Il mistero del manoscritto. Romanzo noir italiano.
Il mistero
del manoscritto.
Il Boia dell’Alpe n.1
Thriller italiano
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L’anziano architetto coi baffi e la coppola, seduto al tavolo col suo libro di Seneca davanti e la tazzina del caffè accanto, parla sottovoce guardandosi intorno che nessuno senta. Nulla si può raccontare che non sia mai accaduto almeno una volta chissà quando e dove. Pensare che ognuno abbia il suo destino è da presuntuosi, l’ozio creativo delle tre vecchie va un tanto al chilo: rimescolano il mazzo all’ombra dei salici come le zingare quando leggono i tarocchi. Si divertono, giocano. Sono come le bambine. “Così ho pensato nel trovare questi appunti in un solaio” dice, “libri coperti di polvere uno più bello dell’altro. Edizioni di qualità illustrate a mano, copertine di pregio, persino la serie completa di Carolina Invernizio che dai tempi del Duce non se ne sentiva parlare. Poi nel mucchio trovo un quaderno rilegato con cura, senza titolo né autore. Scritto a mano. Spiega molte cose di quel terribile inverno, se cadesse in mano a uno che se n’intende scoprirebbe forse chi era il boia dell’Alpe. Lo consegno a voi con preghiera di pubblicazione. Ma non voglio apparire, per carità! Meglio a vostro nome, come fosse un libro giallo”.
Così si raccomanda l’architetto. Va bene, prenderò in mano quel materiale. Se volete sapere quel che veramente accadde in quei giorni di paura, leggete e ragionate. Quel terribile inverno il mondo si fermò, come nelle favole. La neve col suo bianco mantello aveva sepolto boschi, case, cancelli, per trovare una macchina parcheggiata servivano la mappa e il compasso. Eravamo tanto evoluti quanto disorganizzati. Un plotone in elicottero ad aggiustare una lampadina potevano mandarti, mica sporcarsi gli scarponi. Venivano dalla fine del mondo, forse più in là. Li vedevi in punta di piedi come ballerine sul ghiaccio, colle scarpe da tennis e lo spolverino d’ordinanza. Intanto il freddo spezzava i rami e s’infilava dappertutto; le caldaie andavano a gas ma senza la corrente elettrica alzavano le mani. In situazioni del genere sopravvive chi ha in casa il caro vecchio camino o la stufa a legna, gli altri vagano come cavernicoli in cerca d’un focolare acceso, sembra l’apocalisse del dopo bomba. In questo clima la tradizionale solidarietà dei montanari è il solo rimedio alla follia del futuro remoto. La neve tutto ricopre, puoi raccogliere il cavolfiore è anche più buono, bello croccante. Puoi usarla come dispensa. Per scaldarti niente di meglio che ballarci sopra, un violino e una fisarmonica non mancano mai quassù. Ma ogni tanto scavando là dove non è il caso, vengono fuori anche sorprese meno piacevoli. (Continua)
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Laureato al Dams di Bologna con una tesi sulla narrazione, Federico Berti è cantantautore, polistrumentista, uomo orchestra, pubblica romanzi, poesie, canzoni. “Il Boia dell’Alpe” è ambientato nel paese di Monghidoro sull’Appennino Bolognese, dove risiede stabilmente dal 2001.