Ebbinghaus, le curve di apprendimento e la memoria sillabica.
Ebbinghaus,
Le curve di apprendimento
e la memoria sillabica
Nota Bibliografica
di Federico Berti
Memory: A Contribution to Experimental Psychology
by Hermann Ebbinghaus (1885)
Il trattato del 1885 sulla memoria di Hermann Ebbinghaus è ormai considerato un classico della psicologia sperimentale. Per quanto l’autore abbia condotto sperimentazioni solo su sé stesso e non su terzi, cosa che non depone a favore del metodo di ricerca e rende tuttora la sua opera in parte controversa, le teorie da lui elaborate sono state riprese più volte dalla psicologia ghestaltica e cognitivista, trovando un largo impiego a ogni livello nelle recenti teorie sull’attività di studio e memorizzazione, soprattutto nel campo della pubblicità e della propaganda politica. Il lascito dell’autore consiste in modo particolare nella teoria delle curve di apprendimento/oblìo e nella teoria delle ripetizione programmate. In sostanza, la curva dell’apprendimento cresce rapidamente quando intraprendiamo un percorso di studio, per assestarsi su un livello medio a partire dal quale ogni nuovo progresso costerà molta più fatica, mentre la curva dell’oblìo tende a crescere col trascorrere del tempo dall’ultima sessione di studio. Le informazioni resilienti a questa dinamica di decadimento, si rafforzano a ogni ripetizione successiva. Per questo motivo, l’autore sostenne a suo tempo che fosse molto più efficace distribuire il carico di lavoro sulla mente in più sessioni di lavoro a cadenza possibilmente regolare, piuttosto che tentare di apprendere tutto in una volta. Possiamo dire che l’uso manipolatorio della radio e della televisione, con le sue ‘ripetizioni programmate’ di slogan e reclames commerciali, sia basata proprio sulle teorie di Ebbinghaus.
C’è tuttavia un aspetto in modo particolare nella sua opera che interessa il nostro lavoro di riforma sull’arte della memoria ed è lo studio che l’autore portò avanti sulla cadenza delle sillabe finali, cui attribuì una particolare efficacia nella memorizzazione di singoli vocaboli e che opportunamente usata poteva consentire secondo lui un aumento delle prestazioni. Un’osservazione non particolarmente innovativa, dal momento che i contadini contemporanei di Ebbinghaus erano usi a memorizzare interi poemi e canzoni, improvvisando versi in ottava e terza rima. Mentre lui scriveva il suo trattato, in Italia Niccolò Tommaseo introduceva la poetessa pastora Beatrice Bugelli di Pian degli Ontani nei salotti letterari del romanticismo nazionalista, presentandola come un fenomeno ‘straordinario’. In realtà noi sappiamo bene che quel tipo di attività mnemonica era sviluppata in tutte le comunità rurali, che affidavano proprio al canto e alla poesia gran parte del sapere enciclopedico condiviso. Quello per cui tuttavia siamo grati a Ebbinghaus è l’aver dato a questa pratica secolare, possiamo dire millenaria, considerata a quel tempo una bizzarria nel mondo ritenuto a torto illetterato, primitivo, selvatico, del mondo contadino, una legittimità dal punto di vista della ricerca e un precedente nelle neuroscienze. Lo studio sul rapporto fra poesia, memoria sillabica e apprendimento, legittima il nostro lavoro per una mnemotecnica organica, partecipata e non competitiva. Gli studi di Ebbinghaus, se riletti e contestualizzati rispetto al momento storico in cui sono stati scritti, hanno avuto il merito di porre l’accento sull’importanza della memoria sillabica nella curva dell’apprendimento e in quella dell’oblìo, preparando il terreno alle indagini successive sul rapporto fra poesia e conoscenza.