Dai cantastorie agli artisti di strada

 

Dai cantastorie

agli artisti di strada

 

Il linguaggio dei nuovi cantastorie si ispira a quello del teatro e della televisione, anche le tematiche e il repertorio sono presi in prestito dal varietà, lo spettacolo  imposta un rapporto generalmente frontale con un pubblico ridotto per lo più a spettatore passivo di brevi performances tutte protese verso la questua finale, le arti più diffuse sono quelle caratteristiche dell’intrattenimento da arena.

 

Un circo senza tendone.

Mangiafuoco, fachirismo, giocoleria, pantomima, la musica spesso riprodotta da attrezzature stereofoniche o complicati marchingegni elettronici  e un repertorio per lo più non in lingua italiana: quasi mai versi d’occasione e tanto meno canzonette su temi d’attualità o su arie già note, in luogo del foglio stampato si distribuiscono dischi registrati, di poesia estemporanea nemmeno l’ombra; l’apprendistato avviene direttamente in piazza e la principale abilità richiesta è nel raccogliere intorno a sé il maggior numero possibile di curiosi, forzando in realtà l’aggregazione dove non avviene spontaneamente; questo genere di rappresentazione ha purtroppo allontanato il pubblico dei cantastorie tradizionali, non avvezzo al modo di porsi di quei giovani considerati per lo più dei ragazzi un po’ sfacciati, come dimostra questa lettera pubblicata sulla ‘Gazzetta di Ferrara’

 

Problemi di ordine pubblico?

“Sono  una cittadina ferrarese residente in viale Volano e scrivo per disperazione da Buskergarden ovvero vorrei far presente il disagio recato a me e ai miei familiari dai concerti che tutte le sere, festival e non, dobbiamo subire. Abitiamo a circa 50 mt dal sottomura e per qualche effetto acustico la musica rimbomba nella nostra zona oltre misura, tanto che non riusciamo a sentire la Tv o tanto meno a riposare”.

 

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Dai coordinamenti locali alla Fnas

Questa situazione è assolutamente estranea all’arte dei canzonettisti ambulanti, che non hanno mai incontrato l’ostilità da parte della popolazione locale perché sapevano inserirsi col dovuto rispetto nei luoghi che attraversavano; a quanto pare, gli artisti di strada non sono sempre amati dalla cittadinanza che, disturbata dal volume alto della musica o dal muro di folla che ingombra il passaggio, più volte ha chiesto l’intervento dei vigili; si sono verificati disordini, in seguito ai quali gli artisti stessi hanno fondato associazioni di categoria (senza contatti con l’A.I.Ca.) che attraverso opportune pressioni esercitate in particolar modo sulle associazioni di commercianti e sulle aziende di promozione turistica, hanno avviato una campagna di sensibilizzazione centrata sulla distinzione tra la figura dell’artista di strada e gli altri mestieri girovaghi: con la nascita di una Federazione Nazionale Artisti di Strada e l’intervento dell’Ente Teatrale Italiano, s’è finalmente ottenuta la cancellazione della parola saltimbanco dal T.u.l.p.s. cui la professione era stata soggetta fino a quel momento.

 

 

Il bisogno di sentirsi riconosciuti

In pratica i nuovi cantastorie si sono sentiti talmente diversi e distanti da quelli tradizionali, da chiedere persino un differente inquadramento fiscale e giuridico, di essere cioè riconosciuti come una categoria a parte. Torniamo quindi all’agenzia Terzostudio, per conto della quale è stato realizzato questo lavoro di ricerca: la banca dati di cui è stata richiesta la compilazione doveva servire a consolidare il mercato delle rassegne tematiche facilitando il contatto fra gli operatori attraverso uno schedario informatizzato 

 

(Continua)

Il giullare che parlava cogli orsi

Cantastorie e artisti di strada

 


 


 

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Federico Berti, story teller
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