Claude Debussy e la musica afro-americana. Dal Cakewalk al Petitye Negre

Claude Debussy e la
musica afro-americana

Ragtime, Cakewalk (1913)
Articolo di Federico Berti

L’esposizione universale di Parigi nel 1889

Claude Debussy ebbe modo di ascoltare il Ragtime proveniente dal Nuovo Mondo fin dall’esposizione universale di Parigi nel 1889, dove si era esibito anche il maestro Sousa dagli Stati Uniti. Il suo Gollywogg Cakewalk, tratto dal Childrens corner del 1908, riprendeva proprio lo stile di quella musica, ma in un tono molto diverso da quello che aveva caratterizzato le iniziative di Dvorak al Conservatorio Nazionale di New York.

La citazione iniziale dal Tristano e Isotta di Wagner e la sua trasfigurazione quasi improvvisativa, implicano una presa di posizione satirica sul teatro totale e sulla mistica pan-germanica, ma la lettura del ragtime in Debussy non è in chiave inclusiva, umanitaria, egli è semplicemente un nazionalista che si prende gioco di un altro nazionalista. Riprenderà sempre in chiave umoristica e satirica il linguaggio della civiltà musicale afro-americana nel Petit Negre del 1909 e nel suo Ragtime, del cui linguaggio assimila non solo il ritmo sincopato, ma anche un modo di sviluppare le antifone, il salto improvviso della mano destra al registro più acuto, e alcune armonie dissonanti che ricordano le blu notes del jazz.

Il Cakewalk del piccolo negro

Le Petit Negre gli era stato commissionato da Theodore Lack, che desiderava includerlo in un metodo ‘elementare’ per pianisti principianti. Il titolo originario era The little Nigar, sottotitolo Cakewalk, poi tradotto in francese dall’editore. Il primo tema di questo brano verrà poi ripreso dallo stesso autore in un balletto per bambini del 1913, La boîte à joujoux. Se ne conoscono trascrizioni per diversi strumenti. Il filo conduttore di questa breve composizione, di soli due minuti, è un bambino che balla per la strada. Ritorna il tema degli ‘Street dancers’ già anticipato da Dvorak nel periodo newyorkese.

Claude Debussy tuttavia dal punto di vista politico rimane un nazionalista francese e come tale, non si pone in posizione di ascolto ricettivo rispetto alle suggestioni che raccoglie dalle culture con cui si confronta. Il suo approccio è puramente formale, strumentale al proprio desiderio di aggiungere dei ‘colori’ al proprio cromatismo musicale. Il padre del compositore aveva trascorso quattro anni in galera per l’adesione al movimento anarchico e alla Comune di Parigi, lui stesso era entrato in contatto con esponenti dei movimenti libertari nei circoli di Montmartre fin dagli anni ’90, ma non aveva mai espresso un’adesione alle idee repubblicane.

L’approccio di Debussy alla musica afro-americana va inserito nel solco di un esotismo conservatore, non dissimile a quello che ritroveremo nelle musiche di regime durante il ventennio fascista, quando il jazz influenzerà le canzoni della radio e del varietà ma i circoli jazz verranno sistematicamente chiusi perché considerati espressione di una civiltà ‘inferiore’ e primitiva. L’esotismo di Debussy non ha le implicazioni umanitarie e idealistiche di un Dvorak o di uno Stravinsky, risponde solo a un desiderio di sperimentalismo.

Bibliografia

Mawer, Deborah, French Music and Jazz in Conversation: From Debussy to Brubeck, Cambridge University Press, 2014. 

Smith, Lindy, Out of Africa: The Cakewalk in Twentieth-Century French Concert Music, in «Nota Bene: Canadian Undergraduate Journal of Musicology», Volume 1: Iss. 1, Article 6, http://ir.lib.uwo.ca/notabene/vol1/iss1/6/

Debussy, ClaudeNocturnes / Claude Debussy

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