I canti popolari italiani, Ricerche e questioni, Firenze, Sansoni, 1979, p.221.

La tradizione degli eruditi, che la voleva invenzione del Boccaccio (l’ottava rima) e adoperata per la prima volta nella Teseide, l’anno di grazia 1341, va messa senz’altro fra le anticaglie

Pio R AJNA , Le fonti dell’Orlando furioso, ristampa della 2. ed. 1990 accresciuta d’inediti, a cura di F. M AZZONI , Firenze: Sansoni, 1975:1876, p. 16

«Da un pezzo è dimostrata erronea ed assurda l’opinione che dell’ottava rima faceva inventore il Boccaccio»

Cfr. Francesco F LAMINI , Studi di storia letteraria italiana e straniera, Livorno: Giusti, 1895, p. 151.

La questione dell’origine dell’ottava rima, in definitiva, non ruota tanto attorno alla retrodatazione dei cantari in ottave ad una data più alta della composizione dei poemi boccacceschi; piuttosto, essa deve rivedersi nella valutazione del Filostrato e del Filocolo, in primis, nell’ambito dell’evolversi di un metro — l’ottava rima, appunto — che si affermò, sulla pagina, solamente dopo l’esperienza poetica del Boccaccio. Certamente, questo non comporta che il Certaldese ne fu senz’altro l’inventore: e tuttavia significa che nell’ambito di una tradizione che con ogni probabilità si sviluppava, su di una «matrice oitanica, attraverso i canali della diffusione colta e di quella canterino-giullaresca», il Boccaccio andrà considerato il grande mediatore e quindi, se non altro pro forma, proprio a lui spetterà il titolo di pater dell’ottava rima.

Lorenzo Bartoli, Considerazioni attorno ad una questione metricologica. Il Boccaccio e le origini dell’ottava rima. in: ‘Quaderns d’Italià’ 4/5, 1999/2000, p. 91-99

“L’italiano medio, individualista ed egocentrico per natura, viziato in tre secoli di melodramma dal culto del divismo musicale, da due millenni di storia dedito all’arte di pensare prima di tutto a se stesso per ciò che riguarda il rapporto sociale, continua ad essere educato anche oggi dagli organi di informazione, stampa e radiotelevisione, all’esaltazione di valori, o pseudovalori, artistici individuali e a non sapere comportarsi in una comunità secondo un’esatta misura di diritti e di doveri verso i propri simili. E proprio allo scopo di correggere questa fondamentale deviazione mentale, il canto corale può rappresentare uno dei più validi mezzi”.

Roberto Goitre ‘La Cartellina’, X/45, p. 32-47, 1986, Validità del canto corale.

“La prima ondata di alfabetizzazione, che tocca circa un terzo della popolazione mitteleuropea, si ha com’è noto all’epoca della Riforma”; questo processo presuppone da un lato la scoperta della stampa con caratteri mobili, dall’altro la nascita e il fermento di movimenti politici e rivoluzionari”.

Rudolf Schenda, Leggere ad alta voce: fra analfabetismo e sapere libresco. Aspetti sociali e culturali di una forma di comunicazione semiletteraria, in ‘La Ricerca Folklorica’ n.15, Oralità e scrittura. Le letterature popolari europee, Aprile 1987, p. 5-10

La danza è percepita come una struttura fondamentale per la conoscenza nella cultura italiana. Il modello cognitivo è strutturato sull’intelligenza cinetica e un livello profondo di associazioni concettuali. Questo evolve in struttura che influenza la percezione individuale, le decisioni etiche e in ultimo la costruzione di strutture sociali. Tutti questi processi utilizzano il sistema logico deduttivo solo a un livello superficiale. Il sistema delle valutazioni personali è condotto in silenzio. E’ composto di relazioni poste in atto, confermate, rotte, distribuite e rinsaldate. In questo modo tutto viene riequilibrato in presenza di un ballo”.

Placida Staro, In Choreia veritas, in: ‘‘Proceedings 23rd Symposium of the ICTM study group on Ethnochoreology, 2004, Monghi-doro (Bologna), Italy. Invisible and visible dancecrossing identity boundaries’, by ICTM Study Group on Ethnochoreology.’

“Nel folclore il rapporto tra l’opera d’arte e la sua oggettivazione, ossia le cosiddette varianti dell’opera introdotte dalle diverse persone che la recitano, corrisponde esattamente al rapporto tra langue e parole. L’opera del folclore è extra personale, come la langue, e vive di una vita puramente potenziale, non è insomma che un insieme di determinate norme e impulsi, un canovaccio di tradizione attuale che i recitanti animano con i loro apporti individuali, come fanno i creatori della parole rispetto alla langue”

Pëtr Bogatyrëv e Roman Jakobson, Il folclore come forma di creazione autonoma, in: Etnosemiotica p.59-68. Roma, Meltemi, 2007

Il particolarismo regionale ha dato luogo a un’enorme quantità di sventure nella nostra storia, così che era opportuno cancellare ogni traccia di questo tristissimo ricordo del passato e far sentire, attraverso l’abolizione di tutto quello che era regionale, che il popolo italiano aveva finalmente conseguita la sua unità. Senonché, invece, la Regione ricompare anche nell’azione del Regime fascista, per fatalità storica, e in tante manifestazioni, le quali debbono però essere intese nel loro giusto significato, e cioè non come istituzioni ma come entità spirituali”.

Emilio Bodrero, Per la fondazione di un museo delle arti popolari in Roma, in: ‘Lares’ VII/1, Mar. 1936, p. 5-12, Leo S. Olschki Editrice

«Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza».

Antonio Gramsci, ‘Ordine Nuovo’, 1 Mag 1919

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