Cyberpunk! L’algoritmo è cieco.

Cyberpunk! Libro, Ebook. Thriller italiano
Gustavo La Spada sul palco del Barbacani.

Cyberbunk!

L’ospedale fantasma Cap.31

Romanzo di Federico Berti

L’algoritmo è cieco

Il concerto l’hanno spostato all’esterno per motivi di capienza, l’ospedale non può contenerli tutti nemmeno ammassandoli nei corridoi. E’ intervenuto un volontario della protezione civile offrendo per l’occasione un prato di sua proprietà sul versante occidentale del crinale, visibile da ogni punto d’osservazione. Basta lasciarsi le case alle spalle, il pubblico s’è appostato nei balconi, sulle terrazze, sul tetto o a cavalcioni dei muri, tra i rami degli alberi, come se da un momento all’altro dovesse aver luogo il più straordinario spettacolo pirotecnico mai visto dal giurassico in poi. Il palcoscenico è sul rimorchio d’un trattore, un giovanotto che suona la tromba in diverse garage bands ha messo a disposizione il service audio e l’americana per le luci, sarei curioso di sapere dove l’ha affittata. L’amplificazione è abbastanza potente da rendere l’intero borgo di Lolliano una sorta di arena a cielo aperto, persino il vecchio Struffolo Aldrovandi, anziano impresario in pensione, ha installato personalmente alcuni schermi al plasma, serviranno a proiettare le riprese dello spettacolo in modo tale da raggiungere anche il pubblico più distante. Per i notabili sono state predisposte le panche di legno, gli altri assistono al concerto dalle postazioni più inverosimili.

Quando l’orchestra sale sul palco un brivido mi percorre la schiena, da settimane aspettavo questo momento e ora quasi non mi sembra vero: il povero Gustavo, che sembrava destinato a sciogliersi lentamente nelle proprie feci in pasto al metadone coi polpastrelli bruciati dalle sigarette, sfoggia con orgoglio stasera una cresta arcobaleno tenuta insieme dalla brillantina, giacca di pelle nera chiodata e le croci capovolte che li pendono dall’orecchio. Indossa un paio d’occhiali a specchio antiriflesso per non lasciarsi abbagliare dalle luci. Sale insieme al carismatico leader un complesso dall’impronunciabile nome, ottenuto componendo non so quali arcane invocazioni sataniste.

Alle sue spalle il pentolaro Giulietto Cornacchino siede con le gambe incrociate, ha messo insieme una batteria di pentole, coperchi, bidoni e ferraglie, sparse un po’ a caso per terra. Sulla sinistra si distingue la fierissima Grunibonda del Furotto che forse cinque o sei anni fa dev’essere stata un’avvenente studentessa ma ora sorride coi denti mangiati dall’eroina, imbracciando un basso a tiro assemblato alla meglio con una latta d’olio, un manico di scopa e un cavo di sicurezza per cantieri; percuote la corda impugnando un mestolo d’acciaio inossidabile, cerca le note con la mano sinistra avvolta in un guanto da scalatore alpino. Il suono è agghiacciante, peraltro amplificato con doppio magnete e pedaliera da mirabolanti effetti elettronici. Alla destra del cantante svetta la poderosa figura di Astianatte Carciofino detto Scimmia, due metri di ossa ricoperte da folta peluria nera, un berretto a sonagli da cui prorompono fetenti dreads color pulina. La sua specialità è il beatbox, pratica assai comune tra le compagnie dei rappers da strada, che padroneggia imitando con la voce diversi altri strumenti.

Quando le prime note ruttano con fragore, l’anfiteatro naturale della montagna ascolta immobile; non so perché mi viene in mente la predica di San Francesco agli uccelli, in silenzio appollaiati sui rami degli alberi. Dopo il primo capriccio per violino solo s’inserisce prepotente l’orchestra ed è subito sera: new wave, rockabilly, grunge, dark, skiffle e cyberpunk si fondono insieme in un tripudio generale. Non sono proprio quel che si dice un esperto di settore, ma a occhio e croce direi che funziona; ho curato personalmente coll’uomo in cenere il programma della serata, eravamo d’accordo fin dall’inizio di esordire con due o tre studi classici, a seguire un paio di brani d’ascolto e poi qualcosa di ballabile perché in Romagna si sa, vogliono muovere le gambe. Ho convinto persino l’orchestra a mettere insieme qualche giro di ballo liscio e due o tre staccati alla maniera d’una volta. Nonostante la tensione generale, dopo una ventina di minuti l’intera folla s’è ritrovata suo malgrado a ballare un valzer lento a ritmo di bossanova, una manfrina drum’n bass, un coro alpino rythm ‘n blues, cose che in altri tempi e luoghi avrei detto sicuramente impossibili.

Si può fare dunque, lo scopo è raggiunto: fino alla scorsa notte eravamo isolati nel castello dei sogni proibiti, in balìa della macchine che annientavano le nostre coscienze, non avevamo alcuna possibilità di comunicare col mondo esterno, se non nelle rare visite di parenti e amici. Siamo riusciti ad accendere potenti riflettori sull’ospedale fantasma, documentando e denunciando i crimini della Domoticart e del suo braccio secolare, la cooperativa Linguatorta, abbiamo attirato migliaia di curiosi in una grande festa per celebrare insieme la gioia d’esser vivi. Gli applausi per Gustavo e i suoi topi di fogna erano sinceri, vedere la montagna tanto coinvolta ha quasi mosso a commozione anche me. Il momento più intenso è stato quando la chitarra ha intonato un canto religioso che ancora qualche vecchio ricorda, Dell’aurora tu sorgi più bella, nello stile di Jimi Hendrix in Star Spangled Banner. Le voci delle donne si sono unite da ogni luogo, erano così tante da affiancare il suono amplificato dell’orchestra, pareva che il canto scaturisse direttamente dagli steli d’erba, dalle acque dei torrenti, dalle nuvole in cielo. Credo di aver pianto. Il mio solo rammarico è che avrei voluto durasse più a lungo: mi sarei accontentato se avessero lasciato almeno che finisse il concerto, quel momento magico in cui l’intero universo pareva in armonia. All’improvviso ho visto imponenti fari di luce bianca accendersi tutt’intorno, illuminando a giorno l’intero paese e le immediate vicinanze. Tre salve di cannone e alcune scariche di mitraglia sparate in aria, annunciano l’inevitabile resa dei conti. (Continua)

Tratto da: Federico Berti, L’ospedale fantasma 

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