Classic music. Il personaggio del fuorilegge. Music playlist

Clandestino

Il personaggio del fuorilegge
nella musica classica e operistica

Playlist musicale
a cura di Federico Berti

Edvard Grieg, Peer Gynt, Suite N.1 Op.46, Morgenstemning
Edvard Grieg, Peer Gynt, Anitra’s Dance P. Barton, Feurich piano
Georges Bizet, Carmen, Habanera. Cyprien Catsarsis Piano
George Shearing/Kurt Weill, Mack the Knife,
Giuseppe Verdi, Di ladroni attorniato, dai ‘Masnadieri’
Georges Bizet, Marche des Contrebandiers, dalla ‘Carmen’

In questa playlist musicale si vuol proporre un escursus tra diversi personaggi del mondo malavitoso, o della vita da fuorilegge, nella narrazione che interessa il repertorio della musica classica. Un personaggio borderline, quello del bandito, che spesso risolve nella figura dell’avventuriero, dell’individualista ai margini della società e pur biasimato per le sue scelte, viene comunque fatto oggetto di profonda empatia da parte degli autori che lo rappresentano; quasi a rimarcarne la specularità e nello stesso tempo l’inesorabile affinità con la ben più crudele e spietata ingiustizia del mondo, di una società che legalizza l’oppressione e la sopraffazione dei forti sui deboli. Passeremo dunque in rassegna alcune composizioni che danno vita al topos del fuorilegge, osservando il modo in cui questa figura viene resa da un punto di vista propriamente musicale, oltre che narrativo.

La maledizione del masnadiere

Nei Masnadieri di Giuseppe Verdi, un’opera del 1847 ambientata nella Germania del XVIII secolo, il personaggio di Carlo cade nella condizione del fuorilegge mettendosi a capo di una banda di malviventi, ma l’origine di questa sua dannazione è in una persecuzione diffamatoria perpetrata a suo danno dal fratello Francesco, che falsifica la lettera con cui suo padre Massimiliano lo bandisce per potersi poi impossessare delle sue terre. La drammatica vicenda innescata dalla malvagità del fratello induce lo sventurato a condurre veramente una vita da fuorilegge compiendo ogni sorta di delitto, dal furto all’omicidio. La tragedia consiste proprio in questa dannazione progressiva, che porta un uomo per natura onesto, nobile, mite, ad assecondare la crudeltà del destino sviluppando quel temperamento assassino che lo induce sulla strada del crimine. Un dramma interiore che anticipa temi tuttora centrali come il giustizialismo, la riforma carceraria, la redenzione attraverso la rieducazione del malvivente. Musicalmente il brano è reso come un monologo interiore del criminale, che maledice sé stesso e la propria condizione di rinnegato, tormentato dal senso di colpa e dal rimpianto di una vita che non ha potuto vivere come avrebbe voluto. Data la centralità del testo lirico, la melodia è il nerbo portante di questo brano musicale, l’orchestra assolve la funzione di accompagnare la voce dell’interprete.

Peer Gynt, ovvero l’eterno mattino

Il personaggio di Peer Gynt, tratto dall’opera di Ibsen dl 1867 musicata da Edvard Grieg in due suite per pianoforte solo, è un avventuriero sognatore che in seguito al rapimento di una donna viene espropriato dei suoi beni ed è costretto a fuggire prima in una casa nella foresta, poi a vagare per il mondo inseguendo imprese che lo conducono inesorabilmente all’insuccesso. Intraprende così una vita da avventuriero e finisce per vivere di espedienti, fingendosi uomo d’affari in Marocco, poi spacciandosi per profeta fra i beduini del deserto dove concupisce la figlia di un capo beduino e fugge con lei, poi tentando la fortuna tra i cercatori d’oro in America. Tornerà in patria molti anni più tardi con il peso degli anni e dei fallimenti, non è dunque un ladro nel senso proprio del termine, ma un uomo che non si fa scrupolo di vivere nell’illegalità per inseguire sogni che non è in grado di realizzare, bruciando la propria esistenza incapace di darvi un senso. Per un certo periodo viene rinchiuso persino in manicomio, dove si fa acclamare il re dei matti: un personaggio tra il grottesco, il fiabesco e il patetico.

Edvard Grieg gli dedica due suite per pianoforte, tratte dalla musica da lui stesso composta per il dramma di Ibsen. Il brano più interessante, più rappresentativo del personaggio di Peer Gynt, è senza dubbio il notissimo Morgenstemning, più conosciuto col titolo inglese di Morning Mood. Quel che caratterizza in modo inequivocabile il brano è un tema brevissimo, di sole due battute, che viene ripetuto per tutta la durata della composizione evolvendo sempre in variazioni armoniche, ritiiche e melodiche differenti, ma ritornando sempre al punto di partenza, come le imprese fallimentari del protagonista che torna sempre circolarmente al nuovo inizio. La predisposizione dell’animo in Peer Gynt è quella di colui che si sveglia al mattino pieno di buoni propositi, ma poi nel corso della giornata si perde e non riesce a realizzarli. Così il tema musicale riparte sempre con le stesse due battute, prova a evolversi, ma non riesce a costruire nulla di realmente nuovo e finisce per ritornare sempre allo stesso punto di partenza, allo stesso Morning mood

Carmen, l’uccello ribelle

Nell’opera più famosa di Bizet, composta nel 1874, Carmen rappresenta il personaggio di una zingara che traffica illegalmente il tabacco di contrabbando rubato nella fabbrica in cui lavora. Anche lei dunque vive nell’illegalità e finisce per coinvolgere nel suo mondo malavitoso il soldato Josè di lei innamorato, con il quale fugge in montagna e dal quale sarà pugnalata per gelosia. Anche nel suo caso la scelta della vita da fuorilegge non è dettata da bramosia di potere o avidità di denaro, non dal malanimo né da un’intima crudeltà, ma da un desiderio di indipendenza e libertà. Quel desiderio che il soldato non comprende, quell’instabilità alla quale non vuole adattarsi e che lo spingerà a chiederle di regolarizzare la loro posizione, sposandolo. Ma l’amore di Carmen è un uccello ribelle, e questa sua ribellione suscita l’ira violenta e tumultuosa dell’amante, che accecato dalla passione finisce per assassinarla. Un’opera attualissima quella di Bizet, per quanto riguarda la rappresentazione del femminicidio.

Il brano più rappresentativo di questo spirito di libertà, sete di vita e ribellione alle regole del vivere borghese, è l’Habanera che la zingara canta nel primo atto dell’opera. Non si tratta di un brano composto da Bizet ma di un canto popolare conosciuto nella prima metà dell’Ottocento come El Arreglito, su musica dello spagnolo Sebastian Yradier morto nel 1865. Se il testo esprime in modo inequivocabile la metafore dell’uccello ribelle che nessuno può domare, sulla cui volontà è vana ogni minaccia o preghiera, un uccello paragonato al piccolo boemo fuorilegge, è nella passionalità della musica e del ballo cui rimanda che s’incarna al potenza figurativa del personaggio di Carmen. La sua fiera volontà di indipendenza e nello stesso tempo la sua inebriante e carnale umanità, la rende una donna fuori dagli schemi della società borghese del secolo romantico, simbolo di quell’autodeterminazione femminile che tanto rilievo assumerà nel secolo successivo. Padrona del suo corpo e del suo cuore, questa sua ferma volontà di non lasciarsi sottomettere dalle regole di un mondo che imprigiona gli uccelli ribelli, le costerà la vita come a tante donne che ancora oggi cadono vittima della violenza maschile. Questa potenza insieme erotica e passionale, trova piena espressione in una danza che per la sua origine afrocubana era di per sé considerata oltraggiosa e provocatoria dalla morale borghese di metà Ottocento

Nell’opera più famosa di Bizet, composta nel 1874, Carmen rappresenta il personaggio di una zingara che traffica illegalmente il tabacco di contrabbando rubato nella fabbrica in cui lavora. Anche lei dunque vive nell’illegalità e finisce per coinvolgere nel suo mondo malavitoso il soldato Josè di lei innamorato, con il quale fugge in montagna e dal quale sarà pugnalata per gelosia. Anche nel suo caso la scelta della vita da fuorilegge non è dettata da bramosia di potere o avidità di denaro, non dal malanimo né da un’intima crudeltà, ma da un desiderio di indipendenza e libertà. Quel desiderio che il soldato non comprende, quell’instabilità alla quale non vuole adattarsi e che lo spingerà a chiederle di regolarizzare la loro posizione, sposandolo. Ma l’amore di Carmen è un uccello ribelle, e questa sua ribellione suscita l’ira violenta e tumultuosa dell’amante, che accecato dalla passione finisce per assassinarla. Un’opera attualissima quella di Bizet, per quanto riguarda la rappresentazione del femminicidio.

Il brano più rappresentativo di questo spirito di libertà, sete di vita e ribellione alle regole del vivere borghese, è l’Habanera che la zingara canta nel primo atto dell’opera. Non si tratta di un brano composto da Bizet ma di un canto popolare conosciuto nella prima metà dell’Ottocento come El Arreglito, su musica dello spagnolo Sebastian Yradier morto nel 1865. Se il testo esprime in modo inequivocabile la metafore dell’uccello ribelle che nessuno può domare, sulla cui volontà è vana ogni minaccia o preghiera, un uccello paragonato al piccolo boemo fuorilegge, è nella passionalità della musica e del ballo cui rimanda che s’incarna al potenza figurativa del personaggio di Carmen. La sua fiera volontà di indipendenza e nello stesso tempo la sua inebriante e carnale umanità, la rende una donna fuori dagli schemi della società borghese del secolo romantico, simbolo di quell’autodeterminazione femminile che tanto rilievo assumerà nel secolo successivo. Padrona del suo corpo e del suo cuore, questa sua ferma volontà di non lasciarsi sottomettere dalle regole di un mondo che imprigiona gli uccelli ribelli, le costerà la vita come a tante donne che ancora oggi cadono vittima della violenza maschile. Questa potenza insieme erotica e passionale, trova piena espressione in una danza che per la sua origine afrocubana era di per sé considerata oltraggiosa e provocatoria dalla morale borghese di metà Ottocento.

Mackie Messer

Meckie Messer è un altro di quei fuorilegge che diventano il simbolo di un mondo speculare a quello della legalità borghese. Nel suo famoso monologo pronunciato prima di salire al patibolo, il criminale trasforma paradossalmente la propria condanna in un’ingiustizia, sostenendo che il furto di un ladro comune non è paragonabile all’ingiustizia sociale dell’alta finanza, al furto perpetrato dalle banche, dalla politica e dall’economia capitalista. L’opera da tre soldi di Brecht non fu accolta con favore dal pubblico borghese tedesco, né dal proletariato della Germania negli anni ’20, ma possiamo riavvisarne alcuni dei temi fondamentali nel monologo del Chapliniano Monsieur Verdoux, grottesco uxoricida seriale che ven’anni più tardi, nel momento della sua condanna, accusa la società civile di assassinare in modo assai più legale e ‘scientifico’, riferimento nemmeno troppo velato alla barbarie genocida del nazismo.

La ballata di Meckie Messer composta da Kurt Weill per l’opera di Brecht, non ha una struttura particolarmente complessa, è molto semplice e ripetitiva, si ispira ai Moritaten nei quali i cantastorie tedeschi raccontavano anticamente nel gesta dei briganti e dei fuorilegge idealizzati, rovesciando spesso la morale dominante e reinterpretando il punto di vista popolare, in modo simile a come avveniva tra i cantori popolari del risorgimento italiano in cui il brigantaggio assumeva toni epici non estranei all’afflato politico e ideologico. Dal punto di vista pianistico, la reinterpretazione del brano di Weill, caratterizzato da una tessitura armonica non banale e un andamento melodico stimolante, si presta a variazioni e improvvisazioni di tipo jazzistico, per cui la canzone è diventata di fatto uno standard internazionale, tuttora programmato da molti esecutori.

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