Un criminale a comizio
Federico Berti
Un criminale a comizio
L’ospedale fantasma n.27
Romanzo di Federico Berti
FANTASCIENZA ITALIANA
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Le promesse duran tre giorni
“Onorati cittadini, uomini e donne, italiani per nascita o per scelta, mai ospite fu a me più gradito della vostra allegra, variopinta compagnia”. Silenzio, la mia voce riverbera attraverso gli altoparlanti. “Non sono il primo né l’ultimo criminale, vero o presunto, a salire s’un palcoscenico per tenere un comizio pubblico”. Ilarità nei presenti, sorrisi, qualche mormorìo divertito. “In questo luogo di reclusione ho trovato una comunità bandita dal mondo, in balìa delle proprie ossessioni. Ognuno di noi per ragioni diverse, ma tutti siamo condannati a un lungo esilio dalla società civile”. Ancora silenzio. “Quando m’assegnarono alla residenza per l’attuazione delle misure di sicurezza, dissero che potevo considerarmi un uomo fortunato: prima o poi ne sarei uscito con un lavoro dignitoso e magari anche una casa popolare”. Nel pronunciare queste parole noto una decina di contractors dal volto coperto farsi largo nella folla, imbracciando fucili di precisione. Vanno a sistemarsi dall’altro lato della strada, si dispongono su due file davanti a me. Saranno cinquanta metri in linea d’aria.
“Le promesse duran tre giorni” riprendo a parlare. “Questo luogo s’è rivelato ai miei occhi un cimitero della volontà nel quale siam destinati a sprofondare senza alcuna speranza. Un ospedale fantasma, un lazzaretto in cui si spegne il desiderio stesso della libertà: sulle prime ero convinto di trovarvi un luogo di riabilitazione, un’opportunità di riscatto, ma dovetti accontentarmi d’una biblioteca inutilizzabile, nessuna formazione scolastica o professionale per i detenuti. Al contrario, davamo noi lezioni private ai bambini del paese, in cambio di risorse e piccoli o grandi favori”. Mentre parlo col tono concitato di chi sa d’avere almeno diecimila persone davanti a sé, due schiere di mercenari formano altrettanti plotoni ai lati del mio campo visivo, a un comando secco li vedo scattare sull’attenti. “Ebbene, signori miei” continuo “Nei mesi scorsi questi banditi han coltivato con ostinazione l’arte e la cultura, ripristinato la biblioteca, ritrovato una ragion d’essere nel mondo. L’ospedale non è più lo stesso, l’abbiamo fisicamente ristrutturato con le nostre mani. Siamo migliori di quel che eravamo”. Mentre i reparti di polizia, carabinieri e guardia forestale prendono posizione, contrapposti alla vigilanza dell’azienda, vedo mobilitarsi gli androidi. Ronzano a decine come zanzare filmando ogni palmo di terreno, le squadriglie dei cloni si pongono davanti ai legionari, mentre la folla si ritrae intimorita ai margini dell’area che i militari sbarrano con transenne, nastri colorati.
Dall’euforia al terrore il passo è breve
“Per noi tutti è un giorno di festa. Stasera ascolterete le evoluzioni musicali d’un uomo che solo qualche mese fa era l’ombra di sé stesso, ora scrive poesie, canzoni; la sua improbabile orchestra accompagnerà con letizia gli amanti del ballo. Tra pochi minuti avrà luogo la processione, al termine della quale potrete accomodarvi nella mensa, godervi le prelibatezze che abbiamo preparato per l’occasione. Il ricavato delle offerte andrà per il potenziamento dei servizi ospedalieri, l’ampliamento del reparto degenza media o breve, l’acquisto dei macchinari, l’apertura di nuovi ambulatori, le ambulanze, il miglioramento del pronto soccorso“. A queste parole un applauso erompe da ogni angolo dell’edificio, in ogni strada, vicolo o giardino. Distinguo intanto da lontano i mezzi blindati della milizia a contratto, quando una salva improvvisa di cannone mette a tacere la folla. Dall’euforia al terrore. Diecimila persone circondate da un imponente spiegamento di veicoli corazzati, batterie di mortai, fucilieri esperti. Lo stato italiano in guerra contro l’azienda che ha in appalto la gestione dell’ospedale.
Nel labirinto del Minotauro
Devo farmi coraggio e continuare il mio discorso, ripeto a me stesso. “Una cosa ancora desidero dirvi, prima che la banda accompagni in processione il simulacro del santo. Ognuno di voi ha raccolto per la strada un volantino piovuto dal cielo, sul retro del quale erano state copiate a mano frasi apparentemente scomposte. Non è il delirio d’un pazzo signori miei, sono frammenti d’un discorso compiuto per ricostruire il quale vi basterà un po’ di buon senso: avete letto quelle frasi, non dovete fare altro che confrontarle tra loro per comporre il mosaico. Quel discorso è un discusso testamento lasciato a testimonianza dall’architetto Lucrezio Coppola, trucidato orrendamente due anni fa poco distante da questo luogo di perdizione: l’hanno assassinato perché sapeva troppo, come il povero Dedalo nel labirinto del Minotauro da lui stesso costruito. La società che amministra l’ospedale intendeva manipolare il sistema innovativo da lui concepito, renderlo uno strumento di repressione da sperimentare non solo sui carcerati, ma sull’intera popolazione. Troverete il testo originale in lettura sull’espositore in biblioteca, insieme ai libri da consultare per tesserne il filo. Voi siete ospiti dell’Istituto Alderico Barbacani, quanto lo siamo noi”. Indignazione, proteste, fischi. I presenti si guardano intorno smarriti, ciascuno di loro ha in mente una frase del discorso, alcuni l’hanno imparata a memoria durante il viaggio verso la montagna, fantasticando sul possibile significato e constatandone il fascino sibillino.
Il ragionier Linguatorta non risponde, si limita a osservarmi da lontano come se gli avessi appena strangolato il gatto. La sua legione privata è ancora esitante, si sono impegnati a difendere l’azienda ma ora temono un tumulto popolare, in queste condizioni sarebbe una carneficina. Qualcuno sta pensando all’eventualità di consegnare le armi, ma si rende conto che non basterebbe a evitare il massacro: l’invincibile armata delle macchine risponde solo agli ordini dell’uomo che ha il potere di comandarle, sono pronte a combattere fino allo sterminio di massa. Ho paura. Il microfono mi trema nelle mani. A un cenno del tenente la prima fila dei miliziani s’inginocchia imbracciando il fucile, in quello stesso momento un elicottero dei carabinieri sorvola il luogo dell’adunata, rabbrividisco pensando che un solo proiettile basterebbe a scatenare un disastro. Nessuno vuole avere diecimila morti sulla coscienza. Non spareranno, no. Impugno con decisione il microfono, annunciando con voluta indifferenza l’ingresso della banda. I suonatori colgono l’attimo, suonano una polka del maestro Melchiorre Cornetta. (Continua)